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Quelli che non vaccinano i propri figli sono pericolosi anche per il mio

Creato il 06 ottobre 2015 da Danemblog @danemblog
Credo fortemente che ognuno debba fare ciò che vuole, sempre e comunque. E deve farlo, sembra ovvio dirlo ma poi in fondo non lo è così tanto, nel rispetto di un certo quadro di regole create per garantire che tutti possano fare ciò che vogliono senza ledere i diritti e le libertà degli altri.
In quest'ottica dunque, chi decide di non vaccinare i propri figli, per me è libero di farlo. Se non fosse che questo gesto diventa grave per la comunità che circonda quei bambini. Chi non vaccina i propri figli mette a rischio i neonati degli altri e tutti quelli che non possono vaccinarsi per ragioni serie (allergie specifiche, particolari patologie sofferte). La salute di questo secondo gruppo di persone dipende strettamente da quella che viene definita immunità di gregge: gli altri sono immuni da certe malattie, dunque è più difficile che queste circolino, si contagino e dunque me la prenda io che non posso essere vaccinato perché sto male. 
L'immunità di gregge funziona se c'è un'immunizzazione superiore al 90 per cento, se scende sotto è un problema. E passi per Paesi che soffrono difficoltà e carenze sanitarie, ma pensare che "quel problema" debba legarsi alle decisioni sgangherate di qualcuno che non vuole vaccinare i propri figli per sentito dire, è inaccettabile. Anche perché lede la salute e i diritti, di tutti (la salute, la vita, è un diritto). Inoltre, l'assenza di una concreta immunità di gregge potrebbe favorire la creazione di epidemie di vaste dimensioni e il riacutizzarsi di malattie debellate. (Nota per gli schiantati: così Big Pharma potrà vendere medicinali per curare malattie facilmente prevenibili, e guadagnerà molto più che vendendo i vaccini. Ma voi la sapete davvero lunga).
Dagli ultimi dati dell'Istituto superiore di sanità, emerge che in Italia i vaccinati per poliomielite, tetano, difterite ed epatite B sono scesi al 95 per cento; quelli contro morbillo, parotite e rosolia sono arrivati all’86 per cento e sono scesi di oltre 4 punti percentuali in un anno. Cioè significa che la copertura vaccinale italiana è al limite della soglia di sicurezza.
Il direttore dell'ISS ha scritto una nota in cui spiega la situazione, che riporto di seguito
La copertura vaccinale nel nostro Paese è al limite della soglia di sicurezza e diventa ormai improcrastinabile l’approvazione del nuovo Piano Nazionale per la Prevenzione Vaccinale proposto da Ministero della Salute, Consiglio Superiore di Sanità, Istituto Superiore di Sanità ed Agenzia Italiana del Farmaco al Tavolo di coordinamento per la prevenzione delle Regioni italiane.
I dati dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicati dal Ministero della Salute indicano, infatti, un tasso di vaccinazioni al di sotto degli obiettivi minimi previsti dal precedente piano. Scendono, infatti, al di sotto del 95% le vaccinazioni per poliomielite, tetano, difterite ed epatite B e la percentuale scende ulteriormente per le vaccinazioni contro il morbillo, la parotite e la rosolia che raggiunge una copertura del 86%, diminuendo di oltre 4 punti percentuali.
Questa situazione, che tende progressivamente a peggiorare, rischia di avere gravi conseguenze sia sul piano individuale che collettivo poiché scendere sotto le soglie minime significa perdere via via la protezione della popolazione nel suo complesso e aumentare contemporaneamente il rischio che bambini non vaccinati si ammalino, che si verifichino epidemie importanti, che malattie per anni cancellate dalla protezione dei vaccini non siano riconosciute e trattate in tempo.
È necessario che, a fronte dei dubbi dei cittadini, gli operatori siano in grado di far comprendere che la mancata vaccinazione crea un rischio enormemente più alto rispetto a quello temuto di eventuali effetti collaterali. E’ inammissibile che un operatore sanitario pubblico, in scienza e coscienza, possa avanzare dubbi sull’efficacia e sull’opportunità dei vaccini, di un atto che ha anche un valore etico per la tutela della salute pubblica. In questo senso è necessaria una nuova alleanza tra medici, operatori sanitari, ricercatori e industria per evitare che il patrimonio di salute pubblica conquistato in anni di campagne vaccinali vada disperso.
Se oggi è possibile avanzare dubbi sull’opportunità di una campagna vaccinale è perché probabilmente si è persa la memoria storica delle epidemie e della mortalità infantile che prima che fossero scoperti vaccini e antibiotici falcidiavano letteralmente intere generazioni.
Spetta agli operatori del Servizio Sanitario Nazionale per primi ristabilire questa memoria e difenderla dalle campagne denigratorie che mettono a rischio la salute di tutti e perciò il valore più alto del loro lavoro quotidiano.


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