opera degli Os Gemeos, Lisbona
Il nostro gruppo operativo, o la nostra banda, come avrebbe detto un mediocre cronista, mise a segno il suo primo colpo nel duemila; una cosa rocambolesca, roba da film… non so… di Scorsese, ecco… roba alla “Quei bravi ragazzi”. In principio eravamo io e Bradpitt che avevamo un fottuto bisogno di metter su qualche spicciolo. Io mi ero licenziato da tre mesi e il padre di Bradpitt gli aveva tagliato i viveri quando aveva scoperto che dopo due anni di università non aveva fatto neanche un esame. Al gabbio avevo conosciuto qualcuno, mi ero fatto qualche amico, ma francamente la malavita, quella vera, non era il mio mondo, né tanto meno quello di Bradpitt con le sue camicie col colletto all’insù. Ci voleva un’idea. Anzi no, non proprio un’idea, quello che ci serviva era una grande, spudorata, oscena, esagerata, botta di culo. E la botta di culo arrivò.
Giacomo Santoro, detto Spud, come il tipo di “Traispotting”, quello più fatto di tutti, quello che anche a vederne l’ombra si capiva che era un tossico allo stadio terminale… beh insomma, Spud era appena uscito da Rebibbia; cercava un posto dove stare, eravamo in cella insieme e non avevamo mai avuto scazzi. Io lo avrei ospitato senza pensarci, ma Bradpitt voleva qualcuno che almeno pagasse la sua quota d’affitto, visto che noi non ricordavamo più da quanti mesi non pagavamo la nostra. Spud non nascose di essere messo peggio di noi, ma aveva una dritta… il fratello era appena tornato dal Marocco e gli aveva raccontato che là il fumo costa meno del pane, quindi voleva fare una colletta e partire in Africa per fare il pieno di cioccolato, ritornato in Italia sapeva a chi rivenderlo. Io volevo prenderlo a calci nel culo, come si fa a essere tanto idioti? Come pensava di passare la dogana? Gli avevano dato due anni per essersi rivenduto una pasta al figlio di un assessore comunale che un altro po’ ci rimetteva la pelle, come cazzo faceva a non cacarsi addosso all’idea di essere bevuto per traffico internazionale di stupefacenti? In quel momento pensai che il carcere fosse uno strumento della selezione naturale; chi è più coglione finisce dentro e non ha possibilità di riprodursi. Anch’io ero finito dentro soltanto per idiozia: preso il diploma mi cercai un lavoro, mi assunse una piccola agenzia immobiliare di cui non seppi mai il nome, mezza giornata di formazione ed ero già operativo. In una giornata facevo vedere lo stesso monolocale a venti persone, il giorno dopo ero dall’altra parte della città a cercare di far affittare una villetta con giardino, poi per dieci quindici giorni i due dell’agenzia sparivano, io non sapevo se fossi in ferie o se mi potevo ritenere disoccupato; si rifacevano vivi per telefono, mi davano appuntamento in un nuovo ufficio, mi davano ottocento mila lire in contanti e le chiavi del nuovo appartamento da piazzare… già, le chiavi, sono state quelle a fottermi, se non avessi avuto tutte quelle fottute chiavi nel bauletto del motorino il giudice mi avrebbe anche creduto, e invece… io al fresco per truffa aggravata e violazione di domicilio, e il gatto e la volpe chissà dove coi milioni delle caparre. Fui un idiota a farmi fottere, però ero praticamente un bambino, ma i bambini, si sa, imparano alla svelta: da allora non mi ha più fottuto nessuno. Spud invece era coglione nel dna. O forse erano tutte le paste che prendeva, non lo so, fatto sta che stavo per prenderlo a calci nel culo quando Bradpitt alle mie spalle mormorò: -Che gran botta di culo…
La botta di culo consisteva in questo: Bradpitt la sera prima era a casa di una tipa che si era scopato… premetto che Bradpitt era la persona che scopava di più al mondo, ma di gran lunga, anche il soprannome derivava indirettamente da quella dote; una volta sparì per tre giorni, quando tornò raccontò di avere incontrato una quarantenne che lo trascinò a casa per trombare, al terzo giorno la tipa pretese di avere un rapporto anale, allora io per sfotterlo lo chiamai Marlon Brando, ricordando l’inculata di un famoso film di Bertolucci, e un tale che abitava a casa nostra, un certo Pietro e non ricordo cos’altro, sembrò gradire molto la citazione, dopo aver smesso di ridere si asciugò la bava e disse: -Michè ha raggione Spartaco, sii propia como a Brèdd pitt.
Comunque Bradpitt era sul letto della tipa ed era ipnotizzato da quelle candele che da lì a poco sarebbero diventate di moda, quelle trasparenti con le conchiglie e altre cazzate dentro, guardava quella candela e gli passò per la mente un’idea, all’improvviso, come se gliela avesse iniettata qualcuno con un siringone intracranico: un panetto di fumo, o un rotolino pieno di coca, dentro una di quelle candele, ovviamente non trasparente, magari di quelle colorate tipo psichedeliche… chissà se quei fottuti cani poliziotto riescono a sentire l’odore della roba anche così, teoricamente no… qualcuno gli aveva raccontato che aveva portato un po’ d’erba dall’Olanda dentro lo shampoo, soltanto che se questo metodo era giunto fino a lui prima o poi sarebbe arrivato anche agli sbirri, e poi una bottiglia è sempre un oggetto cavo, ma una candela no…
-È un’idea del cazzo…
Dissi io.
-È davvero una botta di culo…
Convenne Spud.
-È l’intervento divino…
Riprese Bradpitt.
-Ecco appunto; io Dio come socio non ce lo voglio…
Non resistetti a lungo. Quando il fornaio sotto casa si rifiutò di farmi ancora credito diventai più malleabile.
Una sera Bradpitt venne a casa con una frikkettona dell’accademia delle Belle Arti che ci mostrò come si confezionano le candele. Chiunque sarebbe rimasto quantomeno perplesso nel vedere tre morti di fame tanto interessati a quel passatempo da vecchie signore, ma era talmente cotta di Bradpitt che ci avrebbe anche insegnato a ricamare senza trovarci nulla di strano. Rimaneva un problema; trovare un po’ di spiccioli per la gita in Marocco. E qui che entrò in scena Carlito.