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QUELLA VOLTA, QUELLA FOTOGRAFIA di Villa Dominica Balbinot

Da Viadellebelledonne

Sulla parete, e ben centrato al di sopra di quel comò di legno chiaro e con il ripiano coperto da carta fiorata ridotta a uno spessore minimo- da tagliuzzamenti manuali forse fatti con una lametta di rasoio , niente in quel luogo pareva frutto di coincidenze o semplice opera del tempo- era incastonata entro una bella cornice di legno scuro e con un bordino dalle volute circolari dorate una fotografia di un bianco-nero ancora lucido., con le figure ben delineate, come incastonate anche esse in un perimetro esatto, forse solo un po’ rigido.
Quel quadretto fotografico era la rappresentazione dell’intera famiglia, i genitori con i cinque figli, due femmine e tre maschi, i genitori seduti su due sedie squadrate, i due figli maggiori impettiti alle loro spalle, e i tre minori tutti in piedi sulla stessa linea delle sedie posizionate a tal punto appresso l’una all’altra da assumere l’aspetto di un pancone.
Lo sguardo di Bruna fu scientifico: prese a guardare a partire dai due bambini di età maggiore, due adolescenti di sesso differente, ambedue portavano occhialoni dalle lenti scure, dalle dimensioni eccessive, che però lasciavano intuire le fattezze dei volti, quasi sicuramente si trattava dei due figli diventati ciechi molto piccoli –Bruna aveva sentito parlare di una malattia genetica dovuta alla consanguineità dei genitori primi cugini tra loro, figli di fratelli-e ambedue erano robusti ; la bambina aveva delle guance pienotte, pareva vestita e tirata a lucido nel suo grembiulino fiorato su fondo scuro, e alto in vita, e con le maniche lunghe. Su quel suo grembiulino abbacinavano totalmente bianchi il colletto inamidato e dai risvolti ovoidali, e anche due gonfi nastri dalle parti finali molto alllungate che imprigionavano due treccine nodose di capelli lunghissimi e scuri, tenuti stretti anche sulla sommità da altre due nastri , sempre di un biancore lucido, ma di dimensioni minori.
Su quelle due sedie dalla struttura sgraziata e dalle dimensioni eccedenti che sembravano amalgamarsi in un tutto informe, erano assisi in posizione ieratica come figure di pietra posizionate a forza i genitori ; l’intera famiglia pareva racchiusa in un sistema di proporzioni geometriche, senza sbavature, iscritti in una figura piramidale dove tutte le linee e i rapporti parevano convergere in un nucleo centrale: e a Bruna pareva che anche al di là di quella fotografia si sviluppassero viluppi, reti che inglobassero in un vischio avvelenato tutte quelle figure inerti , avvolte da un’aura oscura riconoscibile nelle labbra sottili e serrate della madte, stretta ma incombente in quella sua ossatura arcigna.
C’era la madre, c’era, ma di lei non si poteva dire nulla di preciso riguardo le sue fattezze: l’impressione però era quella di una donna con il busto di lunghezza superiore rispetto al resto del corpo, con certe mani artigliate sulle ginocchia tutte coperte da una gonnellina a pieghe nere, quei suoi superiori- forse per il taglio fotografico stesso- parevano quelli di un’invalida, ciondoloni sulle cosce ..
E che si trattasse di una donna bassa lo si poteva notare confrontando la sua figura con quella del marito: in lui tutto era estremamente allungato. il volto ( sorridente, fronte alta e stempiata, baffetti , con un lieve accenno di prognatismo) al di sopra di un certo collettone di camicia stretto da un bellissimo papillon , le gambe lunghe di cui non si poteva vedere la fine -la foto nella parte inferiore era come tagliata e non si vedevano di nessuno i piedi poggianti sul terreno- avvolte in un paio di pantaloni morbidi di tessuto rigato. e senza risvolti.
Erano tutti molto eleganti, dai ragazzi più alti che portavano completi giacca cravatta- tutte le camicie dei maschi erano di un lindore inamidato che pareva artificiale – la seconda bambina con un magnifico vestito tagliato a grembiulino, ma sul vezzoso, e anche lei con nastrini doppi nei capelli scuri, con il figlio minore con una certa aria da bulletto, e l’altro serio e defilato sul davanti : tutti contornati da uno stupefacente mare di verzura, che faceva pensare alle coltivazioni intensive di un orto o di un frutteto.


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