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Quelli che rompono i coglioni (direttamente a casa vostra)
Creato il 04 aprile 2014 da Sommobuta @sommobutaTutt’a un tratto, suona il campanello.
DRIIIIIIN!
Aprite la porta, vi trovate davanti un tizio sconosciuto, occhi iniettati di sangue, ansimante, bava alla bocca.
«Sì?», domandate, con fare circospetto. Non avete mai visto quel tipo, e ammettete che vi fa anche leggerissimamente impressione.
«TU E I TUOI AMICI SIETE DEI PEZZIDIMMERDAFIGLIDIPUTTANA!», urla lo sconosciuto, il mento inzaccherato di bava e saliva, gli occhi fuori dalle orbite, le pupille dilatate. «Dite sempre stronzate quando vi riunite, e anche stasera state parlando solo di cose che non conoscete. Statevene zitti, coglionazzi!» Detto questo, se ne va.
Ecco, come vi comportereste voi davanti a un fatto del genere?
Esatto: bollereste la cosa come insana, pazza, scriteriata.
E lo è.
Uno sconosciuto viene a casa vostra, vi da addosso senza un motivo logico e poi se ne va.
Sapete qual è la cosa paradossale? È che ormai, questo, è un comportamento trasformatosi in prassi.
Non ci credete?
Continuate a leggere.
Sono sicuro che ogni giorno anche voiu assistete a scene del genere, solo che ormai è diventata talmente la “normalità” che non ci fate nemmeno più caso.
Immaginate di nuovo: avete un blog (o una pagina facebook, o un account twitter, o un canale youtube) in cui discutete amabilmente del più e del meno con la vostra utenza.
Tutt’a un tratto, tra i commenti, vi ritrovate il trollone di turno che scrive: «SEIUNPEZZODIMMERDAFIGLIODIPUTTANA! Smettila di parlare di cose che non conosci!» Salvo poi non entrare mai nel merito della discussione, e volatilizzarsi nel nulla.
Ecco, è lo stesso identico scenario trasposto dal mondo reale a quello digitale. Il primo è socialmente inaccettabile, visto che comporta la presenza fisica dell’individuo definibile come “troll”; il secondo invece è la norma, dato che richiede la sola presenza digitale (spesso mascherata da un nickname fasullo – se non dall’odioso acronimo di “Anonimo”) e implica un coinvolgimento fisico (e relativi “problemi”) pari a zero.
Ho scoperto da qualche giorno che alcuni troll praticano questa malata abitudine (perché di gente malata si tratta, non c’è spiegazione medica/sociale/antropologica differente) per “hobby”.
Insomma, siamo passati dal collezionare francobolli alla fotografia al cinema alla partita di calcetto all’insulto sul web.
Qualcuno, a questo proposito, potrebbe scriverci un libro: “5 istantanee di un secolo: piccola cronaca dell’involuzione cerebrale”.
(MI) È decaduto anche l’ultimo mito del troll passionale, quello che ci credeva nella sparate ad minchiam che faceva, quello che dava addosso all’altro perché l’altro, effettivamente, per lui, diceva stronzate.
Adesso si sceglie di fare il troll “per hobby”.
Non importa quanto tu sia popolare o conosciuto.
Non importa quanto ciò che dici, scrivi o pensi sia condivisibile o meno.
Non importa nemmeno come sarà la trollata.
Vai trollato per moda.
Vai trollato a prescindere.
Vai trollato per hobby.
Per l’appunto.
Ci sono ben due rivolti comici (o tragici, a seconda dell'umore e del punto di vista) di questa faccenda.
Il primo è che questi individui sono veri e propri malati mentali (o quantomeno, gente con problemi seri, gente che andrebbe aiutata in qualche modo). Perché bisogna essere veramente dei malati per impiegare (o meglio, perdere) tempo perseverando a leggere/guardare/seguire/ascoltare persone (o prodotti) che non piacciono unicamente per denigrarli.
No, non ho detto “criticarli” (chè la critica è sacrosanta, e giusta, soprattutto quando argomentata – a prescindere o meno se si è d’accordo o no con la stessa): ho detto denigrarli. Che è ben diverso, e presuppone l’insulto gratuito nei confronti della “forma”, senza stare a pensare al “contenuto”.
Il secondo è che quando (giustamente) questi malati mentali vengono estromessi dai luoghi in cui hanno arrecato danno (in soldoni: vengono bannati) invocano il principio di democrazia, di libertà di parola e di pensiero. Rigirano sempre la frittata, rimarcando di avere un imprecisato e vago “diritto d’opinione”.
E qui ritorniamo al nostro scenario.
Immaginate un’ultima scena: un tizio sconosciuto viene a bussare a casa vostra. Vi spinge, entra, e vi urla: «SEIUNCICCIONEPEZZODIMMERDAOBESODELCAZZO!»
La domanda è: lo invitereste a prendere un the permettendogli così di continuare a offendervi (ancora, e ancora, e ancora), oppure, dopo averlo preso (giustamente) a calcagnate sulle gengive, lo buttereste fuori di casa vostra senza farvi alcun problema?
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