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Questo mese su kult

Da L'Incertain Regard
QUESTO MESE SU KULT
BRUCE LABRUCE – UN PORNOGRAFO RILUTTANTE
ICONA BRUCIANTE DEL MOVIMENTO GAY PIÙ RADICAL, ESPLORATORE ECLETTICO DI GENERI E LINGUAGGI MULTIMEDIALI, IL POLIEDRICO BRUCE LABRUCE DECODIFICA CON L’IMMINENTE FILM L.A. ZOMBIE E LA MOSTRA UNTITLED HARDCORE ZOMBIE PROJECT, LE CONNESSIONI TRA PORNOGRAFIA, CINEMA HORROR E ARTE
I molti spettatori che sorridevano nei drive-in guardando a testa in su mostri e assassini che inseguivano e trucidavano ragazze seminude e terrorizzate, non hanno mai dubitato del legame che intercorre tra horror e porno. Ma pochi registi si sono cimentati nel riunire sangue e sesso come ha coraggiosamente fatto Bruce LaBruce che dal punk, suo riferimento teorico vissuto sin da adolescente, ha affinato l'intuito per l’umorismo, la provocazione e il gusto di una libertà irriverente trasformati in immaginario antagonista. La produzione artistica di LaBruce mira soprattutto a frantumare le aspettative culturali dominanti sui comportamenti sessuali maschili. attraverso l'estetizzazione degli orientamenti sessuali e l'infinito feticismo che ne deriva, il cineasta persegue, con sconcertante crudezza, la ricerca morbosa degli aspetti più sordidi e decadenti della vita vissuta. Nelle sue opere le reminiscenze warholiane si combinano con lo stile trash di JohN Waters, l'hardcore alla comedy televisiva, gli stimoli culturali differenziati che legano il culto del sesso estremo con l’abitudine alla sua spettacolarizzazione. sulla scia dell’entusiastica accoglienza tributata al suo primo film sui morti viventi, Otto; or Up with the Dead People, una versione zombi del metafisico Donnie Darko, Bruce LaBruce ha recentemente terminato le riprese di L.A. Zombie, un nuovo porno zombi in cui ha voluto introdurre elementi politici e sociali, e che verrà presentato in anteprima nel corso di una mostra berlinese programmata alla galleria Peres Projects a il 30 gennaio. Nell’attesa, Bruce LaBruce ha raccontato a Kult questa sua nuova avventura artistica tra pornografia e cinema horror.
Con Otto; or Up With Dead People dello scorso anno e col tuo ultimo film L.A. Zombie, sembri deciso a rivoluzionare il genere horror. Cosa ti ha ispirato a realizzare queste storie di morti viventi?
Stavo leggendo le statistiche sui suicidi fra gli adolescenti gay, che sono decisamente più frequenti rispetto agli etero, e pensavo alle difficoltà che incontra un ragazzo omosessuale, a quanto può essere spaventosa questa situazione con i suoi rischi: il pericolo di violenza omofoba, il disprezzo, la disapprovazione. Quindi mi è venuta l’idea di realizzare un film che parlasse di un adolescente gay che pensa di essere un non-morto, uno zombi appunto, l’espressione del suo tormento interiore e dell’ansietà di scoprirsi omosessuale. credo che il genere dei morti viventi sia una perfetta metafora per l’omosessualità in molti modi. Gli zombi trasmettono la loro maledizione in modo virale e contagioso, come accade con l’aids. La gente ha spesso temuto che l’omosessualità fosse contagiosa e i gay potessero essere portatori di malattie a trasmissione sessuale. Gli zombi sono i mostri più discriminati della storia moderna: vengono trattati come senzatetto privi di valore, picchiati, bruciati, eliminati, a volte soltanto per divertimento,
come spesso è accaduto anche ai gay. Inoltre, avete mai frequentato una sauna o un parco per incontri omosessuali di notte? Sembrano proprio l’ambientazione adatta per La notte dei morti viventi ! Luoghi anonimi, pericolosi, dove si viene a contatto con parti del corpo sconosciute: figure oscure e quasi nottambule emergono per avere rapporti sessuali anonimi e privi di emozione. Può essere molto eccitante e divertente, ma talvolta mi ricorda davvero il comportamento zombi… con Otto; or Up with the Dead People volevo realizzare un film in cui gli zombi fossero personaggi più… come dire... sfaccettati, più simili ai vampiri romantici, con emozioni complesse e la memoria del loro passato intatta. Penso che il mio disgusto verso la recente moda ripugnante e squallida dei film horror “delle torture”, tipo la serie di Saw, mi abbia spinto a ricercare e riscoprire alcuni vecchi horror americani indipendenti che erano più complessi, più filosofici e idiosincratici: ad esempio Night Tide di Curtis Harrington, Martin di George Romero o Carnival of Souls di Herk Harvey. ognuno di questi film parlava di creature mitiche che potevano essere mostri o semplicemente emarginati sociali considerati mostri: una sirena, un vampiro o un fantasma. Ho incontrato molti giovani che mi hanno detto di sentirsi proprio come morti viventi, chi a causa dello stato apocalittico e allarmante della situazione mondiale attuale, chi per colpa degli effetti dell’eccessiva tecnologia moderna etc. Otto rappresenta queste anime perdute. avrei anche voluto che fosse un film pornografico, perché i miei film spesso mescolano sesso esplicito ed estremo ad elementi comici o romantici, ma per varie ragioni non mi è stato possibile farlo nel modo desiderato. Quindi L.A. Zombie mantiene le promesse iniziali di fare un film horror sui morti viventi che sia anche violento e pornografico. Per usare un’infelice metafora sportiva, sto cercando di coprire tutte le basi contemporaneamente.
Il successo commerciale di prodotti come True Blood o la saga di Twilight ha eletto il vampiro come “mostro del momento”. Perché quindi hai preferito scegliere di girare un secondo film sugli zombi?
Voglio ricordare che Zombieland (che non ho visto e non m'interessa vedere) è stato uno dei maggiori incassi dell’anno. sia i vampiri che gli zombi rimarranno di moda per lungo tempo, come accadrà ai lupi mannari che stanno per ritornare alla grande. Penso che il genere horror abbia avuto recentemente un successo inaspettato, tornando ad essere un’industria multimilionaria negli ultimi anni. se ci pensate ha senso, considerando l’aumento delle paure e dell’ansietà in un mondo spaventato da guerre infinite, riscaldamento globale, catastrofi naturali, mancanza di cibo etc. tutte queste sono minacce esistenziali che necessitano di una catarsi possibile attraverso la cinematografia horror.
A quali film ti sei principalmente ispirato per realizzare questi due horror?
ho già citato i tre film che mi hanno ispirato di più, ma potrei aggiungere un grande film intellettuale francese sugli zombi, Les Revenants. È la storia di alcuni defunti che ritornano in una cittadina francese più come sonnambuli che come morti viventi; si vestono come proletari e si comportano più o meno come facevano quando erano in vita, solo in maniera rallentata, senza mai dormire e riunendosi fra loro a notte fonda. È un film onirico, davvero spaventoso, un’efficace allegoria della maniera in cui ci scordiamo dei nostri morti, senza portare loro rispetto. entrambi i miei film horror sono inoltre ispirati alla situazione dei senzatetto, anche se pochi spettatori li leggono in quel modo: la tematica dei senzatetto è abbastanza evidente nel trailer di L.A. Zombie, e in effetti questo film è forse più un porno sui senzatetto che sui morti viventi! Mi sono ispirato a The Mad Man, il romanzo di Samuel Delaney che parla di un uomo che fa sesso solo con senzatetto. Quando ho cominciato a girare a Los Angeles, sono rimasto scioccato dalla quantità di persone senza casa, più di quante ne avessi mai viste, quindi mi sono sentito obbligato a includere questo tema nel film che stavo realizzando. Per me si tratta di una sincera dichiarazione politica, anche se altri penseranno che l’ho fatto solo per sfruttare una tematica seria in modo volgare.
Quali sono i registi e i film horror che consideri basilari?
La lista è lunga, dato che sono un grande fan del genere. Oltre ad essermi ispirato ai fumetti di Edward Gorey e Charles Adams per Otto, ovviamente ho pensato alla serie dei non-morti di Romero, soprattutto quando usa gli zombi come metafora del consumismo sfrenato e del capitalismo avanzato. In La terra dei morti viventi inserisce persino un proletariato zombi che si rivolta contro i vivi privilegiati, che trovo sia un vero colpo di genio. In Il giorno dei morti viventi aveva inserito alcuni zombi che conservavano una certa coscienza, che si ricordavano del loro passato e sviluppavano una personalità. Penso che questo sarà il prossimo grande passo nella cinematografia zombi… oltre al porno zombie ovviamente! Mentre giravo l’ultimo film ho rivisto Il Pianeta dei vampiri di MarIo Bava, che da bambino mi aveva letteralmente terrorizzato, e L’uomo che cadde sulla Terra di Nicolas Roeg. Però sinceramente L.A. Zombie è pensato più come un film porno, con poco dialogo, molta atmosfera e tanto sesso.
Cosa ne pensi dunque del successo dei torture-horror come Hostel o Saw?
Non riesco proprio a farmeli piacere, sono troppo espliciti, sfruttano in maniera troppo evidente le paure degli spettatori. Non c’è la poesia che si trova nei lavori di DarIo Argento o Roman Polanski. Inoltre sono uno di quegli spettatori che mentre guardano un film si immedesimano in esso, quindi per me questi film sono davvero difficili da seguire perché è come se credessi che ciò che vedo sta accadendo veramente! Può sembrare stupido ma è così. a proposito, FrançoI Sagat, il protagonista di L.A. Zombie, ha una particina anche in Saw VI. Lui adora questo genere.
Attraverso un’installazione alla Peres Project di Los Angeles hai esplorato la dualità dei generi horror e porno. Ce ne puoi parlare meglio?
Entrambi i film horror e porno funzionano in modo molto simile: il porno tratta soprattutto di sesso mentre l’horror di violenza. sono entrambi generi molto conven-zionali, e infatti i fan non gradiscono quando vengono sovvertite troppo queste regole di base. Nei film porno la storia tradizionalmente serve da introduzione alle varie scene sessuali e ogni situazione permette ai vari membri del cast di avere rapporti fra loro; ogni scena finisce quindi con l’orgasmo e un’abbondanza di fluidi corporei. Gran parte degli horror seguono una formula simile: la narrazione è studiata, come nel porno, per inserire, a vari intervalli, scene in cui i personaggi vengono uccisi, spesso penetrati da coltelli o strumenti simili, con un conseguente schizzo di sangue. In diversi horror tale violenza viene eroticizzata, eppure molte persone sono infuriate dal fatto che io abbia mischiato questi due generi nel mio film. A me pare una fusione molto logica. La gente non vuole ammettere che talvolta si eccita a guardare questi horror, però succede. Ho anche altre teorie, come quella che molti horror sfruttano il panico omosessuale come base della storia, ma non voglio che i lettori pensino che sono completamente pazzo.
Tornando a L.A. Zombie, perché hai scelto François Sagat, un’icona del porno gay contemporaneo?
François è l’uomo dei miei sogni. È così stoico e paziente, un vero gentiluomo! Non voglio entrare nei dettagli della lavorazione di L.A. Zombie, che è stata un vero orrore, ma diciamo che lui ha sopportato un sacco di merda senza mai perdere le staffe o lasciare che la sua passione per il progetto scemasse. L’ho scelto perché per me è un’icona moderna, e quando passi del tempo con lui ti accorgi che possiede proprio quella qualità tipica delle star, come Marilyn Monroe! In parte perché ha un look che si riconosce istantaneamente, e che egli sfrutta in modo consistente e voluto. tempo fa ha postato su youtube dei video molto affascinanti, sovversivi e sinceri, come quello realizzato ad halloween dove interpreta un vampiro sexy: guardandolo mi è venuta l’idea di chiedergli di lavorare con me al mio pornozombi.
Sei fondamentalmente un regista ma le tue opere, soprattutto fotografiche, vengono esposte nelle gallerie d'arte. Che rapporto hai col mondo artistico?
Faccio mostre fotografiche ma anche installazioni e performance. Nel 2002 venni contattato da un giovane gallerista di San Francisco, Javier Peres, che mi fece realizzare la mia prima esposizione personale, e da allora ha sempre gestito tutte le mie mostre. ha lavorato a Los Angeles e Berlino, seguendo artisti di successo come Terence Koh, Dan Colen e lo scomparso Dash Snow. Io mi considero soprattutto regista e sceneggiatore, ho scritto tutti i miei film finora, poi un fotografo, quindi potrei classificarmi come artista multimediale. Però mi è talvolta difficile operare nel mondo dell’arte perché le mie opere sono spesso considerate troppo pornografiche, mi accusano di seguire troppo da vicino le convenzioni del porno. Eppure, incredibilmente, molti di coloro che lavorano nel mondo del porno considerano i miei lavori troppo artistici o commerciali, persino il mio produttore me lo dice a volte! Quindi mi ritrovo sospeso fra due schieramenti, un solitario inframmezzato.
Solitamente chi sono i collezionisti che comprano le tue foto?
Non ne ho idea, non lo chiedo mai. Mi è arrivata voce di alcune delle mie fotografie di uomini con enormi erezioni esposte sulle pareti di ricche vedove o mecenati, ma non vengo mai invitato nelle loro case quindi non so se si tratti solo di dicerie o sia la verità.
Chi sono gli artisti del passato ai quali ti senti più vicino?
La mia ispirazione sono soprattutto gli artisti dell’avanguardia: Kenneth Anger, Jack Smith, Andy Warhol, Paul Morrissey, i fratelli Kuchar, Curt McDowell, John Waters, Fred Halsted, Peter De Rome, etc. Mi piacciono artisti diversi fra loro come Pieter Bruegel, Hieronymus Bosch, Cy T Wombly, Francis Bacon o Alexander Rodchenko. Ce ne sono davvero tanti. Inoltre amo i film d’avanguardia di Maya Deren o il surrealismo di Luis Buñuel, ma potrei andare avanti…
PROGETTI
Bruce LaBruce ha appena terminato di montare L.A.Zombie ! Il 30 gennaio 2010 inaugura una sua mostra a Berlino da Peres Projects, collegata all’esibizione tenutasi a maggio di quest’anno, sempre per Peres nella sede di Los Angeles, e intitolata Untiled Hardcore Zombie project. La mostra a Los Angeles gli era servita per presentare il protagonista e il progetto del suo ultimo film, mentre quella di Berlino svelerà il risultato finale, incluse le foto porno tratte dal film che il regista ha girato ad agosto e l’anteprima della versione softcore del film. La versione esplicita hard uscirà poco dopo. Ha già alcune sceneggiature sulle quali si appresta a lavorare, una delle quali si chiama gerontophilia. Sta lavorando a un progetto teatrale a Berlino intitolato The Bad Breast, un melodramma al femminile ispirato alle teorie psicoanalitiche di Melanie Klein, con Katharina Klewinghaus e Susanne Sachsse (entrambe apparse in Otto), e Vaginal Davies (che lavorò in Super 8 1/2 e Hustler White).
brucelabruce.com
lazombie.com
peresprojects.com

(di Fausto Furio Colombo da Kult N.12 dicembre 2009)
ZOOEY DESCHANEL
STELLINA IN ASCESA TUTTA OCCHIONI LANGUIDI E UGOLA MELODIOSA, ZOOEY DESCHANEL TORNA SUL GRANDE SCHERMO CON 500 GIORNI INSIEME VISIONARIA COMMEDIA ROMANTICA RACCONTATA DA UN PUNTO DI VISTA DEL TUTTO INEDITO. DAL FESTIVAL DI LOCARNO, LA GIOVANE PROMESSA HOLLYWOODIANA CI PARLA DI ROMANTICISMO, AMORE E MUSICA.
Se avete dubbi nel riconoscere Zooey Deschanel o vi trovate in difficoltà nel pronunciare
il suo atipico nome, sappiate che questo usignolo dagli occhioni celesti di origini franco-irlandesi, sta seducendo hollywood ormai da un decennio. Inserita nel mondo dello showbiz sin dalla nascita, Zooey è figlia del direttore della fotografia Caleb Deschanel, più volte nominato all’oscar, e di Mary Jo WeIr, già vista nella serie TV Twin Peaks. con questi presupposti è comprensibile che Zooey, il cui nome è ispirato a Franny and Zooey, romanzo dello scrittore cult JD Salinger, si sia data da fare per superare il successo dei genitori. Il suo film più recente, 500 giorni insieme, acclamato prima al Sundance Festival e poi sulla Piazza Grande di Locarno, arriva sulla scia di pellicole più commerciali come Yes Man, accanto a Jim Carrey, E venne il giorno con Mark Wahlberg o L’assassinio di Jesse James, a fianco di Brad Pitt. Look rétro e mossettine affettate, spesso il suo stile recitativo viene paragonato a quello delle star dell’epoca classica di Hollywood, ma Zooey (a proposito, si pronuncia Zoe) si è sempre opposta alle etichette coniate sbrigativamente da Hollywood e con lo stesso fervore si è costruita anche una carriera musicale parallela, producendo lo scorso anno l’album Volume One sotto lo pseudonimo di She & Him e cantando una cover degli Smiths proprio in 500 giorni insieme. Oltre a rivederla in Your Highness, commedia fantasy attualmente in post produzione interpretata da James Franco e Natalie Portman, Zooey Deschanel incarnerà la leggendaria rocker Janis Joplin nel biografico Gospel According to Janis d’imminente lavorazione.
500 giorni insieme non è la solita storia d’amore fra un ragazzo e una ragazza, ma riscrive i ruoli tradizionali della commedia romantica ribaltandoli…
Non mi sento di definire questo film una commedia romantica perché non lo è. si tratta più della storia di una crescita che parla anche d’amore, ma travalica i generi. commedia romantica ormai si usa per descrivere un tipo di film molto specifico nel quale di solito non mi ritrovo granché.
Pensi che questo film possa dare il via a una nuova serie di commedie raccontate dal punto di vista maschile?
Lo spero! Vorrei che, di pari passo coi progressi ottenuti dalla liberazione femminile, anche quella maschile subisse dei cambiamenti. nella nostra epoca sono cresciuti uomini decisamente più sensibili, e trovo che sia fantastico. Questo film potrebbe diventare
una pietra miliare per tanti giovani spettatori maschi che si riconoscono nel protagonista. Penso che sia importante vedere i tormenti d’amore di un ragazzo tanto quanto seguire quelli di una ragazza.
Cos’hai trovato d’interessante nel personaggio di Sole, una ragazza molto cinica e per nulla attratta dal romanticismo?
Non saprei, a volte trovo degli elementi che m’interessano in una sceneggiatura, ma non c’è un motivo specifico. non sono necessariamente attratta da un determinato tipo di personaggio, bensì da quello che può rappresentare e da come penso di poterlo interpretare al meglio. Questa era una di quelle sceneggiature così affascinanti, con ottimi dialoghi e idee veramente interessanti ma con il rischio, nelle mani sbagliate, di un pessimo risultato. sentivo però che sarei stata capace di interpretare questo personaggio e farlo bene.
Hai difficoltà a scegliere le sceneggiature che ti piacciono?
Sì, anche se ovviamente talvolta scelgo quelle sbagliate. ovviamente mi metto in gioco, ma so che ci sono certe cose che non fanno per me, ruoli nei quali non potrei dare il meglio di me stessa. Invece ci sono personaggi che sento più affini a come sono, in quel caso allora so che posso comprenderli meglio. ovviamente questo non significa che non possa ampliare il mio repertorio o informarmi per spaziare in generi diversi, ma credo che esista un’essenza particolare in certe tipologie di personaggio che mi permette di affrontarli al meglio. Devo anche esserne entusiasta, perché se devo recitare in un film che non mi appassiona allora è meglio starsene a casa.
Da dove nasce la voglia di scrivere musica e cantare?
L’ho sempre fatto, fin da bambina. Penso sia una cosa viscerale, dato che mi sono sempre sentita ravvivare dalla musica, come se mi desse una scossa vitale. Fin da quando ero davvero piccola, ho sempre associato la musica al cinema, forse perché sono cresciuta guardando vecchi musical e quindi non ho imparato a separare le due cose fin quando non sono stata più grande. Però tendo a separare la mia carriera musicale da quella cinematografica, penso sia meglio così, almeno fin quando non troverò un progetto che possa coniugarle.
Reciteresti quindi in un musical?
Certo, se la musica fosse davvero buona e la sceneggiatura interessante, ma non lo farei solo perché si tratta di un musical. Sono molto difficile riguardo al tipo di musica che sceglierei.
Sembra che questo sia un tratto ricorrente della tua personalità… Penso di essere un persona molto pratica, quindi occupo il mio tempo con le cose che reputo importanti. ci sono un sacco di cose che la gente si convince siano importanti ma non lo sono veramente. Mi piace lavorare nel cinema, mi piace fare musica e vivere la mia vita in questo modo. sono elementi che possono coesistere e funzionare soprattutto se si è selettivi nello scegliere i progetti da accettare.
(di Fausto Furio Colombo da Kult N.12 dicembre 2009)

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