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Non diremo che il centro-sinistra è convolato a nozze col Caimano, dopo aver incentrato un’intera campagna elettorale sull’alternativa, sulla necessità di archiviare definitivamente la stagione berlusconiana per costruire un’Italia più giusta. Non diremo che l’establishment del Pd, dopo aver denunciato il malaffare di Arcore, ha preferito un salto nella muffa col Cavaliere rispetto ad un salto nel buio con Grillo, che pure – per il Quirinale – aveva avanzato una candidatura d’area pidiessina. Non diremo nulla sulla presenza considerevole di una pattuglia armata di franchi tiratori (armata, s'intende, delle peggiori intenzioni). Non diremo che Berlusconi voleva D’Alema al Colle ed ora esige parimenti Violante alla Giustizia, segno che il colbacco rosso è finito in cantina, fra i ritratti di famiglia e la salma imbalsamata del compagno Lenin.Non diremo che il nuovo governo Letta sarà supportato dalle stesse forze che sei mesi addietro avevano assistito impotentemente all’implosione della propria maggioranza, trascinando il paese nel caos per opposte ragioni di bottega. Non diremo che i parlamentari del Pd, del Pdl e di Scelta Civica hanno votato l’Imu durante la scorsa legislatura, racimolando quattro miliardi di euro, non proferendo altresì alcuna parola quando Monti destinò la medesima cifra al salvataggio del Montepaschi. Non diremo, ancora, che tra Camera e Senato siedono trentatré parlamentari indagati e/o condannati con sentenza definitiva. Non diremo che il j’accuse di Napolitano nel discorso d’insediamento ha ben poco senso se poi si copre l’irresponsabilità delle diverse forze dal Colle più alto. Non diremo, infine, che l’inciucio si celebra sotto l’ombra di Enrico Letta, persona per bene con un problema “araldico”: in tal senso non alluderemo mai, per nessuna ragione al mondo, al cognome che condivide con lo zio. Nomen omen.