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A volte è come sentire sbattere una porta. La senti sui timpani. Li senti vibrare per lo spostamento d’aria. La senti nello stomaco, lo senti contrarre.
Il passato ha mille modi per tornare.
Quella volta aveva preso le sembianze di una raccomandata assicurata.
Tornare dalle vacanze e trovare l’avviso di giacenza in posta di una raccomandata assicurata lascia sempre emozioni ambivalenti: da un lato è un po’ come se ti dicesse “bentornata a casa, qui non è cambiato nulla, vedi? C’è sempre della posta che ti aspetta”, dall’altro ti lascia sempre il sapore un po’ acido della curiosità, unita alla consapevolezza che, anche se non sappiamo perché, non possiamo mai essere totalmente certi di avere la coscienza pulita.
La mattina si svegliò pensando solo vagamente alla raccomandata, era quasi certa di sapere cosa fosse, il pagamento di un lavoro da parte di un’azienda che ancora si ostinava a pagare con assegni invece che con bonifico, e d’altronde era molto più importante la preparazione per il matrimonio previsto per quella mattina. Non aveva molta voglia di andarci: nessuno dovrebbe essere obbligato a presenziare al matrimonio di qualcuno nel giorno del proprio anniversario. Ma tant’è! Erano rientrati dalla vacanze apposta e sarebbero andati e, in ogni caso, c’era tutto il tempo di passare alla posta prima della cerimonia.
Vestita, pettinata, imbellettata e ipertaccata, con il cappotto completamente chiuso a nascondere l’abito della festa, si fece lasciare davanti all’ufficio postale sicura che se la sarebbe sbrigata in pochi minuti: doveva solo ritirare una raccomandata assicurata, non c’era mai nessuno a quello sportello.
Sbagliato!
La fila davanti a lei era lunga, lunghissima e lenta, lentissima: due o tre persone con pacchi e raccomandate da spedire e almeno 5 persone con l’avviso di giacenza in mano: ma cosa avevano fatto i postini il giorno prima? Avevano fatto solo finta di consegnare la posta?
I tacchi facevano già male, l’umore in leggera discesa crollò a picco quando l’impiegato, dopo aver verificato l’assenza della raccomandata e controllato persino tra gli avvisi giudiziari (panico!), disse, per la terza volta: “Ma non è che l’hanno portata stamattina? Perché se è così deve ritirarla domani!” No. Non l’hanno portata oggi, è a casa da ieri e la data è scritta in maniera piuttosto chiara!
Cominciava ad innervosirsi, se davvero era un assegno la cosa era grave, se non lo era… cosa mai poteva esserci di tanto importante da essere spedita con raccomandata assicurata.
Da lì cominciò il giro: prima al centro di smistamento, poi di nuovo all’ufficio postale centrale, poi al bar di proprietà di uno dei dipendenti del centro di smistamento (!!) per incontrarsi con il postino che, assicurava, aveva consegnato tutto al centro, poi di nuovo al centro di smistamento… Niente
Una cosa, però, nel frattempo era diventata chiara, non era l’assegno. L’impiegato aveva rintracciato il mittente.
Sbammmmmm.
Era stato in quel momento che aveva sentito lo spostamento d’aria e la stretta allo stomaco.
Una telefonata veloce a Eva aveva confermato il sospetto: “È arrivata anche a te?” “Si, è arrivata, è per il mese prossimo” “E Fede come farà?” “Non lo so, la gravidanza le và a termine proprio il giorno prima, probabilmente non andrà”.
La aspettava. No, non è vero, non l’aspettava affatto. Sapeva che quella convocazione sarebbe arrivata, ma non ci aveva minimamente pensato per quasi tutto l’anno, presa com’era a inventarsi un nuovo lavoro, un nuovo ruolo, una nuova vita. Ed ora, all’improvviso, la serenità che pensava, nonostante tutto di avere raggiunto, si faceva elegantemente da parte per fare spazio all’ansia che, lo sapeva bene, era la titolare ufficiale della gestione di tutto quello che aveva a che fare con il suo antico sogno di carriera.
Era finita. La sua carriera in quel campo era finita e lei lo sapeva benissimo. Ma quella era l’ultima opportunità che aveva deciso di darsi, anche se erano passati degli anni, anche se la sua vita, ormai, era così lontana da quel mondo.
Mentre apriva il portone di casa per riservare ai suoi piedi un paio di scarpe più comode per il matrimonio, l’impiegato dell’ufficio di smistamento scese dalla macchina con la raccomandata in mano. L’avevano trovata.
La poggiò sul tavolo senza degnarla di uno sguardo. Avrebbe avuto un mese di tempo per torturarsi con il dilemma “ci vado o non ci vado”, ora la sua bimba voleva andare al matrimonio, vedere la sposa vestita da principessa e ballare.
E lei era il suo presente.
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