Questo è tutto
Creato il 30 novembre 2011 da Malvino
Quasi tutti critici, anche aspramente critici, i commenti al post qui sotto. Due, i rimproveri: la morte di Lucio Magri imporrebbe un rispettoso silenzio; men che meno consentirebbe occasione di riflessione sulle idee che egli ha sostenuto quando era in vita. Non è la prima volta che mi becco l’accusa di essere irritante nel parlare di un morto come se fosse ancora in vita, infrangendo la regola del «nil nisi bonum de mortuiis», e non di rado è accaduto che l’accusa sia arrivata al biasimo, anche assai severo, come in questo caso. Mi spetta dar qualche spiegazione, è evidente.In primo luogo, io non ritengo che un morto sia al di sopra di ogni critica, soprattutto quando si tratta di chi in vita abbia legato il proprio nome a questioni di interesse pubblico. Lucio Magri ha legato il suo a molte di queste questioni, non ultime quelle riguardanti il “personale”, che insieme a tanti esponenti della sinistra italiana riteneva fosse sempre “politico”. Impossibile ritenere la sua morte un fatto esclusivamente privato, dunque, e d’altra parte anche chi gli è stato vicino per decenni ha dichiarato che il suo gesto estremo deve essere considerato come la sua ultima azione militante.Come me, come tanti, Lucio Magri riteneva che un individuo abbia diritto di mettere fine ai propri giorni quando la vita gli paia insostenibile, e che abbia diritto di essere aiutato a morire in modo degno quando non possa provvedervi personalmente. Considero pienamente legittima la sua decisione e nel mio post qui sotto non l’ho assolutamente messa in discussione. Mi sono limitato a scrivere che, trovandosi nell’impossibilità di darvi realizzazione in Italia, dove le leggi non lo consentono, ha deciso di andare a morire in Svizzera: la ritengo una scelta legittima, come nel caso di chi sia costretto ad andare in Spagna per sottoporsi ad una fecondazione assistita eterologa. Ho solo fatto presente che «Lucio Magri ci ha scassato la minchia per oltre mezzo secolo sui diritti negati ai poveracci, ai quali desiderava addirittura assicurare un paradiso in terra, ma poi, quando si è trovato dinanzi all’ostacolo di uno di quei diritti negati, ha pensato bene di scavalcarlo grazie ai mezzi che aveva a disposizione, lasciandolo inscavalcabile a chi non ne abbia»; e gli ho contrapposto la scelta di Piergiorgio Welby, che si è speso perché il diritto di morire in modo degno fosse assicurato non solo a lui, ma a tutti.Le obiezioni sono piovute come sassi. Innanzitutto, mi è stato fatto presente che Lucio Magri soffrisse di una forma di depressione tanto grave da impedirgli ogni volontà e che non fosse congruo il raffronto col caso di Piergiorgio Welby. Non ho modo di smentire questa affermazione, ma mi risulta che egli abbia provveduto di persona alla preparazione del suicidio assistito, recandosi almeno due volte in Svizzera e disponendo in modo minuzioso i dettagli. Se era depresso, non si trattava di una depressione tanto paralizzante da impedirgli di lasciare almeno una lettera aperta agli italiani: la denuncia di un sistema legislativo che nega all’individuo una scelta che egli riteneva evidentemente legittima, consentendola solo a chi abbia i mezzi per attuarla all’estero, sarebbe stato il minimo per chi ha speso la vita in difesa dei deboli. Lucio Magri non l’ha fatto. E io l’ho fatto notare. Questo è tutto.
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