18 ottobre 2011 di Massimiliano Scordamaglia Lascia un commento
Troppo ghiotta l’occasione di leggere un personaggio ormai dimenticato come Paternostro su un tema controverso come la Cina, negli anni in cui la rivoluzione culturale era appena terminata e Mao era ancora in vita.
L’anno e’ il 1971 e Paternostro dopo oltre un decennio di viaggi, interviste e reportage giornalistici, decide di scrivere le sue esperienze in una nazione misteriosa oggi, figuriamoci allora, se non forse nelle leggende della propaganda di coloro che anche in occidente, perpetravano il credo maoista. Paternostro e’ brillante su carta come lo era in video, scherza con aplomb piu’ anglosassone che italico, talvolta gigioneggia ma anche questo fa parte del suo personaggio.
Si scherza meno pero’, entrando nel cuore della "rivoluzione culturale".
Che in quegli anni si sia spacciato per miracolo sociale il piu’ grande omicidio di massa che la storia ricordi, lo sappiamo (forse) tutti. Che molti per scarsa cultura o scarsa intelligenza ci siano cascati possiamo fare finta d’accettarlo ma gli anni ’60 erano passati, qualche voce doveva pur essere trapelata e solo cinque anni dopo si sarebbe processata la "banda dei quattro" per i crimini commessi durante i sanguinosi anni della rivoluzione.
Paternostro non poteva non sapere ecco tutto e in virtu’ di questo scrivere che la rivoluzione culturale sia costata "poche decine di morti e poche centinaia di feriti e contusi" e’ spaventoso almeno quanto affermare che l’antisemitismo nazista fu questione di qualche negozio chiuso e alcuni arresti domiciliari.
Si puo’ far finta d’immaginare che davvero non sapesse ma come ignorare i toni entusiastici espressi in merito a lezioni di chimica "politica", i professori che imparano dagli studenti e a schiavi curvi su torni a detta sua non per coercizione ma per dedizione. La cronaca diviene talmente falsata al punto di assumere i toni di propaganda, troncando cosi’ di colpo ogni valenza giornalistica e interesse nel proseguire la lettura.
D’altro canto quando Don Teresio Bosco, il prete curatore di questa collana della SEI, ricordiamo casa editrice in mano ai salesiani, nella prefazione afferma che "Mao e’ l’idolo dei gruppi rivoluzionari di tutto il mondo" e con gli stessi toni entusiastici di Paternostro ne esalta le gesta, si da’ in pasto a dei ragazzini una belva che ha divorato il corpo di settanta milioni di persone, il che’ francamente fa anche un po’ schifo.
Non credo sia un caso quindi che questo libro non sia piu’ stato ristampato, che nessuno parli piu’ di Paternostro e di lui resti l’immagine bonacciona e sagace dal grande merito di aver inventato Fabio Fazio e visti i precedenti, e’ davvero il minore dei mali.
Confesso pero’ una certa amarezza, come scoprire che il vicino di casa tanto simpatico che ti dava sempre i biscottini, in realta’ picchiava moglie e figli.
Tenetevi i vostri ricordi e lasciate perdere su tutta la linea, la storia e i fatti sono un’altra cosa.