Ho sempre affermato che la valorizzazione e conservazione dei beni materiali e immateriali di un territorio è doverosa da parte di chi quel territorio vive, il patois dunque va difeso, ma qualcosa nel complesso stona. La soddisfazione manifestata da alcuni vip della Lega riguardo all’iniziativa della gemella Union di portare il patois a scuola è prova inconfutabile che l’operazione vada oltre le nobili intenzioni. E’ lecito pensare che la scelta facoltativa possa divenire in un futuro prossimo obbligatoria. Un obbligo non necessariamente formalizzato, ma indotto con mezzi subdoli. Operazione tipica di un regime che usa una neolingua (il patois ufficiale non è esattamente quello da difendere), per mantenere se stesso. La tradizione orale che va difesa è quella che si impara a casa e si parla in paese, bene dunque a quelle iniziative come il teatro popolare e a quelle strutture come le biblioteche che offrono la possibilità di esercitarla anche fuori dal quotidiano, ma insegnare nelle diverse scuole valdostane la stessa neolingua che uccide le differenze, mi sembra un’operazione costruita a tavolino, priva com’è di quella spontaneità che nell’apprendimento della lingua madre è un dato necessario. Una lingua che nasce da una precisa volontà politica vive per compiacere la stessa e morirà quando questa verrà sepolta.