Questo freddo di Paola D'Agostino

Creato il 01 luglio 2012 da Dida

Ci sono libri che raccontano della vita, di quella vera, dove a conti fatti non succede mai nulla, dove l’immobilità dell’animo assorbe tutto il nostro tempo, dove a viaggiare è solo la mente: Questo Freddo di Paola D’Agostino, edito da OrientExpress Edizioni, è uno di questi. Leggendo in breve la vita dell’autrice, laurea in Lingue e Letterature Straniere presso l’università degli studi Orientale di Napoli, docente all’Istituto Italiano di Cultura a Lisbona, tesi su “Il libro dell’inquietudine” è facile collegare la sua scrittura a quello dello straordinario Pessoa. La D’Agostino, come appunto Pessoa, Pavese, David Foster Wallace e tantissimi altri scrittori moderni e contemporanei cerca di celebrare quando più di vero e autentico c’è nella nostra vita: l’immobilità, l’onnipresenza del passato e la noia, attraverso una scrittura viva che si nutre della purezza e di un uso corretto della parola. La D’Agostino in Questo freddo ci racconta la storia di un uomo, del quale non sappiano nome, età, origine e stato sociale. Quello che ci interessa sapere è che quest’uomo, dopo un incidente, vive in uno stato di ipotermia perenne. A causa di questo involucro, che lo ha isolato dal mondo, l’uomo ha dovuto imparare a vivere di nuovo. Ha dovuto imparare a fare i conti con se stesso e a far pace con il suo passato, che ha risucchiato nel vortice dei ricordi il suo presente e il suo futuro. Quest’uomo, che osserva il mondo grazie a un telescopio, è forse l’emblema di una società chiusa su se stessa, che ha perso la curiosità per il mondo e la capacità di immaginare, perché basta scrivere il nome di una città su una barra e il mondo ci entra in casa, ma noi nel mondo ci entriamo? Non siamo tutti costretti a vivere in un perenne stato di ipotermia? Totalmente isolati, proiettati verso un mondo dove non possiamo toccare, odorare, sentire e vivere nulla perché le esperienze sono pixel, perché è uno schermo che riproduce quello che dovrebbero vedere i nostri occhi?


Foto scattate alla presentazione che si è tenuta alla Feltrinelli in via San Tommaso D'Aquino (Napoli)

La D’Agostino, quindi, ci racconta in questo piccolo, ma intenso volume cosa siamo, come siamo diventati e lo fa attraverso un tipo di narrazione dove il lettore non è emotivamente coinvolto, non è compassionevole nei confronti del protagonista. Nonostante questo apparente distacco il lettore non riesce a staccarsi dalle vicende del protagonista perché viene intrappolato nella sua morsa, viene travolto dai suoi ricordi, viene gelato dal freddo che sente. Forse, anche per questo motivo, la D’Agostino ha deciso di scrivere di un uomo, cosa che le ha permesso di creare maggior distacco e minor empatia con il lettore, che alla fine è come se si ritrovasse a guardare dall’esterno come il mondo e un uso improprio della tecnologia hanno ridotto la sua vita. Vivendo in uno stato di ipotermia far i conti con la noia e il passato è inevitabile. Le parole e i ricordi si cristalizzano come stalattiti, apparentemente prive di sapore e odore, ma quando iniziano a sciogliersi rivelano anche loro una sorta di retrogusto: amaro, secco, che non disseta. Come è possibile quindi salvarsi dalla noia, recuperare il nostro tempo e chiudere con il passato in modo sano? Attraverso l’arte, la letteratura e la pratica della curiosità. Chiudiamo i monitor, prendiamo in mano carta e penna, non digitiamo più parole impalpabili su uno schermo. Usciamo, accogliamo il sole e facciamo sciogliere il ghiaccio che ci avvolge cercando di recuperare la nostra umanità.Alla prossima Diana

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