Quote rosa: cosa sono, pro e contro

Creato il 27 marzo 2014 da Postpopuli @PostPopuli

di Matteo Boldrini

Nelle ultime settimane nel dibattito politico si è discusso molto della possibilità di introdurre, nella prossima legge elettorale nazionale ed in quella per le europee, le cosiddette “quote rosa”. Ma cosa sono?

Sostanzialmente le quote rosa consistono in alcune norme volte a tutelare la parità di genere all’interno degli organi rappresentativi, garantendo alle donne un numero di posti riservati all’interno delle liste elettorali. Nonostante norme di questo tipo siano ampiamente utilizzate in varie competizioni elettorali, sia locali sia nazionali, la discussione sulla loro applicazione risulta tutt’altro che banale. I partiti politici sono stati sostanzialmente tagliati a metà da questo dibattito, mentre le stesse donne parlamentari hanno assunto posizioni variegate.

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Da una parte vi sono i sostenitori delle quote rosa, i quali ritengono giusto evitare che la politica diventi un affare prevalentemente maschile, penalizzando una parte consistente dell’elettorato, quella femminile, che non trova adeguata rappresentanza parlamentare. La presenza obbligata di donne aiuterebbe dunque nel rendere il Parlamento un migliore specchio della società che esso è chiamato a rappresentare; inoltre, in relazione a molte proposte di legge che riguardano espressamente le donne, vi sarebbe la possibilità di avere un punto di vista diverso, frutto della conoscenza diretta dei problemi in questione, con una ponderazione di interessi diversa rispetto a quella fatta da un parlamento unicamente maschile. Le quote rosa rappresentano dunque un meccanismo inevitabile per garantire un’adeguata parità nella rappresentanza parlamentare delle donne, sistematicamente sottorappresentate. Da questo punto di vista i dati appaiono molto chiari. L’Italia non è mai stata un paese leader nella rappresentanza di genere: nonostante alcuni notevoli miglioramenti con l’ultima legislatura, grazie ai quali la rappresentanza femminile italiana ha superato quella di Francia e Regno Unito (che restano leggermente indietro anche per motivi legati al sistema elettorale), il nostro Paese si piazza dietro a gran parte dell’Europa, se si guarda alla parità di genere in parlamento, mentre se si osserva la situazione all’interno dei partiti politici, difficilmente si può pensare di avere una Angela Merkel o una Margaret Tatcher italiana nel breve periodo.

Tuttavia si è osservata anche una posizione contraria alle quote rosa, che nonostante sia ben più composita ed eterogenea, si è rivelata estremamente forte all’interno del dibattito politico e pubblico. Tra le tantissime motivazioni espresse in opposizione alle quote rosa, si può risalire a due principali modi di vedere la questione. Da una parte ci sono coloro che ritengono assurdo che debbano essere riservate delle quote di candidati per determinate categorie sociali; riservare un certo numero di candidature a favore delle donne, significherebbe dover riservare dei posti per tutte le minoranze (vere o presunte) presenti all’interno di un Paese, cosa ovviamente infattibile. Tuttavia non bisogna dimenticare l’importanza di coinvolgere maggiormente determinate categorie sociali nell’attività di rappresentanza, poiché, come si è detto, possono portare punti di vista diversi rispetto a determinati progetti di legge che li coinvolgono direttamente. Dall’altra parte invece c’è chi sostiene che le quote rose come tali siano più discriminatorie di quella discriminazione che si propongono di combattere. Riservare un numero di seggi a dei candidati solo per il loro genere diventa in qualche modo una forma di discriminazione e finisce per prescindere dal merito e dalla capacità effettiva dei candidati.

Queste motivazioni centrano delle criticità molto importanti della questione, ma  tralasciano alcuni punti fondamentali. In politica la sottorappresentanza non deriva solo dalla scelta dei leader politici di non candidare donne nelle liste o nei collegi, ma  soprattutto dal fatto che le donne molto spesso si trovano nella condizione di outsider, di candidato nuovo o emergente chiamato a lottare contro candidati già esperti e con un consenso già ampio e formato. La validità di questo meccanismo la si vede bene considerando che il sistema di selezione degli eletti che più penalizza la parità di genere è quello della preferenza, dove ci si basa sul consenso stabilizzato proprio del candidato, e dove chi è in politica già da parecchio tempo ha un innegabile vantaggio. Il merito e la capacità senza opportunità non servono a niente, specie in un mondo in cui vi è un forte primato dell’esposizione mediatica e comunicativa come il nostro. Quindi la pratica delle quote rosa garantisce alle donne un vantaggio, che mira a compensare il divario che si è creato con i candidati già a lungo presenti sulla scena politica, capaci di godere di un consenso personale già consolidato. Tuttavia bisogna stare attenti a non abusare di un meccanismo che rischia di riempire le liste con persone poco interessate alla politica, o peggio, di togliere posti ad altre minoranze che necessitano più che mai di rappresentanza nella politica italiana, come ad esempio i giovani, creando così diseguaglianze e ingiustizie gravi come quelle che si cerca di combattere.

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