La prima regola quando si sceglie un libro che non si conosce è diffidare dalla quarta di copertina, specialmente se la quarta di copertina definisce il romanzo dell’autore come “il suo capolavoro.”
A volerci proprio credere, ciò che verrebbe da pensare è che quel libro sia il capolavoro dell’autore, mica il capolavoro in generale.
Ovvero: uno in vita sua può avere scritto solo delle enormi indecenze, talmente enormi che in confronto alle precedenti quel libro è un capolavoro. Così tornerebbero i conti. Così si potrebbe credere alla quarta di copertina. Però perché nessuno le chiarisce mai queste cose qui?
“Lo sapevate,” scriveva Daniel Handler nella prefazione del suo libro Avverbi, “che spesso sono gli autori stessi a scrivere le sinossi che compaiono sulle copertine dei libri? Magari ve ne ricorderete la prossima volta che leggerete frasi del tipo: un romanzo sensazionale che si divora tutto d’un fiato. Un romanzo che ci mostra un narratore universalmente acclamato all’apice delle sue straordinarie capacità. Un capolavoro.”
La copertina Marcos y Marcos
Con “La casa dei libri” di Richard Brautigan, per fortuna non si corre questo rischio. La casa dei libri di Richard Brautigan non è un capolavoro, è solo un libro straordinario. Diffondetelo. E questo non lo dico io, lo dice la quarta di copertina dell’edizione Marcos y Marcos, ma è proprio quello che penso anche io.
Nella prima edizione Rizzoli del 1976 invece, la quarta di copertina è occupata da una sinossi del libro lunga quasi quanto il romanzo, e il libro non si intitola “La casa dei libri” ma “L’aborto, una storia romantica”. Titolo originale: “The abortion: an historical romance 1966”.
Ed è proprio di aborto che tratta questo romanzo, ma solo arrivati a un certo punto. Prima viene raccontata la storia del protagonista, un bibliotecario, insieme al contesto in cui vive e lavora, una biblioteca alla periferia di San Francisco dove non sono i lettori a ritirare i libri ma sono gli autori stessi a portarli, a qualunque ora del giorno e della notte, libri che non pubblicherà mai nessun editore e meno ancora leggerà qualche lettore, così che il protagonista non mette il naso fuori da quello strampalato deposito da tre anni, fino a quando non busserà alla sua porta Vida, una donna bellissima che ha portato il suo libro – un testo contro il proprio corpo – che invece è talmente bello che prima si trasferisce nella biblioteca insieme al bibliotecario, poi si innamora di lui, e infine vanno insieme in Messico a fare ciò che il titolo Marcos y Marcos non dice, e il titolo Rizzoli sì, ma in fondo va bene lo stesso, primo perché se non era per Marcos y Marcos questo libro sarebbe rimasto sepolto tra la polvere della memoria collettiva in cui era stato abbandonato, secondo perché ormai l’abbiamo capito tutti cosa succede in Messico a un certo punto della storia.
La copetina Rizzoli
Quello che non capiremmo mai fino in fondo è che Richard Brautigan negli anni sessanta frequentava Allen Ginsberg, Jack Kerouac e Lawrence Ferlinghetti; era amato dai Beatles e osannato dal popolo della Beat Generation ma non era uno scrittore hippy e nemmeno uno con i fiori nei capelli: Richard Brautigan era soltanto un uomo che per sensibilità e vocazione era capitato per caso dentro la moda di un momento e ce n’era uscito soltanto vent’anni dopo, in un crescendo di depressione e alcolismo, quando a quarantanove anni si sparò con un fucile nella sua casa di Bolinas Mesa, California, lasciando al mondo un esempio di leggerezza e profondità di scrittura, di semplicità e poesia, finora – per chi scrive – ancora insuperato.
Questo romanzo racconta una storia d’amore spontanea, gentile e senza tempo, come dovrebbero essere tutte le storie d’amore se non fosse che a volte succede veramente e a volte succedono solo dentro a libri come questo, che quando li leggi dopo non escono più.
Dato che ne ho tanti tutti sparsi per il mondo, io avrei voluto che Richard Brautigan fosse stato almeno un mio cugino di Budrio.