fino a lì aveva fabbricato doppio sentimento o avvertimento (delle cose, choses, gli piaceva): ossia: su un fronte l’immobilità serrata e certo cieca del tempo, come tutto bloccato da una fascia di luce, una fotografia; su diverso fronte la variabilità matta e l’incoerenza delle figure che all’interno di luce e tempo si muovono, tutte in arbitrio.
da questo, due sensazioni o sicurezze:
che: ci sarà comunque ancora tempo per.
e
che: “questa cosa qui” non sarà ancora per molto tempo così.
Tutto veniva sfatato dalla realtà riconfermato in percezioni. perdendo di continuo definizione il paesaggio, acuito il meccanismo di messa a fuoco.
La prova iterata iterata di far combaciare croci di collimazione di un sistema in tutto fuori orbita, senza asse e inaffidabile, è affidata via via logorandosi il tempo stesso ad alcuni fogli, anche forse planimetrie di un castello.
era – è – un luogo reale.
La casa esposta, Marco Giovenale, Le Lettere, Firenze, 2007 p. 19
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(…)
Lo sguardo che nulla può turbare.
Una morte più di te
sono morto
sì, una di più
p.7
(…)
Qui
Noi non abitiamo
Pressato ora dall’imperdibile,
grosso e indiscreto: tu.
Impara ad ascoltare, a guardare,
a parlare.
p.9
Celan, a Gisèle, 23 marzo, mercoledì delle ceneri
Come spesso dopo un lavoro fruttuoso di parecchie settimane, ora è come se un gran vuoto si installasse, come se non avessi più niente da trasmettere con l’incisione (…). Ogni volta, lo sai bene, l’ho imparato da te, è un ricominciare, si può solo infischiarsene delle proprie trovate e guardarsi dalle proprie conoscenze, ma ripartire come se non si sapesse niente.