Quello che il renzismo non dice (35) – Dell’ira di Eugenio Scalfari sull’uomo solo al comando e del renzismo vs intellettualismo. Ma Wittgenstein la pensava altrimenti.

Creato il 03 novembre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
di Rina Brundu. Per Eugenio Scalfari il dramma si sarebbe già consumato: il “Pd si è trasformato in un partito personale guidato da un uomo solo” ha scritto nel suo ultimo editoriale apparso quest’oggi su Repubblica.it e titolato La Storia non si fa con un uomo solo al comando. Per la verità la Storia si è fatta sovente con un uomo solo al comando, o per meglio dire quegli uomini soli al comando sono la Storia in sintesi. Ma erano altri tempi. E altri uomini, questo lo si può concedere ben volentieri al fondatore di Repubblica.

Comunque non è l’apprezzabilissima lavata di capo all’indirizzo di Matteo Renzi che mi ha colpito nel pezzo, quanto la seconda parte, l’abbozzo di analisi sul rapporto renzismo-intelletualità. Di fatto, Eugenio Scalfari ha ricordato l’applauso-sberleffo, i “fischi” e i “lazzi” del leader e dei leopoldiani radunati per tre giorni in quel di Firenze, all’indirizzo degli intellettuali. “Che avessero ragione?” si interroga il giornalista. “Che gli intellettuali siano dei vecchi o dei giovani bacucchi, delle impettite e spesso inutili presenze e supponenze? Questo, per quel che vale, hanno detto Renzi e i suoi accoliti e su questo sono stato indotto a riflettere”.

Così, ragionando, Scalfari ricorda l’École des Annales parigina e la loro tesi secondo cui non sarebbero “i singoli, le persone con un nome illustre, gli eroi, i poeti, gli scrittori di tragedie o commedie, i letterati a fare la storia, ma piuttosto i ceti sociali, le numerose etnie, i ricchi, i poveri… (..)… Fossero anche i renziani, che considerano il presente come la sola vera realtà”. Dato il là, i dilemmi amletici di Scalfari sembrerebbero moltiplicarsi esponenzialmente e dunque egli si interroga: “È questa la realtà? E coloro che si pretendono e sono intellettuali non si amareggiano d’esser fischiati o tutt’al più ignorati? Ci ho pensato a lungo e poi mi sono chiesto: chi sono gli intellettuali? Quelli che intelligono, cioè capiscono. Capiscono se stessi e gli altri…… Vogliamo dirne i primi nomi? Vogliamo cominciare da Omero? Da Esiodo? Da Solone? E poi avanti, fino a Dante, Petrarca, Boccaccio, Marlowe, Shakespeare, Rabelais, Cervantes, Montaigne; …… Einstein, Freud, Nietzsche?”. Infine, dopo avere idealmente invitato i renziani a tappezzare le pareti della Leopolda con cotanti nomi, non si fa mancare la stoccata finale: “Lui (nda Matteo Renzi) è convinto di essere l’uomo della storia di oggi. Attento però: la storia si può far bene oppure male. Da soli si fa male”.

Sarà! In verità, tutto ciò che mi si è presentato alla mente dopo avere terminato la lettura dell’articolo è stata la figura importante di Wittgenstein che osava mettere in dubbio finanche la validità del lavoro dell’immenso bardo inglese. O per dirla ludicamente con Sheldon Cooper: sempre di letteratura si tratta! Questo per dire che non è scritto da nessuna parte che gli intellettuali, giovani o vecchi che siano, non siano davvero “inutili presenze e supponenze”. Au contraire, un ideale calcolo delle probabilità ci direbbe forse che è proprio così! Detto altrimenti, concordo con gli esponenti di quell’illustre scuola parigina: la storia la fanno gli individui, i ricchi, i poveri, le etnie. E, come già detto, finanche gli uomini soli al comando. Di converso, i letterati, gli intellettuali fioriscono quando la storia si ferma, quando c’é abbastanza pace, tregua, perché ci si possa dedicare all’otium letterario, a quelle modalità della nostra essenza che danno “profondità” alla nostra Storia e oltre a farla ricordare come somma di azioni la fanno ricordare come somma di pensieri.

Per questi motivi l’intellettualismo in noi andrebbe comunque rispettato. E con gli applausi-sberleffi occorrerebbe andarci sempre cauti perché se i leopoldiani avessero avuto la sfortuna di incontrare un redivivo Oscar Wilde sulla loro strada, costui si sarebbe fatto senz’altro meno scrupoli di Eugenio Scalfari nel rimandare gli sberleffi al mittente.

Vero è invece che la storia si può fare bene oppure male e per il momento quella che sta facendo Matteo Renzi non è troppo brillante per diventare sintesi da ricordare con un dato orgoglio, dentro le maglie larghe del tessuto digitale che segna la nostra attuale esperienza quotidiana. Ma magari mi sbaglio.

Featured image, Wittgenstein (second from right), summer 1920, source Wikipedia.

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