Magazine Cinema

Questo mese su kult

Creato il 10 novembre 2009 da L'Incertain Regard
QUESTO MESE SU KULT
MICHAEL HANEKE
IL CINEASTA AUSTRIACO SCRIVE CON IL NASTRO BIANCO, PALMA D’ORO ALL’ULTIMO FESTIVAL DI CANNES, UN IMPLACABILE DIARIO D’EPOCA. UN FILM CIVILE STRAORDINARIO SULLA GENESI DELLA DISUMANITÀ. UNA PELLICOLA FORTE CHE VALE COME UNA PARABOLA CONTEMPORANEA. Q&A CON IL REGISTA
Tra arte e scienza, il cinema per Michael Haneke è lo strumento ideale per rendere
percepibili le sue proiezioni mentali. Come un antropologo della settima arte, con Il nastro bianco il regista va alla ricerca delle radici del male. Un film che intende spingersi oltre i limiti angosciosi già raggiunti da Funny Games, La pianista e Caché. A Cannes KULT ha incontrato il testimone incaricato di trasmettere la memoria storica della “covata maledetta”.

Con Il nastro bianco ritornano argomenti come la violenza e il senso di colpa…
Nella nostra società la questione della violenza è inevitabile. Quanto al senso di colpa, sono cresciuto in un universo giudeocristiano dove questo tema è onnipresente. Non è necessario essere cattivi per diventare colpevoli: fa parte del nostro quotidiano.
Come nasce l’idea del villaggio tedesco d’inizio Novecento dove ambientare il film?
Quel microcosmo rurale retto da regole sociali e morali di ferrea intransigenza, tipico di quell’epoca, era perfetto per raccontare la storia di un gruppo di bambini ai quali vengono inculcati ideali considerati assoluti e descrivere il modo in cui li assimilano secondo i dettami di una pedagogia che prevede frustate e umiliazioni.
La scelta di girare in bianco e nero?
Tutte le immagini che conosciamo della fine del XIX e dell’inizio del XX secolo sono state realizzate con quella tecnica. Adoro il bianco e nero e ho colto al volo quest’occasione. Mi ha permesso anche di dare un effetto di distanziamento.
Il casting è strabiliante, come ha scelto e diretto tutti questi attori?
Ho preferito volti che somigliassero alle foto dell’epoca. In sei mesi, abbiamo visto oltre 7.000 bambini perché ovviamente non era l’aspetto fisico che doveva prevalere bensì il talento. Per gli adulti ho scelto attori con cui avevo già lavorato e altri di cui conoscevo il lavoro. Quanto alla direzione degli attori, mi limito a segnalare loro se c’è qualcosa che non mi suona bene. Se il cast è buono, il personaggio funziona.
La storia raccontata pone più domande che risposte…
Il film tratta del problema universale dell’ideale deviato. Se si considera assoluto un principio o un ideale, politico o religioso che sia, questo perde umanità e porta al terrorismo. Ma non c’è nulla di più da spiegare. Il mio principio è sempre stato quello di porre domande, di presentare situazioni ben precise e di raccontare una storia affinché lo spettatore possa cercare da sé le risposte. L’inverso è controproducente poiché sono convinto che l’arte debba porre domande e non proporre risposte, le quali sono sempre sospette, a volte persino pericolose.
IL FILM
Alla vigilia della Grande Guerra, una serie di misteriosi misfatti viene perpetrata a danno di alcuni notabili di un piccolo villaggio protestante nel nord della Germania. Chi è il colpevole? Un finto film poliziesco che lentamente si trasforma in un’analisi politica-psicologica-metafisica sulla forza del male che cova in ciascuno di noi. Armato di un bianco e nero dalla neutralità assoluta, Haneke firma, con inquadrature nette e precise, il suo miglior film, confermandosi maestro nella poliedrica arte cinematografica. Sceneggiatura impietosa, fotografia inflessibile, casting rigoroso: una vera lezione di cinema austero. Dopo il successo all'ultimo Festival di Cannes, la pellicola arriva sugli schermi italiani.
(di Fausto Furio Colombo da Kult N.11 novembre 2009)

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines