Per la prima volta il pubblico italiano può avere tra le mani un’opera di Christos Ikonomou, di cui Editori Internazionali Riuniti ha pubblicato la raccolta di racconti Qualcosa capiterà, vedrai (traduzione di Alberto Gabrieli): un libro di grande intensità emotiva, poiché capace di narrare lucidamente la deriva sociale e morale che una crisi economica può comportare, ridefinendo i margini della quotidianità, e quelli tra ciò che è dignitoso e ciò che non lo è, tra ciò che è giusto e ciò che è illecito – ossia quanto sta accadendo in Grecia (dove sono ambientati tutti i testi) e si prospetta in Italia.
Non a caso, quasi tutti i racconti hanno due protagonisti: Ikonomou sembra volerci suggerire a ogni pagina che, qualunque sia la relazione tra esseri umani, l’amore e l’amicizia e l’affetto non possono in realtà colmare né i vuoti dell’animo, né tantomeno lo stomaco; così la miseria diventa anche uno stato interiore: «è strano essere poveri, mi disse Petros, è essere come quei pinguini che mostrano alla televisione che vedono sciogliersi i ghiacci intorno a sé e non sanno a che cosa aggrapparsi e come fuggire a una smisurata follia e per la paura si scagliano l’uno contro l’altro per mangiarsi». Come si può già intuire da queste poche righe, quella di Ikonomou è una scrittura che rende rarefatta la punteggiatura per riprodurre i ritmi concitati dell’oralità, incurante di ogni artificiosa armonia e consapevolmente antiletteraria; una piacevole sorpresa, se si considera che Qualcosa capiterà, vedrai è solo la seconda pubblicazione dell’autore, di professione giornalista.
La raccolta include sedici racconti, tutti di buona fattura e molto significativi, ma sono tre quelli che mi hanno particolarmente suggestionato. Innanzitutto quello che dà il titolo alla raccolta, Qualcosa capiterà, vedrai: storia di amore e di sconforto, in cui un uomo e una donna, che hanno contratto un debito con una banca, temono di perdere la propria casa, ma non sono ancora entrambi rassegnati, perché Niki ha visto due giovani che pur di non essere separati si sono letteralmente incollati le mani, e allora qualcosa è certa che sapranno inventarsela anche loro. È un tema che torna anche in altri testi, quello del timore di dover abbandonare la propria dimora, di perdere quanto con immensi sacrifici si è costruito durante un’intera esistenza.
Gli altri due sono Soldatino di piombo e I pinguini fuori dall’ufficio contabilità (da cui ho tratto la precedente citazione): sia nel primo che nel secondo un uomo deve tirare fuori dai guai il fratello, che in realtà non ha alcuna colpa se non quella di non volersi sottomettere a una realtà sempre più iniqua, opprimente e disumana.
Meritano almeno qualche riga anche Ehi Elli dai da mangiare al porcellino, sui sacrifici vani di una ragazza per “nutrire” il suo salvadanaio e rendere felice il compagno; E un ovetto kinder per il bambino, che ha per protagonista un padre che ha perso il lavoro e non sa come fare a trovare qualcosa da far mettere sotto i denti al figlio; Le cose che si portavano appresso, in cui cinque vecchi si apprestano a trascorrere una notte all’addiaccio pur di ricevere assistenza sanitaria il giorno seguente; Cose estranee. Esotiche, che ha ancora per protagonista una coppia alle prese con la precarietà economica e di conseguenza affettiva; Per la povera gente, su un uomo che è stato licenziato insieme all’amico Aris: «Essere cacciati dal lavoro è come fratturarsi un osso. All’inizio non senti niente, disse Aris, la frattura è ancora calda e non fa male. Il dolore e la paura vengono più tardi quando il trauma si è raffreddato. Quando ti ricorderai dell’affitto e delle bollette e degli annunci sui giornali».
Tuttavia, l’atmosfera generale di Qualcosa capiterà, vedrai è meno catastrofica di quanto si possa immaginare, perché un afflato di speranza, di determinazione a non lasciarsi andare, sopravvive, tanto che quasi tutti i racconti hanno un finale aperto, come a lasciare uno spiraglio a un domani migliore.
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