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rabbit hole

Creato il 14 febbraio 2011 da Albertogallo

RABBIT HOLE (Usa 2010)

locandina rabbit hole

Rabbit hole non è un film imperdibile per quello che il suo regista (John Cameron Mitchell) riesce a fare con le immagini, che non entrerebbero in gioco con la trama e con le tematiche della pellicola se non fosse per l’esagerata predilezione di regista per campi e controcampi, che mettono a nudo variazioni e trasformazioni degli umori dei due protagonisti, eccelsi nella loro rappresentazione del lutto: un’esibizione di tecnica attoriale che, purtroppo, risulta vana poiché non supportata da una regia all’altezza e da un film in grado di scavalcare i confini superficiali dell’intreccio.

Ciononostante si tratta di un’opera che mi sento di consigliare, perché la sceneggiatura difende con i denti le sue pretese quasi naturalistiche, tratteggiando con molta cura la partita a scacchi (o a squash) tra Becca e Howie, sposi luttuosi in seguito alla perdita del loro primogenito Danny, avvenuta otto mesi prima per un tragico incidente stradale. Si va cercando ovunque la verità di un evento senza ragione e insopportabile per la sua gratuita crudeltà: la famiglia, la terapia di gruppo, il confronto con l’autista di quella automobile (un ragazzino, interpretato dall’ottimo Miles Teller)… Il problema è l’assenza di conforto. Nasce così un dramma delle relazioni (tra persone schifosamente ricche) come se ne sono visti tanti al cinema, spesso anche migliori, ma Rabbit hole può dal canto suo vantare una strepitosa Nicole Kidman enigmatica madre a pezzi e un Aaron Eckhart padre dinamico e passionale.

Un film che coinvolge lo spettatore, crea il brivido e produce l’emozione, ma che smorza gli entusiasmi verso il finale, quando un’ondata di qualunquismo travolge il racconto (“Qualcosa succederà”, “Ci sono altre Becca qualunque”, “E poi cosa faremo? Chissà”) e delude un po’. L’immedesimazione nei personaggi, comunque, verso la fine è abbastanza alta da perdonare allo script queste cadute di stile, pensando, con poca convinzione, che le cose finiscono proprio così, senza una reale motivazione o uno slancio particolare. Gli manca giusto quel qualcosa…

Francesco Rigoni



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