Quello che il renzismo non dice (21): #staiserenomatteo, se non sono i poteri forti debbono per forza essere i punti deboli… E sulla via di San Benedetto.

Creato il 28 settembre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
di Rina Brundu. Dati i tempi governativi lanciare l’hashtag #staiserenomatteo è d’obbligo. Galeotto fu l’articolo del direttore De Bortoli, che ha infine costretto anche il nostro infaticabile Premier a scendere in campo e a smentire, pardon, a ripetere che andrà avanti nonostante l’opposizione dei “poteri forti”, nessuno potrà fermarlo.

Il mio primo punto è che forse fermarsi potrebbe fare bene a Matteo Renzi, così come il riflettere. Il secondo è che, sebbene abitiamo un Paese fertile quando si tratta di battezzare logge più o meno segrete pensate proprio per perpetrare disegni dubbi e più o meno dichiarati, in questo particolare caso forse il problema non sono i “poteri forti” che tramano nell’ombra per defenestrare il Premier, quanto piuttosto le sue personali “debolezze”.

E che queste ci siano – dopo il lungo viaggio in Africa, la traversata trendy verso Genova ad attendere il rottame del Concordia, l’incredibile avventura americana di pochi giorni fa, le reiterate, continuate, dichiarazioni su un futuro possibile e sostenibile (il presente. no? Che cazzo me ne frega del futuro avrebbero ogni ragione di protestare i disastrati del momento….!!!), la mala epica del Jobs Acts, la passione per gli slogan tratti dalle dispense del corso a puntate “Management for dummies”, etc, etc, etc – è indubbio.

Per capire quanto sia distante questo modello di premiership dai modelli validi, che rincorrono le best-practises lavorative, basti togliere dall’equazione, figurativamente, il personaggio Renzi e metterci quello della Merkel: davvero riusciamo ad immaginare Frau Angela ripetere le sucitate gesta renziane? Difficile quando non impossibile! Ironia della sorte anche le più datate dispense tratte dall’ideale corso dirigenziale su cui ghignavo, scriverebbero a caratteri cubitali, già alla prima lezione, che non vi può essere risultato senza azione e che non è mai serio il counting of your chickens before they are hatched, mettere il carro davanti ai buoi, insomma.

E se una buona dose di ottimismo quando si guarda verso il nostro futuro è senz’altro cosa buona e giusta, l’ottimismo-forzato stile yuppies anni novanta, pre-Lehman Crash, arriva, di questi tempi, davvero fastidioso all’utilizzatore finale, leggasi cittadino o futuro elettore. Dicevano i saggi medievali “Ora et labora”, prega e lavora (era la via di San Benedetto da Norcia, tra le alter cose, patrono dell’Europa merkelliana). Era un modo come un altro per informare  i membri delle comunità religiose, sulla necessità di creare un equilibrio sostenibile, produttivo, tra il tempo dedicato alla preghiera e il tempo dedicato lavoro. Rapportando il tutto ai tempi politici nostrani si potrebbe forse aggiustare l’invito e farlo diventare “Parla e viaggia di meno, lavora”.

Che poi nel silenzio è pure più facile identificare qualsiasi rumore sospetto; di fatto, se i topi (o gufi?) che rosicchiano esistono per davvero, farli venire allo scoperto sarebbe compito molto meno improbo perché, com’è noto, sono di norma terrorizzati dalla luce del sole…

Featured image, il San Benedetto del Mantegna


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