“Quelli della P3 sono come i Pokemon, si evolvono”. Ce lo ha detto Gioacchino Genchi
Creato il 11 ottobre 2010 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
L’ultimo “complimento” glielo ha fatto Alessandro Sallusti. Dopo l’intervista concessa a Lucia Annunziata, il neo direttore del Corriere del “Piccolo” gli ha dato senza uso di metafore dello “spione”. Gioacchino Genchi ne ha preso atto, fatto spallucce e continuato per la sua strada. È davvero strano il concetto di “spie” e di “eroi” che hanno dalle parti di Casa Berlusconi. Prendiamo Genchi, secondo la versione accreditata di Alessandro Sallusti è uno spione perché, incaricato dalla magistratura di compiere una serie di intercettazioni telefoniche e di riscontri di dati sui tabulati, lo fa, redige un rapporto e lo consegna paro paro ai giudici. Genchi fa solo il suo onesto lavoro e c’è da aggiungere che per farlo, lo Stato lo paga. Siccome ogni volta che scrive ai giudici fa nomi e cognomi, indica luoghi e fatti per Sallusti è uno spione. Diverso il trattamento che quelli del “Corrierino” riservano ad esempio a Vittorio Mangano che sapeva, avrebbe potuto puntualizzare nomi e cognomi, indicare luoghi e fatti ma ha taciuto. Redigere un rapporto è un lavoro da spia, seguire la legge dell’omertà un atto eroico soprattutto se i nomi e i cognomi da nascondere sono quelli di Berlusconi e di Dell’Utri e non di Consorte e Fassino. Ascoltare Genchi, e poi rivolgergli un paio di domande per il nostro blog, è come osservare dal buco della serratura un mondo surreale fatto di delinquenti mascherati da giudici, da politici, da uomini d’affari, da agenti segreti. Il suo è un lavoro rischioso perché si intrufola nella spazzatura di affaropoli e ne tira fuori ogni possibile oggetto riciclabile, ogni frase illuminante, ogni possibile segreto con tanto di data di scadenza. La sala conferenze di “Carta Canta” a Civitanova Marche, è piena all’inverosimile. C’è il “popolo” delle Agende Rosse, che aspetta Salvatore Borsellino, e che freme per ascoltare lo “spione” Genchi raccontare un altro pezzo di storia segreta della nostra Repubblica. C’è anche tanta gente comune e questo è forse l’aspetto più esaltante di un incontro che potrebbe durare ore perché la voglia di verità è tanta e i mezzi per appurarla pochissimi. Genchi descrive se stesso, la sua attività a fianco di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e poi di Luigi De Magistris. Rivive, come svegliandosi da un incubo, l’attacco feroce che Silvio Berlusconi in persona gli portò definendolo “il più grande falsario della storia d’Italia”. Quando Genchi dimostrò che i falsari erano altri, ebbe inizio la persecuzione che lo costrinse a rispondere dei suoi “crimini” in molti tribunali e vicino alla sospensione dalla Polizia di stato della quale si è sempre vantato di essere un servitore. E ieri Genchi ha ripercorso la storia di tutti quelli che lo hanno attaccato, e che sono puntualmente finiti nei guai, terminando il suo elenco della spesa con un “Ne manca solo uno” che ha fatto fischiare le orecchie a Berlusconi dovunque si trovasse, dacia di Putin compresa. Ovviamente ha parlato dell’Avanti e di Lavitola che viaggia in Executive, e quello che ne è venuto fuori è che nulla accade per caso e che la gloriosa testata che fu di Nenni e di Pertini, si è trasformata in una fabbrica di dossier lautamente finanziata dalla premiata ditta Nano²&Co. E a proposito di dossier, Genchi si è soffermato sul “caso Boffo”, assurto a metodo per Fini e per Emma Marcegaglia, dicendo quello che oramai tutti sanno e cioè che in questo paese la politica si fa non contrastando l’avversario sulle idee e sui programmi ma demolendone l’immagine. Alla fine di un lungo intervento da standing ovation, e approfittando di un momento di calma apparente, ci siamo avvicinati a Genchi per porgli qualche domanda su una delle tante storie da Povera Italia sulla quale non aveva fatto cenno. La prima è stata. “Ma davvero i personaggi della cosiddetta P3 sono quattro vecchietti rimbambiti?”La risposta di Genchi: “Niente affatto, non sono quattro vecchi rimbambiti e, anche se lo fossero, dietro hanno una miriade di giovani che scalpitano per prenderne il posto e che hanno l’età giusta per combinare danni. Liquidarli come fossero i rappresentanti di una bocciofila va bene fino a quando non si scopre la rete di connivenze che si nasconde dietro di loro, a quel punto si capisce che sono estremamente pericolosi e che Giulio Cesare, insieme ad ‘Alfa’ e ‘Autore 1’, sono le varie sigle dietro le quali si nasconde Silvio Berlusconi”.Gli abbiamo ancora chiesto: “Cosa c’è ancora della P2 in questa che ne sembra la continuazione?”. “I vecchietti in questione sono l’evoluzione della P2, ancora più pericolosa perché i protagonisti sono consapevoli degli errori commessi e poco inclini a ripeterli. Se non ci fossero state le intercettazioni telefoniche di questa ‘setta’, pubblicamente così com’è avvenuto, avremmo saputo poco o niente. E sottolineo il ‘pubblicamente’ . Vede – ci ha detto Genchi guardandoci negli occhi – questi signori sono come i Pokemon, si evolvono”.
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