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Questioni di cui vale la pena parlare

Creato il 04 febbraio 2014 da Sweetamber

Oggi mi è capitato di rivedere dopo qualche tempo, questo video. Si tratta del backstage della lavorazione a una delle opere di Tania Brassesco e Lazlo Passi Norberto, un duo di giovani artisti estremamente prolifico.

Un  curioso caso del destino ha voluto che questo video mi tornasse alla mente dopo aver sentito di una frase decisamente poco piacevole pronunciata da una docente dell’accademia nella quale studio: «tanto alla fine lavorerete in un call center o in un bar». Che tristezza.

Posto che comprendo perfettamente come ci si trovi in un periodo di estreme difficoltà in termini lavorativi, posto che sono consapevole di come per un artista o similia risulti veramente tosta trovare uno sbocco lavorativo e insieme espressivo soddisfacente, posto come so che agli studenti serva piazzare un minimo di verità nuda e cruda sul tavolo, ebbene, posto tutto ciò io comunque ritengo che questo tipo di osservazioni non siano professionalmente accettabili.

Una cosa simile te la può dire tua madre, te la può dire zio, te la può dire un amico, te la può dire il postino, la dirimpettaia, pure lo sfasciacarrozze. Ma un docente no. Tu come studente devi rispetto a tutti i professori per principio e per questioni di età, ma allo stesso modo i docenti debbono portare rispetto per te. Perché tu studente sei il soggetto pagante per ricevere un’istruzione decente e loro sono i soggetti pagati per fornirtela.

Certo, mi si può obiettare che in certe università (quindi, ambienti diversissimi dalle accademie) capita anche di peggio, ma il discorso che sto facendo può tranquillamente intendersi anche per le università, cambiando qualche dettaglio e modificando qualche ambientazione qua e là.

Se pago, voglio essere trattato con rispetto. Se pago, voglio che mi si insegni, voglio arricchirmi, voglio stimoli e suggestioni. Della fortuna o sfortuna che avrò al di fuori dell’accademia mi interessa sino a un certo punto. Se ho una età compresa fra i venti e i venticinque anni e sto studiando, tu non puoi sapere cosa farò nel futuro perché hai letto una snocciolata di statistiche sulla Repubblica o, peggio, su metro mentre ti sbocconcellavi una brioche vuota. Come docente, oltretutto, sei la dimostrazione che il mio futuro può essere molto differente dal lavoro di centralinista o di barista, quindi nella mia mente smaliziata posso solo pensare che tu sia una persona ingrata e scontenta. Non riesco a identificare un’altra causa di una tale osservazione buttata là a un gruppo di studenti che nemmeno conosci.

Un professore non dovrebbe mai permettersi di giudicare in una maniera simile il futuro di un individuo. Il professore non è dio, non può permettersi il lusso presunto di decidere del successo e dell’insuccesso futuribile di uno studente. Un insegnante è tenuto a insegnare, a donare ciò che sa nel miglior modo possibile e deve essere umile. Talvolta ho avuto anche io a che fare con docenti non umili, che ho immediatamente allontanato e che evito accuratamente. Insegnamento e mancanza di umiltà non possono andare di pari passo: l’unico risultato è farsi detestare o farsi idolatrare uccidendo il senso critico di uno studente.

Dopo quasi sette anni trascorsi in accademia, mi ritengo nella posizione di poter dire di aver visto ogni tipologia di professore esistente sulla faccia della terra: i migliori sono e saranno sempre quelli disposti ad ascoltare, quelli disposti a trasmettere propositivamente qualcosa allo studente. La politica del terrore non lascia niente, né tantomeno la politica dell’umiliazione.

Ho sempre cercato di difendere me stessa e i miei meriti da questo tipo di osservazioni da bar, fastidiose e infruttuose. Gli studenti dovrebbero rispondere. Dovrebbero, con educazione e rispetto (che non si dica loro che non ne portano) osservare al professore di turno che non credono di meritare il lavoro in un call center, perché stanno studiando per fare ben altro. Dovrebbero rispondere che non aspirano e non aspireranno MAI a lavorare in un call center.

L’atteggiamento più ipocrita del mondo è sputare nel piatto in cui si mangia denigrando chi ti paga e chi ti permette, in fin dei conti, di essere lì a insegnare.

n.b. va da sé che non ho intenti denigratori nei confronti di chi lavora in call center, bar, ristoranti, ecc. Senza queste persone saremmo fermi, in molti casi. Non trovo giusto che chi si prepara e spende denaro in un percorso formativo debba sentirsi preso per i fondelli, preparandosi per lavori che richiedono meno competenze della sua o addirittura richiedono altro genere di competenze. Molti si mantengono, con questi lavori, lo so bene. M qui si apre un discorso diverso, che non voglio affrontare ora.

La giornata no ci può stare, siamo tutti essere umani. Ma che la giornata negativa di un docente si trasformi anche nella giornata negativa di venti, trenta o quaranta studenti proprio no. Forse sono una persona esagerata, mi infiammo per una banale, piccola frasetta detta probabilmente per il nervosismo di un momento. Magari altri lascerebbero stare, non se la prenderebbero. Non mi importa. Se fossi un docente, mi vergognerei ad aver detto una cosa del genere a un gruppo di studenti.

n.b. non c’è intento di svilire alcun impiego lavorativo, in questo post. Ma chi studia in accademia si prepara per questioni differenti e merita di poter costruire un proprio percorso.


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