Mettiamola così. Arriva un momento in cui anche il primo dell’anno assume significati diversi da quelli che si era abituati ad attribuirgli. Complici, forse, un’influenza di quelle difficili da dimenticare, oltre che da superare, nonché i 45 appena compiuti, che certamente segnano un giro ben definito in questa parentesi che qualcuno ha chiamato vita, mi sono scoperta allergica a qualcosa cui, fino ai giorni scorsi, ero solo intollerante.
Un’allergia complessa, totale, che impone sceglie nette. Un’allergia che mi creerà non pochi problemi, perché non smetterò più di produrre anticorpi: l’ipocrisia è ovunque, come contenere le reazioni spropositate del mio organismo?
In quella “gente che li seguì gridando cazzo cazzo” e nella continuazione del suo pensiero (“Oggi, o ci si appoggerebbe su non so quale prurito freudiano, o di culo; oppure, si salterebbe a piè pari la sconcia espressione. La naturalezza se n’è ita”) trovo tutto il mio sconforto, nato dall’osservazione dell’intreccio inanellato di comportamenti e dichiarazioni opposti e antitetici, che cambiano con il semplice cambiare del destinatario del pensiero o dell’azione.
Non mi sono mai piaciute le persone che cambiano atteggiamento e posizione con la stessa rapidità con cui uno schizofrenico cambia umore. Non ho mai imparato a comprendere le ragioni di chi ha bisogno di criticare e mortificare gli assenti, adulati fino a quando erano presenti. Ma oggi, con questo inizio 2013, non mi sento più disponibile a fingere di non vedere o di non sapere.
Da oggi dichiaro guerra alla castrazione intellettuale e all’ipocrisia. Con buona pace di tutti di finti dotati di sacro vigore. E con i migliori auguri ai pochi rimasti illesi e non contagiati.
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