Magazine Diario personale

“Quelli di Sondrio alla lavagna!”

Creato il 29 gennaio 2014 da Povna @povna

Furono le parole di Lucianina, quando evocava interrogazioni collettive e nazionali che sarebbero state introdotte a scuola per via del gelminiano maestro unico. E sono anche le parole che si è ripetuta la ‘povna quando, nonostante le sue medesime proteste (“ma è proprio necessario? Perdo un sacco di ore in classe, non lo voglio”; “Zitta e vai, ‘povna” – rispondono Esagono, Hal9000 e Barbie, in un grazioso unisono), si è ritrovata a partecipare, a nome del suo Istituto, al coordinamento nazionale dei docenti di italiano del progetto Comunità del libro.
Così lunedì mattina è andata alla stazione nota, ha preso un treno folle e poi uno di pendolari nordici, se ne è andata nella provincia verde (nel senso di leghista) e, I-Pad alla mano, si è buttata nella mischia, insieme a una ventina di colleghi.
Quello che ha visto è molto, e lo deve anche rielaborare nel dettaglio. Di certo, una scuola (quella ospitante) molto grande e molto ricca (come al di fuori della Lombardia, di fatto, non ne esistono), un numero di colleghi interessanti (per esempio una, deliziosamente pazza, dalla quale la separa mezzo grado a dire tanto, come si è poi scoperto), la conferma che il progetto, nella sua struttura essenziale, la convince. Ma anche (inutile negarlo), alcune perplessità sullo zoo umano-didattico dal quale è stata circondata per due giorni. Perché quando si introduce un’innovazione potenzialmente dirompente – che lo è nella teoria e nella gestione, così come nei supporti – generalmente le reazioni dell’animale uomo sono due, diversamente ovvie. Da un lato, i pasdaran dello “svecchiamento a tutti i costi” (“fatti”, “carisma”, “efficienza”) interpretano convinti lo schema del “ghe pensi mi”, come la peggior macchietta. Dall’altro, i laudatores temporis acti, sbalzati in quella realtà (che non vedono, non condividono, non vogliono capire, né capiscono) da un mero ordine di servizio, sono pronti a riservare verso ogni cambiamento lo sguardo auto-convinto di una malcelata spocchia intellettuale.
In mezzo, la ‘povna (che si picca di amare le novità, e in particolare anche questa, ma di coltivare una sufficiente raffinatezza culturale per comprendere esattamente ciò a cui, andando avanti, si rinuncia) più di una volta è rimasta senza parole (e sì che per lei è raro, molto). Perciò, si è limitata a scrivere. “Esiste una terza via tra l’appiattimento fanatico sulla tecnologia come redentrice di frustrazioni personali e un accecato passatismo?” – ha annotato a un certo punto sull’I-Pad, in tutta fretta.
La risposta vorrebbe essere “sì”; è quanto stanno tentando insieme ad Hal 9000, del resto. Ma la ‘povna vorrebbe essere certa che questa strada non la percorrono da soli.
Per fortuna, in mezzo a tutto questo, la sera, c’era anche il nord (“ma come, non rimani a dormire con noi, tutti insieme nell’albergo?”).
“No, per la deportazione mi basta quella vera, visto che siamo in tema e oggi è il 27″ – avrebbe voluto rispondere la ‘povna. Invece si è limitata a scusarsi:
“Sai, mi aspettano i parenti”.
“I parenti” erano il gatto Semolino, Thelma; qualche altro amico e anche Noise e il Benza, con i quali la ‘povna ha aperto birre, spumante, riso e sushi. Perché, dopo un fine settimana molto aloolico (rispettivamente: Mr. e Mrs Mifflin, l’Anziana di Ginevra, la Regista Appassionata e Bigas Luna, mamma ‘povna), i festeggiamenti continuano, a pieno ritmo.
Ma intanto la ‘povna, esaurita la missione, raccatta la valigia, riprende il treno e torna a casa.


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