La lezione di ikebana di novembre è stata per me particolarmente illuminante perchè mi ha permesso di riflettere su una questione a mio avviso fondamentale.
Spesso ci fissiamo su un aspetto unico di una questione di un problema, in un modo di approcciarsi e facendolo ci scontriamo con mille difficoltà che ci rendono insormontabile quella data situazione, ce la rendono non piacevole, ce la fa odiare.
Eppure ho scoperto in un modo talmente semplice da essere quasi disarmante che un modo per ribaltare le situazioni negative a proprio vantaggio c’è e ripeto: è talmente semplice che sembra banale, anche se in realtà banale non lo è per nulla e anzi serve un grandissimo sforzo mentale. Per capire come sono giunto a questa “illuminazione” ti racconto come si sono svolti i fatti.
Un pomeriggio di novembre ho seguito la mia consueta lezione di ikebana iniziata con una certa mancanza di ispirazione, dovuta più che altro ad un approccio un po’ rigido. Questo è per me un periodo di rivoluzione nell’approccio alla pratica di tutte le arti del budo che pratico. La ricerca della semplicità della forma infatti mi ha creato un leggero blocco momentaneo da indecisione su quali fiori e piante scegliere e come comporre.
Sarà troppo complesso? Sarà troppo? Sarà troppo poco?
Dopo una breve riflessione, consapevole che la mia ricerca della semplicità e dell’essenziale mi stava sovraccaricando di pensieri inutili portandomi nella direzione opposta a quella voluta, ho resettato il cervello concentrandomi solo sul CREARE. Da lì tutto è venuto in maniera più naturale grazie anche all’aiuto della mia Sensei Keiko. Presi i vasi inizio quindi a creare forme, a mettere e togliere fino ad ottenere un risultato che mi soddisfacesse.
Dopo due ore di creazioni, di riflessioni, di meditazioni su cosa andasse bene e come posizionarlo al fine di creare una composizione armonica (semplicità e mente libera non significa fare le cose a caso) è l’ora di concludere con l’ultima composizione. Prendo un ramo d’acero con un magnifico colore giallo e lo posiziono nel vaso pendente verso il basso, prendo un ramo con delle belle bacche rosse e lo posiziono nel verso opposto, e poi inserisco tre strani rametti con delle palline sulla sommità al centro degli altri due rami precedenti a dare una forma triangolare al tutto. Eppure osservando il risultato non ero soddisfatto, qualcosa non mi convinceva.
Ecco allora arrivare la mia maestra con un gesto dopo avermi chiesto se poteva intervenire, afferra il rametto d’acero lo gira leggermente e lo reinserisce nella composizione che rimane uguale cambiando tutto. Una piccola rotazione e da forma insipida e raffazzonata appare una forma armonica.
Andando a casa ho riflettuto su quel piccolo gesto e sulla “magia” compiuta. Ho riflettuto su cosa volesse significare per me e soprattutto sull’utilità che quel gesto può avere.
Le conclusioni? Tra 7 giorni potrai leggere la seconda parte col resto della storia.
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