“Ciao, vecchio.”
“Buongiorno.”
“E allora, trovato niente?”
“Ancora niente. Ci vuole pazienza.”
La ragazzina si sedette accanto a lui e lanciò lo zainetto su un sasso piatto.
“È passata un’altra settimana e siamo nuovamente qui ad aspettare insieme” disse, mentre tentava di fermare i capelli scompigliati dal vento. “Sei sicuro che ritornerà?”
“Il mare restituisce sempre quello che si prende, come la vita. È solo questione di tempo.”
La ragazzina si avvicinò ancora un po’ all’uomo e cominciò a sentire il tepore amico.
“Ho pensato molto a te in questi giorni” gli disse.
“Non devi più tornare.”
“Cosa? Io verrò qui tutti i lunedì finché ci sarai tu. Voglio esserci quando ritornerà.”
“Sei una piccola pazza. Potrebbero volerci mesi, forse anni. Tu non puoi perdere il tuo tempo con me.”
“Non sei mio padre e non puoi dirmi cosa devo o non devo fare. Sono giovane e il mio tempo è grande come tutto questo mare.”
L’uomo la guardò negli occhi arrabbiati e le sorrise: “E tu che ne sai del tempo?”
“Ci sono molte cose che non conosco. Sono già dodici lunedì che ci incontriamo qui sul molo e tu mi stai insegnando la vita degli adulti. Tutte le volte che ci lasciamo scrivo sul mio diario le cose che mi dici e poi me le rileggo nei giorni successivi. Adesso dimmi del tempo.”
“Il tempo scorre senza tregua, lo scoprirai da sola. Anche se gli orologi dicono che è per tutti uguale, il tempo a volte corre, a volte si diverte a rallentare e a volte si ferma addirittura.”
“Io odio gli orologi.”
“Perché?”
“Boh! Non lo saprei spiegare.”
“Si, anche io li odio. Sembrano indicarti solo quanto manca.”
“Sarebbe bello riuscire a fermarli tutti, no?”
L’uomo piegò le labbra in un sorriso amaro e accolse il novembre che gli colò nell’anima.
“Per te il tempo si è fermato, vero?” Gli domandò la ragazzina all’improvviso.
“Era un lunedì di tanti anni fa, troppi. Un pomeriggio di autunno, proprio come adesso, stavamo seduti in questo posto e guardavamo le onde del mare, senza parlare. L’orizzonte mi sembrava vicino, molto più vicino di ora e non mi faceva ancora paura. Lei era seduta al mio fianco e mi bagnava il cuore con schizzi di dolcezza. Su questi scogli stavamo cominciando a immaginare il nostro futuro e a intravedere la porta che ci avrebbe fatti entrare, abbracciati, nel mondo degli adulti, come lo chiami tu. A un tratto il sole iniziò a nascondersi dietro i nuvoloni neri che correvano verso di noi. Un vento silenzioso e traditore cominciò a spazzare le creste delle onde che si facevano sempre più alte. Anche i gabbiani sembravano allertarci, gridando e volando nervosi tra i cristalli che sbattevano sul mare. Ci alzammo per andare via da questo posto che non ci piaceva più. Un bacio, mi chiese ancora un bacio. Glielo diedi senza sapere che sarebbe stato l’ultimo. Il mare, che a volte sembra amico, allungò un tentacolo impazzito e me la strappò dalle braccia. Mi tuffai nell’acqua cercando di afferrarla, ma le onde alte mi sbatterono contro gli scogli facendomi vomitare schiuma e rabbia. La vidi sparire, inghiottita come una bambola di pezza, senza un perché.”
Rimasero in silenzio a guardare l’acqua. Il vecchio le aveva raccontato per la prima volta tutta la sua storia.
“Quando ritornerà sarà anziana come te o pensi che il mare l’abbia conservata giovane come quando se la prese?”
“Sarà bella. I suoi capelli svolazzeranno al vento e scopriranno gli occhi azzurri come il cielo e lucenti come le sue stelle. Ritorneremo qui tutti i lunedì della nostra vita a guardare il sole, quando a sera se ne andrà a dormire.”
“E la bacerai ancora?” gli chiese, mentre gli appoggiava la testa sulla spalla.
“Adesso te ne devi andare, ti prego.” L’uomo chiese al cielo di legarlo con corde immaginarie.
“Lo sai che oggi è il mio compleanno?” Chiese la ragazzina mentre si rimetteva in piedi. “Compio sedici anni.”
“Auguri.”
“E non me lo fai un regalo…”
L’uomo mise la mano in tasca ed estrasse una catenina d’oro, consumata e antica: “Tienila.”
“Era la sua?”
“Quando cercai di afferrarla, questa catenina fu l’unica cosa che mi rimase nel pugno chiuso. A questo oggetto muto ho raccontato tutta la mia vita. Conservala nel tuo diario.”
“Perché me la dai?”
“Perché sarebbe bello, un giorno, rivederla intorno al tuo collo.”
La ragazzina si accomodò lo zainetto sulle spalle, fece due passi e si fermò: “Sei capace di fermare il tempo?”
“Ci proverò.” Rispose l’uomo, continuando a guardare il mare. “Ci proverò con tutta la mia forza.”
La ragazzina se ne andò, correndo sul molo mentre i sassolini le si conficcavano sotto i piedi. Lui si voltò a guardarla e pensò che l’aveva ritrovata e persa per la seconda volta. Non ritornò mai più sul molo a guardare il mare.
La ragazzina appiccicò la catenina d’oro su una pagina del suo diario. Sotto vi scrisse: “Il mare restituisce sempre quello che si prende, come la vita. È solo questione di tempo.”
Poi mise il diario sotto il cuscino, spense la luce e pianse.
Il racconto che avete letto è opera di Fepi ed è risultato il vincitore tra quelli che hanno partecipato al Laboratorio di Marzo 2014. Il tema da seguire era stato scelto da Pagu (vincitore del Lab di Febbraio 2014).
La traccia scelta da Pagu era: Il dialogo con flashback.
Il limite di lunghezza era minimo di 4000 e massimo di 6000 caratteri (spazi inclusi). Il racconto doveva tener conto dei seguenti vincoli:
1. Il flashback, all’interno del dialogo, doveva avere una lunghezza non superiore ai 1500 caratteri spazi inclusi, al fine di evitare che diventasse un monologo;
2. Le parti “raccontate” andavano inserite solo se propedeutiche al dialogo stesso e dovevano essere limitate al minimo.
3. Il flashback doveva essere inserito all’interno del dialogo
Fepi
Chi sonoSono uno che mangia pane e curiosità, che lavora per sopravvivere e che vive per imparare almeno una cosa al giorno.