R III – Riccardo Terzo e quel mostro di bravura di Alessandro Gassmann

Creato il 05 febbraio 2014 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

Ci sono spettacoli così belli che è difficile scriverne senza rivelare quelle trovate registiche che lasceranno il pubblico a bocca aperta. R III- Riccardo Terzo di Alessandro Gassmann è uno di questi. Disumana, glaciale, crudele, priva(ta) di ogni possibile redenzione è la fotografia che Gassman ci restituisce di quel re gobbo e storpio passato alla storia (teatrale) per quel regno “messo in vendita” per un cavallo. Una messinscena imponente ma mai ridondante, gotica e mistica, cupa e magnetica, capace d’essere allo stesso tempo attuale, moderna, modernizzata, ma anche rispettosa del pregevole testo del “bardo”. L’adattamento realizzato da Vitaliano Trevisan concilia questi due opposti apparenti in un risultato lessicale che arriva dritto al pubblico, costellato di mirati virtuosismi verbali dal gusto antico, poeticamente e volutamente shakespeariano.

Una mise en scène dal forte sapore cinematografico, dove la componente visiva regna e spadroneggia fino ad un finale che sa dilettare l’animo dei più incalliti amanti del cinema e dei più raffinati estimatori della migliore musica leggera britannica anni Ottanta. La luce definisce gli spazi, decretando geometrie e deformazioni, in un continuo gioco tra fisico e virtuale, tra ciò che sul palco esiste e ciò che solamente pare esistere.

Trucco e costumi timburtoniani (il richiamo più evidente nel personaggio di Buckingham – Sergio Meogrossi – che pare gemello separato alla nascita da Beetlejuice, se non dallo stesso Tim Burton), sporchi e pallidi, posticci e reali, gettano il pubblico in un incubo che ammanetta alla torre di Londra e abbandona storditi ed entusiasti sul desolato campo di battaglia conclusivo.

Alessandro Gassmann è un gigante in scena e della scena. Svetta in altezza e talento su un cast di comprimari eccellenti (menzione particolare a Mauro Marino che veste i panni di due personaggi, di cui uno en travesti). Non patisce in nessun modo il confronto col padre Vittorio che interpretò il perfido re inglese nel 1968 per la regia di Luca Ronconi. Insomma, il “giovane” Alessandro da figlio d’arte è ormai uomo d’arte, regista maturo e originale, pace di proporre un teatro allo stesso tempo di qualità e per tutti.


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