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Quest for Infamy – Recensione

Da Videogiochi @ZGiochi
Recensione del 13/07/2014

Cover Quest for Infamy

PC TESTATO SU
PC

Genere:

Sviluppatore:

Produttore: Phoenix Online Publishing

Distributore: Digital Delivery

Lingua: Inglese

Giocatori: 1

Data di uscita: 10/07/2014

VISITA LA SCHEDA DI Quest for Infamy

Pro-1Lavoro artistico apprezzabile Contro-1Sistema di combattimento assolutamente da rivedere

Pro-2Molti e vari luoghi da esplorare... Contro-2... Rischio di sperimentare senso di smarrimento

Pro-3Buona rigiocabilità Contro-3Venti euro sono un po' tanti

Quest for Infamy ha finalmente visto la luce. Dopo una campagna Kickstarter di buon successo, Infamous Quests è riuscita a portare fino in fondo un progetto nato dal grande amore per le avventure grafiche dell’età dell’oro del genere (fine anni ’80 – inizi dei ’90). La più grande influenza è sicuramente quella di Quest for Glory, ibrido tra punta e clicca e gioco di ruolo, che fece la sua prima apparizione nel 1989. Il titolo targato Infamous Quests ne riprende le meccaniche, ma anche le ambientazioni fantasy e l’humour. A differenza della maggior parte dei giochi che ci vede impersonare l’eroe di turno, questa volta vestiremo i panni (sporchi) dell’antieroe, e quindi non proprio uno stinco di santo, Roehm. Fin dalle battute iniziali del prologo ci appare chiaro che non possiamo aspettarci nulla di buono da un uomo colto in flagrante dal re mentre ruba “la virtù” della principessa. In fuga, e a bordo di un carretto di passaggio, facciamo tappa obbligata alla cittadina di Volksville, all’apparenza un posto tranquillo, ma l’apparenza spesso inganna…

quest-for-infamy-evidenza

fare conoscenza

A Volksville non è una giornata come tutte le altre, sono in corso i preparativi per un’esecuzione, evento raro che tiene tutti un po’ in agitazione mista ad eccitazione. Forse non proprio il giorno migliore per mettervi piede per uno straniero, ma un bel giro in città familiarizzando con i suoi abitanti si rivela piacevole. Diverse sono le attività e le personalità con cui entreremo in contatto, dai più classici pub e pensioni, alla “fumeria” dove spendere il proprio tempo libero consumando tabacco proveniente dai migliori luoghi. Ogni personaggio è dotato di tratti distintivi resi maggiormente evidenti dal doppiaggio. Si tratta però pur sempre di un’operazione amatoriale con alti e bassi, ma i diversi accenti, uniti alla vena ironica che attraversa quasi ogni discussione, provano a rendere più interessanti gli altrimenti soliti NPC “senza vita”. Chi non mastica l’inglese rischia però di non apprezzarne le battute e gli scherni. La prima fase di gioco ci permette quindi di conoscere qualcosa in più sulla città e i suoi abitanti direttamente da questi ultimi, nonché farci un’idea esplorandola in lungo e in largo sia camminando grazie al puntatore di movimento, sia attraverso il comando per osservare, che farà scattare la voce del narratore (a volte quasi una seconda coscienza che darà luogo a qualche simpatico siparietto). Le altre azioni possibili coinvolgono il raccogliere oggetti o combinarli, e ovviamente il combattere che vedremo più in dettaglio dopo. Spesso per far proseguire Roehm, o dare un oggetto a un NPC, bisognerà trovare l’esatto gruppo di pixel che dà il via all’azione e ciò si traduce nel cliccare nervosamente in un’area limitata sperando di individuare l’esatto punto, complici anche dei puntatori sproporzionati e a forma dell’azione prescelta.

Fatta la mano con i comandi e prese le misure alla città di Volksville potrebbe essere una buona idea fare un giro nella foresta o una passeggiata costeggiando il fiume poco fuori il cancello d’ingresso. Fin dalle battute iniziali si vede l’impianto di gioco orientato verso i giochi di ruolo e una maggiore autonomia, in cui appaiono molte aree da esplorare in quasi totale libertà a nostro rischio e pericolo. Se da un lato qualcuno può trovare fastidioso il vagare senza aiuti e senza apparenti mete, è sicuramente qualcosa che farà contenti i giocatori più navigati e amanti dell’esplorazione se il backtracking non vi infastidisce. C’è anche una storia da seguire e a fasi di libertà si alternano eventi più o meno casuali che ci “costringeranno” a tornare sui nostri passi o rinunciare a una deviazione per proseguire con l’avventura prestabilita. Un ottimo lavoro è stato fatto con la creazione degli ambienti in pixel art. Ogni luogo è ben diversificato e riconoscibile, anche le zone più spoglie appaiono arricchite da qualche piccolo dettaglio. La mole di zone esplorabili è davvero buona per un punta e clicca: foreste, fattorie, un intero porto, percorsi tortuosi di montagna, un cimitero e molto altro. Buone anche le musiche che fanno da sottofondo quando si passa da un ambiente all’altro, o si entra in un negozio. Molto suggestivi i temi che richiamano gli organi di antiche e grandi chiese, forse un po’ ripetitivi gli altri motivetti più comuni.

Chi sei tu, Roehm?

Tornati in città giusto in tempo per l’esecuzione avremo modo di fare la conoscenza dello sceriffo locale, un uomo che di certo sa come far rispettare la legge. Da questo punto in poi, che potremmo considerare una lunga introduzione, avrà inizio il vero gioco che ci metterà di fronte alla scelta di un destino, o più semplicemente di un percorso da scegliere e compiere unicamente con una specifica classe. La scelta ricadrà su tre possibili opzioni: Brigand, Rogue e Sorcerer. Ogni scelta porta con sé delle conseguenze, delle quest specifiche, delle abilità e uno stile caratteristico per completare gli eventi da cui verremo travolti. Ad esempio scegliendo il percorso per diventare un potente stregone, che è la via in cui ci siamo maggiormente avventurati, oltre alla prima prova per dimostrare il nostro valore simile a tutte e tre le classi e connessa alla narrazione che fa da legame agli eventi, le successive specifiche missioni per il proprio addestramento di mago richiederanno di raccogliere dei “reagenti” (in realtà sono i più disparati oggetti che possiate immaginare) da utilizzare per apprendere le magie utili in combattimento, o quelle ambientali per interagire meglio con gli elementi intorno a noi.

Tutte le buone premesse di differenziazione e combattimenti che prendono spunto da un gioco di ruolo si infrangono contro la triste realtà di un sistema di combattimento mal congegnato, inizialmente assolutamente frustrante e troppo semplicistico. È apprezzabile voler fino in fondo rifarsi a meccaniche old school, rese semplicissime ed immediate per tutti, ma improntare un sistema a turni ed affidarlo completamente all’alea azzera qualsiasi reale voglia di combattere, e la pazienza si scontra subito con frequenti morti decise “da un dado invisibile”, alcune causa anche di game over. Le nostre possibili azioni sono rappresentate dai riquadri in una barra posta in basso, tutto ciò che ci viene richiesto è premere uno di questi per eseguire un attacco, curarsi, o difendersi. Quella che si presenta è più una parvenza di meccaniche ruolistiche, e il tutto viene gestito in modo quasi automatico come le statistiche che crescono in base alla ripetizione continua delle stesse azioni, mentre sarebbe stato apprezzato un sistema che andasse un po’ più in profondità e rendesse meno tediosi gli scontri. In questi casi, per stemperare la frustrazione e la noia, l’umorismo serve a ben poco. Non ci si aspettano complessi battle system da Quest for Infamy, sistemi di crescita articolati, o chissà quale meccanica da T-RPG, ma essendo gli scontri parte integrante delle fasi di esplorazione è un vero peccato avere a che fare con un sistema così poco divertente e appagante.

Quest for Infamy – Recensione IN CONCLUSIONE
Quest for Infamy potremmo definirlo un omaggio a Quest for Glory e ai punta e clicca dei periodi d'oro, che sicuramente verrà apprezzato dai giocatori che in un'avventura grafica cercano una forte direzione umoristica e una consistente libertà di movimento ed esplorazione. Purtroppo i combattimenti non sono all'altezza delle premesse e rischiano di diventare frustanti e poco gratificanti. La storia procede un po' per alti e bassi, a volte fa fatica a mantenere un ritmo, ma nel complesso riesce a stimolare il giocatore a proseguire. È un buon titolo sotto certi aspetti e alcuni difetti potrebbero essere corretti in futuro o in un suo seguito. Ci sentiamo di premiare Infamous Quests per il buon lavoro dal punto di vista artistico, discreto anche il doppiaggio, cosa spesso rara nelle produzioni indipendenti, seppur venga a galla la natura amatoriale del progetto. Il gioco, è innegabile, soffre di alcuni difetti, alcuni passabili a cui ci si abitua con il tempo, altri un po' più fastidiosi su cui è impossibile chiudere un occhio, riuscendo comunque a trasportare il giocatore venti anni indietro nel tempo, offrendogli un'avventura grafica sicuramente meno tradizionale, che mantiene intatto tutto lo spirito “vecchia scuola”. ZVOTO 6.5
Voto dei lettori7
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