"Se ci aiuti faranno di te un eroe, diventerai il Che Guevara degli autobus".
Li aiutò. Impiegò tre settimane a fare quello che gli avevano chiesto e al tempo stesso a far credere che la vita scorresse normale. In quelle settimane perse sonno e aumentò di peso, ma imparò da solo tutto quello per cui cinque anni di università non erano bastati.
Tre settimane e un giorno dopo, la città si ritrovò capovolta. Lucio, questo il suo nome, aveva hackerato il sistema di navigazione satellitare che regolava per ogni linea il calcolo automatico di fermate e destinazioni. Lo aveva ribaltato. Capovolto.
L'idea era tanto banale quanto perfida: se la sorte professionale degli autisti - apprendistato, contratto a tempo indeterminato, anzianità, pensionamento - era stata capovolta, allora tutto il loro quotidiano doveva subire il medesimo trattamento.
Le fermate furono ricalcolate al contrario, il capolinea di partenza divenne quello di arrivo e viceversa. I primi pendolari delle 5.30 quel lunedì si diressero alla stazione salendo su un mezzo diretto a Quezzi, Prato, Camaldoli. Erano così presi dalla loro quotidianità da non badarci, come non notarono che la voce femminile annunciava come prossima fermata Corridoni 2 quando il 43 era in prossimità di Buenos Aires 1.
Se ne accorsero quando, la sera, tornare a casa aveva assunto un altro sapore. Sapore di riscatto sociale. Voltri era diventato Nervi e Nervi era diventata Voltri. Le salite di Oregina erano via XX Settembre e il Belvedere si chiamava piazza Corvetto. Il Porto Antico si era tramutato nella Valpolcevera e Pontedecimo aveva il suo mare.
La città era capovolta. Il blocco agli stipendi, la cassa integrazione e i licenziamenti di massa rimanevano. Ma almeno con un sorriso in più.