A quei tempi (luglio 2011) c'era ancora il governo Berlusconi, e già sui mercati si respirava aria di tempesta.
Quello che è avvenuto successivamente lo conosciamo già.
Dopo 7 mesi di governo Monti il rendimento del BTP decennale, alla data del 15 luglio 2012, era al 6.13%.
(Fig. 1)
Oggi, mentre sto scrivendo, il rendimento del BTP decennale è al 3.94%, cioè oltre 200 punti meno rispetto ad allora (15 luglio 2012).(Fig. 2)
Sempre a quell'epoca (cioè al 15/07/2012) il rendimento del Bund tedesco era all'1.01%. Mentre oggi, invece, è a quasi al 2%, ossia circa 100 punti in più di allora.
(Fig. 3)
Arriviamo allo spread. Sempre nel luglio del 2012 (il quindici, per l'esattezza) il differenziale di rendimento tra il Bund tedesco e il Btp italiano era a 512 punti. Mentre oggi è a ridosso dei 200 punti. Un calo di oltre 300 punti dai massimi dell'epoca.
(Fig. 4)
Mettendo insieme tutti questi dati se ne deduce che, stante il rendimento del BTP 10Y del luglio 2102, al 6.12% (fig. 1), a seguito della caduta dell spread di 300 punti (fig. 4), oggi, il rendimento del titolo italiano sarebbe dovuto essere appena poco sopra il 3%. Invece così non è (Fig 2), visto che nel frattempo il rendimento del Bund è salito di quasi 100 punti, dal 1.01% del 15/07/2012 a quasi il 2% di oggi (fig. 3); per cui il rendimento del BTP decennale è oggi del 3.94%. Quindi, la chiusura dello spread fino in area 200 punti, non è dovuta solo ai fattori che abbiamo analizzato QUI e QUI. Ma anche ad un aumento del rendimento del titolo tedesco che nel frattempo si è incrementato di circa 100 punti, fino a quasi il 2%. Questo perché, come avevamo già avuto modo di chiarire, lo spread altro non è che una variabile che misura la differenza tra il rendimento del Btp decennale e il Bund tedesco, anche quest'ultimo soggetto a variare in ragione a una moltitudine di variabili economiche e di mercato.Ne consegue che se diminuisce lo spread, ma al tempo stesso il rendimento del Bund tedesco aumenta (come in effetti è avvenuto), l'aumento del rendimento del Bund vanifica (almeno in parte) il ripiegamento dello spread. Se all'aumento del rendimento del Bund non si contrappone un calo dello spread più che proporzionale, ne deriva che il costo del debito aumenta, anziché diminuire. Certamente monitorare l’andamento dello spread tra BTP e Bund è utile per avere un’idea di come il mercato quantifichi il maggior rischio del debitore Italia in relazione alla Germania, ma se si ragiona di spesa per interessi ed effetti sul deficit del bilancio dello Stato è bene considerare il costo effettivo a cui si finanzia il Tesoro, non il maggior costo rispetto alla Germania.
Arrivati a questo punto aggiungiamo un altro pezzo al nostro ragionamento, cioè l'inflazione.
Se nella primavera del 2012 l'emissione di un BTP decennale costava, di interessi, allo stato, in termini nominali, il 5.5%, per effetto dell'inflazione che nel 2012 era del 3.10 %, il costo reale è stato del 2.40% (5.5-3.10). Oggi, considerando che gli ultimi dati preliminari forniti dall'Istat indicano l'inflazione allo 0.7%, per quello stesso titolo, in termini reali, lo stato italiano spende ben il 4.80% (5.5-0.7): il 2.4% reale in più rispetto al 2012. Analogo ragionamento può essere osservato per le emissioni recenti. Ad esempio, l'ultimo BTP decennale collocato lo scorso 30 dicembre, con un rendimento del 4.5% nominale. Anche in questo caso, nonostante la caduta dello spread, per effetto del processo di disinflazione in corso, in termini reali, allo stato costa il 3.80% (4.5-0.7), cioè l'1.40 % in più rispetto allo stesso titolo emesso nel maggio 2012, con lo spread decisamente più alto di adesso, ma con un inflazione anch'essa sensibilmente più alta.
E' altrettanto ovvio che tutto questo ragionamento si estende a tutto il costo del debito pubblico italiano. Per cui, vale la solita regola secondo la quale se il debito continua a costare di più rispetto a quanto si riesce a crescere, il debito aumenta anziché diminuire.
Tuttavia è chiaro anche che, in prospettiva futura, l'attuale abbattimento dei tassi nominali dei titoli di stato, potrebbe portare dei benefici (in termini reali) qualora il tasso di inflazione dovesse aumentare, magari per effetto di qualche forma di ripresa che non appare all'orizzonte, perlomeno non nei termini indispensabili all'Italia. SEGUI VINCITORI E VINTI SU FACEBOOKE SUTWITTER
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