Io sono certa che esiste quella dolcezza generosa nel toccarsi o allontanarsi, o dire ciao – non ti ho capito – aiuto – mi dispiace – sono d’accordo – addio – interrompimi mentre parlo – ti ho trovato – non funziono – chi sei? – resta. E tutto il resto.
Mi serve solo una prova per essere creduta. Ma io lo so anche senza. Lo so da me.
Conosco la forma che ha il saluto, l’incontro, la tavola, la risposta, le gambe incrociate, la posizione degli occhi quando guardo, la frase.
È l’estetica di una quotidiana sopravvivenza, oppure solo l’impulso di dare agli altri quello che avrei sempre voluto ricevere; non fallire due volte facendomi cambiare, per mettere equilibrio in questo scambio. Non per essere un esempio ma per abitare un posto che sia mio, dove ci riconosceremo, che sembra ogni giorno sempre più disabitato, un deserto così bello.
Da citare e citare ancora:
«Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere.»
(Robert Doisneau)
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