Infatti, in occasione della presentazione della nuova trasmissione, tenutasi oggi al Salone del Libro di Torino, Fazio ha sottolineato: “Tutti noi che facciamo comunicazione, in tv, in radio, nei giornali, abbiamo un po’ perso l’abitudine a riflettere se quello che stiamo pronunciando e scrivendo corrisponde esattamente all’intenzione che vogliamo esprimere, addirittura oggi è considerato meritorio come armi da scagliare contro qualcuno, per cui se non c’è polemica non è interessante nulla e invece si scopre che l’interessante è quasi dovunque, basta saperlo guardare e la parola e lo strumento che lo traduce. A portare le parole in trasmissione saranno i nostri ospiti, che sceglieranno le parole care, quelle da difendere e che tradotte nella loro esperienza assumono un significato diverso dalla definizione fredda e corretta del dizionario. La parola ascoltata in tv viene letta come se fosse in teatro perché vogliamo coinvolgere tutti i linguaggi possibili. Il programma sarà assolutamente letterario e siamo felici di farlo”. Inoltre il conduttore di Che tempo che fa ha auspicato il ritorno in Rai di Saviano. Il primo monologo dello scrittore sarà dedicato alla crisi economica e alla tragedia dei suicidi. Inoltre nella prima puntata ci saranno tra gli altri Pierfrancesco Favino, Pupi Avati, Paolo Rossi, Raphael Gualazzi, i Litfiba, Ettore Scola ed Ermanno Olmi.
“Fabio Fazio e Roberto Saviano sono due intellettuali, molto diversi fra loro, che offrono un racconto interessante di questo momento confuso – ha affermato il direttore di La7 Paolo Ruffini in un’intervista alla giornalista Alessandra Comazzi sul quotidiano La Stampa - . Hanno voglia di fare, e di fare bene. Il “reading”, la lettura dei testi, servirà a confrontare idee e pensieri”. In merito alla suggestiva location, le OGR di Torino, Ruffini ha dichiarato: «Cercavamo un luogo che fosse bello e simbolico. La cattedrale laica delle Officine Grandi Riparazioni è tutto questo: sono le parole, adesso, che hanno bisogno di essere riparate. E anche la città è un simbolo per il Paese, con i 150 anni dell’unità d’Italia appena celebrati. Ci stanno anche molti spettatori, circa seicento ogni sera». Il direttore ha inoltre rivelato che Quello che (non) ho «Costa più di un programma normale, ma infatti non è un programma normale. Costa il giusto per essere fatto bene. È uno di quegli eventi che la televisione “regala” ai suoi spettatori».