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Rabbia e amarezza

Creato il 20 aprile 2015 da Ilnazionale @ilNazionale

20 APRILE – Ancora una volta il calcio mostra la sua faccia peggiore e Cagliari ne è testimone. Il contesto parla chiaro: un penultimo posto, una manciata di punti e una retrocessione ormai dietro l’angolo. Lo slogan “CrediAmoci” è quasi beffardo per un’intera isola che nelle ultime settimane ha visto la sua squadra tradire le attese del pubblico, mancando gli importanti appuntamenti con la vittoria che avrebbero dovuto ravvivare la flebile fiammella della speranza salvezza. Nessun alibi, nessuna scusa e nessuna sfortuna. Solo la certezza, terribile, che il gioco della macchina rossoblù funziona per appena un tempo e mette in bella errori colossali e ingenui sia nella fase difensiva che in quella offensiva, con il bomber Marco Sau incapace di andare oltre la miseria di cinque reti: troppo poco per chi dovrebbe traghettarci davvero verso acque tranquille.

Oggi, però, si è davvero arrivati alla frutta. Non bastano le solite domeniche “maledette” del “Zeman bis”, fatte di gol incassati, sconfitte e delusioni che piano piano concretizzano quello che pochissimi mesi fa era semplicemente un fantasma da allontanare. Ad acuire la difficilissima situazione, due giorni prima del sentito match contro il Napoli, ci pensano i tifosi. No, non quelli “buoni” che patiscono insieme alla squadra; ma quelli che nel corso del lungo romanzo della storia del Cagliari ogni tanto si dilettano a scrivere qualche brutto capitolo.

La tranquillità in casa rossoblù è ormai un’utopia, il che è davvero deleterio,vista l’ingarbugliata situazione. Ma, si sa, quando tutto va male, può andare ancora peggio. La disillusione nei confronti di una società mostratasi ambiziosa, l’incertezza sul futuro, il malcontento generale sfociano nei gesti di rabbia più inaspettati. Ed ecco che venerdì intorno alle venti un gruppo di trenta ultras ha fatto irruzione nel centro sportivo di Assemini, in cui la squadra è in ritiro da martedì scorso. “Sputtate (la doppia “t” è una licenza di chi ha scritto il messaggio) sangue per la maglia mercenari” campeggia inquietante la scritta sul cancello del centro. Un incontro, di certo non costruttivo, che si è trasformato in uno scontro duro e dai toni accesi, fatto di parole pesanti e aggressive che hanno inquietato tutto l’ambiente. Ciò che però fa ancora più terrore è nel feeling tra tifo e squadra qualcosa sembra essersi inceppato. L’amore, la stima, la fiducia hanno lasciato spazio alla violenza verbale (benché alcune voci riferiscano anche qualcosa di più), allo scontro a viso aperto, esacerbato da settimane di malumori ben manifesti nello striscione, esposto dalla Nord Sabato Santo, in cui si chiedeva maggior rispetto per la città e per la bandiera.

È vero, nel corso degli anni il rapporto tra tifoseria e squadra\società non è sempre stato idilliaco e in più occasioni si è assistito a diverse contestazioni piuttosto pesanti, nonché ad altri blitz dello stesso genere. Ma l’ultimo episodio desta di certo grande preoccupazione perché sintomo di un profondo stato di frustrazione di fronte all’incapacità di evitare che la propria nave coli a picco nel lassismo generale. La violenza verbale e gli insulti, assolutamente degni di biasimo e deprecabili, non sono altro che la risposta esasperata, e sbagliata, da parte di chi si sente deluso, tradito e umiliato. La violenza, certo, è sempre condannabile, in tutte le sue forme, ma la Sardegna non vuole retrocedere, ma soprattutto non vuole un epilogo così tristo dei suoi undici anni di militanza nella massima serie.

Gianmarco Cossu

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