Alla fine il gioco è tirare a indovinare il totale, perché la sequenza ritmica dei beep della pistola RfID che mi ha trascinato lungo lo stato di ipnosi sento che sta per interrompersi, è facile capire quando è il momento perché quello che sembra lo sparo di un videogioco arcade che ha continuato a tempo per un intero carrello di spesa su articoli e prodotti di piccole e medie dimensioni effettua una pausa. La cassiera chiede alla donna che mi precede di sollevare la confezione da sei bottiglie di acqua da due litri e l’operazione richiede un po’. Un po’ di fatica e di forza fisica. La donna punta le Hogan sul linoleum sottostante e fa leva con le braccia per porgere il pesante articolo. Ho giusto il tempo per preparare la mia spesa dietro il divisore e dare un’occhiata alla corsia a fianco, dove una famiglia piuttosto numerosa avvisa in cassa che oltre a una certa cifra non potrà pagare, quindi chiede di essere avvertita quando il conto si avvicina al limite massimo, che corrisponde al budget a disposizione. Il marito passa alla moglie che veste un velo integrale che non sembra il massimo della comodità il contenuto del carrello pezzo per pezzo, mentre i cinque figli intorno, tutti tra i dieci e tre anni, alternano giochi improvvisati alla lettura dei nomi dei dolciumi alla fila delle casse, quelli che gli esperti di marketing della GDO mettono lì proprio per indurre i bimbi a chiedere alle mamme di comprarli. Nemmeno a farlo apposta il divario economico tra quella fila e la mia diventa smaccatamente amorale quando l’ultimo beep da questa parte decreta il totale, ben centosessanta euro ai quali la facoltosa avventrice non fa una grinza. Ripone con il massimo ordine gli ultimi pezzi nelle borse recanti i brand di altri supermercati, diversi da quello in cui ci troviamo, e favorisce la carta di credito per l’atto conclusivo. Ah no, c’è ancora lo scontrino e le figurine, un pacchetto ogni dieci euro di spesa che fanno sedici pacchetti che meno male che non porto mai mia figlia a fare compere, altrimenti sai come li invidierebbe. Poi tocca a me e me la cavo in qualche minuto, ho davvero poche cose, quelle che servono per cominciare la settimana con qualche genere di conforto.
Ma non finisce così. Rivedo la famiglia di chissà quale paese arabo poco dopo, tutti in fila alla fermata dell’autobus mentre anche questa domenica si avvia alla conclusione. La fermata poco oltre il parcheggio del centro commerciale dalla quale fa la spola una navetta dedicata ai clienti. Il padre e i quattro figli maschi in piedi con un sacchetto in mano ciascuno, la madre che è l’unica seduta, in braccio la bimba più piccola, sotto la pensilina entrambe a guardare in un punto che non saprei dire se è il futuro, un altro posto o una risposta più semplice, che da qui non si vede perché ormai le giornate sono troppo corte.