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La piccola lancia di legno procede lentamente nel Canal Grande; l’aria gelida di marzo ferisce il viso anche a passo d’uomo.
Bepi accosta al pontile, sorride. Non sa spiegarsi l’emozione che gli allaga l’anima come fa l’acqua alta in San Marco, quando guarda quell’edificio candido e poggia i piedi sui gradini d’ingresso.
L’ Americana che ha comprato “el maifinìo”, come lo chiamano qui, è strana ma simpatica.
Molto ricca e molto intelligente. Parla poco italiano, ma capisce tutto.
Bepi è uno dei muratori che ha ristrutturato la casa, lui si è occupato degli infissi. Vetrate affacciate sul Canal Grande, porte scorrevoli a nascondere bagni e guardaroba, e soprattutto porte splendide di legno bianco con inserti di vetro di Murano.
Ieri sera il capomastro gli ha telefonato di andare al palazzo stamattina. Gli ha anche detto che Gillo, il segretario italiano, è malato e si è quindi raccomandato di capire bene cosa vuole l’Americana.
Il cancelletto del giardino è aperto, e lei è lì, che lo aspetta in mezzo a quelle strane statue di ferro.
Arte moderna la chiamano. Sarà.
L’Americana dice ciao e gli prende la mano, trascinandolo in casa. “Gillo” dice, poggiando il palmo sulla fronte e incrociando gli occhi. "Malato".
Poi tocca le porte splendide e dice “via-via. Sì?”.
Bepi è incredulo. Chiede: “Via le porte?”
L’Americana sorride: “via porte, sì!”
Lui aggrotta la fronte, lei lo consola: “porte molto bellissime sì”.
E dunque?
“Porte molto bellissime via, via!” sventola le mani.
Vabbè. La padrona è lei.
Bepi prende i cacciaviti e inizia a scardinare le porte molto bellissime. Una dopo l’altra. Lei lo segue e lo incalza. “Via, via, sì!”.
Ora le porte dormono in cantina. L’Americana coglie il dispiacere sul viso di Bepi.
Gli prende le mani un’altra volta e lo trascina in cucina. Senza porte sembra di stare in un unico, grande corridoio bianco. Lei allunga il braccio, indica la parete in fondo, laggiù.
E Bepi lo vede. Il grande quadro, dove c’è una casa buia, una strada buia, un lampione acceso.
È notte, ma non per il cielo, che è azzurro, luminoso.
Pazzesco.
“Bepi? Porte via! Tu vede? L’Impero della Luce. Magritte”.
“Aveva ragione, miss Guggenheim. Bellissimo. Molto bellissimo”.
* L’edificio descritto nella storia che avete ascoltato è il Palazzo Venier Dei Leoni, una dimora del 1400 acquistata da Peggy Guggenheim nel 1949. Nella città lagunare la ricca ereditiera visse fino alla sua morte, trasformando la propria casa in una galleria d’arte contemporanea.
Bepi toglie le porte scritto da Rossana Girotto
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