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QUESTA STORIA QUA (Italia, 2011) di Alessandro Paris e Sibylle Righetti
Creato il 06 settembre 2011 da KelvinVasco infatti è riuscito in un'impresa non facile: ha 'umanizzato' la platea di Venezia, 'costringendo' il pubblico degli addetti ai lavori, per una volta, a 'dimenticarsi' di essere a un festival del cinema e a partecipare attivamente ad un grande evento corale, una festa, un'esperienza difficilmente ripetibile e paragonabile a una rassegna come questa. In una Sala Darsena gremita, si sono infatti 'confrontati' due tipi molto diversi di spettatori: da una parte i fan di Vasco (molti dei quali arrivati in massa direttamente da Zocca), dall'altra la platea di cinefili, gli abituali frequentatori del Lido. Logico che questi ultimi abbiano registrato una certa iniziale diffidenza, per non dire 'insofferenza', verso una fetta di pubblico non canonico e non esattamente 'rispettoso' del bon-ton festivaliero: durante la proiezione applausi, risate, urla, cori, lacrime si sono sprecate...
Ma poi, man mano che le immagini di repertorio si susseguivano sullo schermo (alcune davvero intime e rarissime), accompagnate ora dalle canzoni, ora dalla viva voce del protagonista, ecco che il 'miracolo' si è compiuto: tutta la sala si è 'adeguata' all'atmosfera dell'evento (perchè di questo bisogna parlare), capendo che QUELLO era l'unico modo di assistere al film, e finendo per lasciarsi coinvolgere e trasportare dal fiume di immagini e di emozioni che ha contagiato TUTTI quanti gli spettatori, dal primo fino all'ultimo, che alla fine hanno tributato un lungo applauso a quest'opera bellissima e inclassificabile, commovente e personale, emozionante e, soprattutto, umana.
E' un Vasco, infatti, sorprendentemente intimo e sensibile quello che vediamo durante i 75 minuti di pellicola. Un Vasco malinconico, scherzoso, quasi 'crepuscolare', che ricorda ed elogia un passato e un mondo che da tempo non gli appartiene più: quello dell'infanzia e degli amici perduti, qualcuno dei quali se n'è andato maledettamente troppo presto (Massimo Riva), quello delle radio libere, delle feste di paese, dei momenti di svago in un posto 'fuori dal mondo', dove 'non c'era molta cultura ma dove l'isolamento ti costringeva a stringere rapporti con tutti'. Un Vasco nostalgico, che si rifugia a Los Angeles per registrare in santa pace e, soprattutto, perchè nessuno lo riconosce e può andare a fare la spesa al supermercato, sentirsi finalmente una persona 'normale'...
Questa storia qua funziona perchè non ritrae il suo protagonista negli stadi, al culmine del successo e circondato da folle oceaniche. Ci mostra invece il lato intimo del personaggio, lo mette a nudo, ci fa apprezzare la sua semplicità e le sue manie, le sue paure e le sue dipendenze. Sembra quasi che Vasco diventi davvero 'uno di noi', che sia possibile toccarlo, abbracciarlo, spronarlo, consolarlo. Quando partono le note di 'Anima fragile' viene quasi un groppo alla gola, sembra che quella canzone riguardi proprio lui, lui stesso. Il film è toccante e rispettoso del pubblico, per nulla agiografico e felicemente 'pudico': Vasco parla al suo pubblico con la SUA voce, ma in questi casi sullo schermo non compare mai,
Sia chiaro, nessuno vuol dire che Vasco sia un esempio da seguire, o un'icona da 'santificare'. Lui stesso sa di non esserlo e di sicuro non lo vuole. Però il Vasco che esce dal film è una persona che ha imparato a combattere, a non arrendersi, a inseguire caparbiamente un sogno per il quale sapeva di essere portato, a dispetto di tutti. Un uomo che ha trovato il coraggio di lottare, che ha saputo trovare il suo posto nel mondo.
Uno che spesso non è stato capito, che ha vissuto la sua Vita spericolata, e che ora non ha difficoltà a girarsi indietro.
Questa è la SUA storia. Bellissima.
VOTO: ****
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