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Quindici anni: un’età mai avuta

Creato il 06 novembre 2013 da Cultura Salentina

6 novembre 2013 di Titti De Simeis

Quindici anni: un’età mai avuta

Forse lei capirà il mio gesto e quanto bene davvero le voglio

Così, la madre di una delle due ragazzine finite sulle pagine di tutti i giornali, figlie dell’ennesimo scandalo che stupisce tutti gli italiani e non solo, conclude un’intervista nella quale spiega il perché ha denunciato sua figlia: ‘per il suo bene’, dice.

E fin qui, siamo tutti con lei.

Ma, facciamo un passo indietro. Al di là di tutti i commenti sui social network o nelle storiche trasmissioni tv popolate da opinionisti più o meno retribuiti, o da moralisti più o meno meritevoli di essere davvero definiti tali, al di là della solidarietà alla ‘mamma coraggio’ alla quale va tutto il rispetto e la comprensione; al di là del ripetersi delle solite prediche e testimonianze di psicologi e sociologi, insomma, prima di tutto io mi chiedo in che stato di solitudine, vuoto interiore e mancanza di certezze e punti di riferimento si trovassero le due ragazzine.

Quale rifugio alle loro giornate poteva essere – come per moltissimi giovani – un computer e, soprattutto, quanto sbandamento potessero vivere per non esitare a ‘buttarsi’ così.

Oggi l’informazione non manca e non mancano gli esempi di storie simili da cui comprendere quanto sia sbagliato quel mondo. Avere quindici anni – anno più, anno meno– oggi, è così povero di colore, di magia, di entusiasmo, di sogni (e non è retorica, purtroppo), di tutto ciò che di bello c’è in quest’età, nella giovinezza appena fiorita.

Un computer diviene ‘l’altrove’  e non importa chi ci sia dietro, basta che sia meglio di quello che si ha ma che non sa di buono, non scalda le giornate, non fa spuntare sorrisi, non mette voglia di tornare a casa. Manca la ‘famiglia’, manca il profumo di un piatto pronto, mancano le chiacchiere, le confidenze, manca un abbraccio, una coperta da dividere sul divano, un panino davanti ad un film, manca il volersi bene, davvero.

E, una madre sa quando tutto questo c’è o non c’è. Non condanno la mamma che, anche se tardi, ha posto rimedio al dramma. Ma mi chiedo dove fosse mentre i fatti si compivano. E con che ‘bene’ fosse riuscita a ‘voler bene’ alla sua bambina. Anche se, nell’emergenza del presente, il suo gesto lascia intravedere e sperare un futuro avvicinamento e presa di coscienza degli errori compiuti e da evitare, poi.

La mamma dell’altra ‘bimba’, invece? Consapevole e complice, nonché responsabile alla pari, quando i guadagni della figlia venivano condivisi con il suo portamonete.

Ecco, di fronte a questo non credo che ci siano commenti. Quale amore respirava quella ragazzina? Quale protezione, quale esempio, quale guida, quale difesa sentiva nell’amore di una ‘madre’, di sua madre?

Quindici anni: un’età di crescita, di vita che cambia, di certezze che si sgretolano, di un corpo che diventa un altro corpo, di confronti, di dubbi, di paure, di silenzi, di solitudine cercata o subita, ma un’età stupenda perché apre alla vita, nella consapevolezza di diventare adulti. E questo spaventa e affascina al contempo. E la madre, in questo momento è indispensabile. La famiglia è insostituibile. Carenze materne, insicurezze familiari,  separazioni, nuove relazioni genitoriali, frattura delle ‘vecchie’ sicurezze, bisogno di valori in cui credere e in cui sentirsi tutelati. Basta una piccola crepa e tutto crolla. E attraverso quella crepa è facile confondere un bagliore per il caldo del sole.

Io mi auguro che la vita di queste due giovani donne non sia condannata per sempre e che il gesto di quella ‘madre coraggio’ valga una vita nuova, in un recupero assoluto di ogni dolcezza ed equilibrio.

A tutti i figli che sono davanti ad un monitor dico: non è lì che trovate il profumo della vostra anima. E’ lontano da lì, è dentro di voi. Cercate intorno a voi chi ne conosca la fragranza e non lasciate che false o presunte gioie possano spegnerlo, mai.

Ai genitori che guardano i loro figli, nel timore che possano essere anche loro vittime di un qualsiasi ‘giro’ auguro di guardarli negli occhi, con uno sguardo che superi ogni silenzio e doni loro la forza necessaria a sentirsi ‘a casa’. Meravigliosamente, figli.

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