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Questione di Baricentro [o del travisamento delle parole di Luca De Biase]
Creato il 27 giugno 2011 da Marcodalpozzo @marcodalpozzoIl problema, come ci riassume Luca De Biase nel filmato che [ri]propongo di seguito (via il Giornalaio), è che la qualità e la quantità del contenuto (giornalistico) sono quasi sempre caratteristiche mutuamente esclusive: per dirla come Bellucci e Cini, la generazione di senso ha davvero poco a che vedere con la produzione di consenso al consumo.
Considerando i risultati poco incoraggianti delle sperimentazioni di modelli che prevedono il pagamento, l'unica soluzione sembra essere nella pubblicità che, però, (aggiungo io) porta con se una potenziale distorsione del messaggio (cioè un abbassamento drastico della qualità anche nei termini in cui è stata intesa in questo spazio). Luca De Biase si augura che si sviluppino dinamiche che favoriscano la qualità ed è per me interessante notare che tra i metodi da usare egli citi il design; anche ai quotidiani, insomma, si dovrebbero applicare tutti i principi che i Web (Marketing) Designer utilizzano per le Imprese per le quali quotidianamente lavorano. Tanto scontata come idea di metodo quanto poco o niente utilizzato nella pratica (i quotidiani online, analizzati come Siti Internet tout court, sono spesso la negazione dell'usabilità).
Incuriosisce parecchio la definizione di "Informazione come parte di un flusso culturale che parte dalla grande educazione e arriva alla notizia dell'ultimo momento"; con un pensiero di cui evidentemente mi sfugge il senso più completo, a mio parere, viene spostato il baricentro del problema; un conto è la scelta complessiva di un Editore (offerta "multimediale" - libri/dvd - e "politematica" - scuola/master affiancata ai giornali), un altro è la scelta relativa alla sola informazione quotidiana; un discorso è - cioè- l'offerta complessiva di prodotti culturali ed educativi intesi in senso lato, un altro è l'offerta di informazione attraverso un notiziario giornaliero.
Il baricentro del problema è come fare i quotidiani (online) e riuscire a venderli e parlare dell'offerta complessiva di un Editore rischia, a mio modestissimo parere, di diluirne (farne scomparire?) l'importanza.
Da un punto di vista sociale non credo ci si possa permettere il rischio che un Editore può correre (socialmente, cioè, si perde se l'Impresa Editoriale è in perdita). Inoltre, sempre da un punto di vista sociale, non si può nemmeno accettare il sacrificio della qualità sull'altare dei volumi di traffico (socialmente, quindi, si perde anche se l'Impresa Editoriale è in attivo).
Qualità, quindi, e non quantità. Generazione di senso, non numero di visite e vendita di spazi pubblicitari. L'economia della conoscenza si concentra sull'immateriale, come conclude lo stesso Luca De Biase, e non si può pensare che per un Imprenditore esso possa rappresentare soltanto una voce di attivo/passivo (trovate voi i termini più azzeccati). E', deve essere, molto molto di più!
Sia chiaro, però, a scanzo di ogni tipo di equivoco, che dire che la Conoscenza sia un Bene Comune non significa dire che essa è gratis! Il problema è creare un nuovo ecosistema in cui se ne riconosca il valore sia da un punto di vista sociale sia da un punto di vista economico. In un tale ecosistema (per la cui abilitazione, ormai è chiaro, riconosco nello Stato, nel Pubblico l'unico possibile abilitatore) diverrebbe addirittura pleonastico parlare di "valore qualitativo".
Avvertenza: il mio non è un messaggio anti-Impresa. Incoraggianti sono state infatti le prime pagine di Giornalismi di Angelo Agostini che, a proposito di Repubblica, parla di un mirabile (forse l'unico) esempio di Giornalismo/Impresa.
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