Ieri si è mossa l'Arabia Saudita, che ha ritirato da Damasco il proprio ambasciatore. Lo stesso ha fatto il Kuwait. Considerando che la casa reale saudita parla con i dollari, questa azione è eclatante. In effetti, sono due i possibili scenari. Il primo riguarda l'apertura di una fase di transizione che apra ad una qualche forma di democrazia. Il secondo è quello libico, cioè la resistenza a tutti i costi del regime.Per noi occidentali è inconcepibile l'idea che un capo dello Stato, o il Governo, possa sparare sul popolo. Non è etico ed è deprecabile. Tuttavia, noi occidentali siamo abituati a decenni di pace interna e di missioni estere di guerra, chiamate missioni di pace. Conosciamo il concetto della conflittualità, ma non lo abbiamo sperimentato direttamente dai tempi della seconda guerra mondiale.
Eppure, situazioni di instabilità e di protesta sociale non sono poi così lontane dal verificarsi anche a casa nostra. In questi giorni la pacata Inghilterra vive una "piccola guerra civile", ma non meno tragica. La Grecia è ingessata in proteste continue e scioperi. Anche nei balcani ritornano venti di sommossa.
Si potrebbe affermare che si tratta di eventi locali, circoscritti a poche e piccole bande criminali e organizzate. Speriamo sia veramente così. Eppure una strategia, che abbia il rango di politica pubblica, esplicitamente dedicata alla gestione di queste crisi non c'è.
Alcuni potrebbero affermare che in occidente esse siano poco probabili, poichè il nostro sistema di regole dovrebbe, con il suffragio universale, garantire la piena realizzazione della volontà popolare. Messa in condizione di eleggere i propri rappresentanti.
E' anche vero, però, che i governi sono alla ricerca di grandi coalizioni per legittimarsi. Quindi il sistema dell'alternanza viene meno. Così come, è vero che la classe politica è incapace di prendere misure concrete per contrastare il potere dell'oligarchia finanziaria. Quest'ultima non è eletta dal popolo. Così come è ancora vero che il popolo non è avvezzo a vivere in continue e reiterate situazioni di emergenza e di crisi.
Se non si sceglono politiche pubbliche condivise, il rischio è che il malcontento dilaghi anche in occidente. A quel punto non ci resterà che sperare che i principi ed i valori etici su cui si fondavano le nostre società si affermino alla schizzofrenia maniacale di chi deterrà il potere.