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Quello che lei sognava – 11^ parte

Da Blanca Persaltrove

Credeva di doversi scontrare contro un muro di opposizioni, alla casa dell’Assemblea, e invece la sorella del reverendo Carver lo aveva accolto con gioia, chiedendogli collaborazione per aiutare Martha. Noah Campbell, contento di avere trovato una complice proprio là dove temeva di trovare nemici, le aveva confidato della visita dagli Haagen e della possibilità di raggiungere la Virginia assieme alla fidanzata. Entusiasti discussero il piano di fuga e la necessità di provare l’innocenza di Martha per metterlo in pratica e alla fine Noah se ne andò con il compito di portare un sacco di sabbia il lunedì seguente, giorno in cui il pastore si trovava ad Andover.
All’alba Sarah Carver lo introdusse in casa e insieme avevano riempito i sacchetti di iuta che la donna aveva preparato in precedenza poi, quando a mezza mattina videro fratello Jacob allontanarsi, la donna si mise in piedi: “Ora andiamo da Martha, che non sa ancora nulla.”, disse accompagnandolo alle celle.
Noah non vedeva la fidanzata da prima dell’arresto e scorgendola seduta sulla panca con lo sguardo fisso verso la feritoia, si sentì mancare. La lama di luce che filtrava attraverso il pertugio esaltava i bei lineamenti di Martha e lui si fermò ad ammirare la sua compostezza. Lei si volse, rimanendo pietrificata per un lungo istante.
Noah lesse il timore nel suo sguardo, la paura di essere giudicata, e lui allungò la mano attraverso le sbarre: “Martha! Mio Dio, come stai?”
Lei si mosse veloce, scoppiando in lacrime, e Noah la confortò, confidandole ciò che lui e Sarah avevano escogitato per evitare che la catapulta la condannasse. La donna le mostrò i sacchetti confezionati quella mattina, una sorta di cintura che avrebbe dovuto portare sotto gli abiti, per accrescere il suo peso ed evitare che il ramo flessibile della catapulta la lanciasse in un pericolosissimo volo, evitandole la triste fine di Ellsbeth Willworth.
Martha osservava i sacchetti, visibilmente scettica, e allora Noah la rassicurò: “Non potrai volartene via, amore mio. Ci sarò io e ti porterò lontano, nasconderò nei pressi del fiume il cavallo di mio padre. Non potranno dire che sei colpevole, con tutto questo peso addosso. Ellsbeth era una bambina, leggera come un uccellino ma tu…”
Nel sentire quel piano ingegnoso, Martha abbozzò un sorriso: “Temi che io possa davvero volare? Che mi trasformi in un corvo?”
Noah non trattenne le lacrime davanti alla durezza di quell’accusa: “Non ho dubbi su di te. Cadrai sul covone di paglia che porrò ai tuoi piedi, tutti vedranno la tua innocenza e l’assurdità delle accuse di quei pazzi che ti tengono qui rinchiusa. Voglio portarti via il giorno stesso.”
Martha sorrise con dolcezza e gli carezzò la guancia, poi Sarah lo chiamò, sentendo rientrare fratello Jacob. Noah si lasciò condurre fuori ma fissò Martha fino all’ultimo istante, trasmettendole tutto il suo amore.

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L’entusiasmo di Noah e Sarah alla fine contagiò anche Martha che, dopo lo sconcerto dei primi attimi si lasciò scaldare dai sogni di libertà e della vita senza imposizioni che la attendeva una volta assolta.
Si era abituata al peso della cintura di sacchetti di sabbia che portava cucita sotto le vesti, aveva imparato a muoversi con disinvoltura, salendo e scendendo dalla panca, e quella zavorra era diventata in poco tempo la sua rassicurazione.
Qualche giorno dopo il pastore Carver la mandò a chiamare d’urgenza, cercando per l’ennesima volta una confessione che le avrebbe dato il perdono eterno, naturalmente a seguito dell’impiccagione.
La ragazza, presso la scrivania, aveva cercato di mantenere un contegno ma i sacchetti di sabbia le schiacciavano il ventre, costringendola a trattenere l’urina e, mentre il reverendo le parlava di dannazione e torture infernali, s’immaginava di accovacciarsi in quello studio austero e liberare la vescica. L’idea sovversiva le suscitò un moto d’ilarità che poco piacque al reverendo, che cambiò immediatamente tono: “Trovate divertente il mio interrogatorio?”
“No, signore.”, disse lei spostando il peso da un piede all’altro.
“Avete mai volato su una scopa?”
“Mai. Non sono una strega.”
L’uomo sospirò: “Questo lo vedremo. Ho fissato la prova per giovedì, se la supererai e risulterai innocente, ogni accusa a tuo carico sarà annullata.”
“E che cosa accadrà a Joshua?”, domandò lei in un moto di ribellione.
Il pastore la fissò con sguardo stanco: “Nulla, quel povero ragazzo ha già sofferto abbastanza. Puoi andare.”, la congedò con un gesto.
Fratello Jacob le prese il gomito per accompagnarla alla cella e la ragazza si voltò, risoluta: “Ditegli che non volerò.”
“Vattene!”

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