Racconto breve: due amiche al parco

Creato il 15 marzo 2016 da Valeria Vite @Valivi92

Dedico questo racconto ad un vecchio amico che ci ha lasciati da poco troppo presto. Anche se le nostre strade si erano divise, non dimenticherò mai i bellissimi ricordi d’infanzia che mi ha lasciato. Riposa in pace, Fe, non ti dimenticherò.

Ringrazio inoltre il mio fidanzato, che mi sprona a scrivere sempre quello che provo.

Vittoria camminava a passettini svelti stringendo la mano della mamma e compiacendosi dell’orlo della gonnellina che strusciava contro le sue gambe. Il vestito estivo non era particolarmente elegante per consentire alla bambina di giocare nel prato con la sua amica e il fratellino ma, ogni volta che lo indossava, Vittoria si sentiva una principessa. Il vestito inoltre era rosso, il suo colore preferito, e aveva degli adorabili fiocchetti in vita. La mamma appoggiava la mano libera sulla schiena del fratellino Lorenzo, che trasportava faticosamente con entrambe le braccine un pallone più grande di lui.

–   Mamma, posso farti una domanda? – chiese timidamente Vittoria

–   Dimmi, Vicky

–   Perché Francesca non può giocare a calcio? –

La mamma sospirò. – Certo che Francesca può giocare a calcio, può fare tutti i giochi che desidera. –

–   Allora perché non la iscrivono a scuola di calcio? – insistette la bambina

–   Perché è una femmina.

–   Allora perché non la iscrivono a una scuola di calcio femminile?

–   Di fatto non c’è nulla di male se a una bambina piacciono i giochi da maschio, però la gente la guarderebbe male. Non sta bene: le sue compagne di classe la prederebbero in giro. Un conto è consentirle di giocare con i suoi amichetti a calcio ogni tanto, ma iscriverla a scuola di calcio sarebbe troppo. Potrebbe giocare in una squadra femminile, certo, ma qui intorno non ce ne sono. Sono pochissime le bambine che giocano a calcio.

–   Ma mamma, a Francesca il calcio piace tantissimo, lei vorrebbe smettere di giocare a basket per iscriversi a scuola di calcio.

–   La sua mamma non vuole, Vicky, e io sono d’accordo con lei – rispose la mamma spazientita

–   Ma come?? Se io ti chiedessi di giocare a calcio tu non mi faresti felice?

La mamma non rispose subito, per qualche secondo si sentirono solamente i loro passi sulla ghiaia del vialetto.

–   Per fortuna tu non sei una bambina come Francesca. A te piacciono le bambole e i vestitini

Vittoria si gonfiò di orgoglio e, felice di poter fare arrabbiare la mamma, disse – Guarda che nella mia squadra di pallacanestro ci sono un sacco di maschi. A me piace giocare con il mio fidanzato.

–   Ma certo, a scuola di basket giocano sia i maschi sia le femmine. E io sono felice di avere una figlia scatenata come te.

La mamma si arrestò di fornte ad una piccola villetta con giardino e i bambini si fermarono obbedienti al suo fianco. – Eccoci, siamo arrivati. Aspettiamo Francesca e la sua mamma qui. Smettiamola con questi discorsi, mi raccomando, non è educato.

La villetta, dall’altro lato della strada rispetto al condominio di Vittoria, era particolarmente graziosa e aveva un piccolo giardino con dei cespugli fioriti. I bambini si avvicinarono al cancello per cercare i scorgere qualcuno dei numerosi gatti appartenenti ai padroni di casa, ma in quel momento erano tutti altrove.

Vittoria e Francesca si conoscevano perché erano vicine di casa e, come tutti i bambini troppo piccoli per gestire le relazioni interpersonali al di fuori della propria classe, erano diventate amiche per volontà delle loro mamme, ma avevano stretto una di quelle amicizie sincere e disinteressate che possono nascere solo durante l’infanzia. Francesca era di un anno e qualche mese più grande, ma Vittoria sembrava una sua coetanea grazie alla statura elevata e ad un’ottima proprietà di linguaggio perciò era perfettamente in grado di tenerle testa. Il piccolo Lorenzo si adeguava ai giochi delle due più grandi con qualche difficoltà dovuta alla differenza di età ed alla gelosia di Vittoria, ma era abituato a seguire ovunque la sorella maggiore e le sue amiche.

Francesca e la madre uscirono dal portone della villetta inseguite da un gattino dalla pelliccia scura e raggiunsero i tre sorridendo. Francesca portava con se un pallone ma, non appena vide che Lorenzo ne aveva portato uno con sé, lo gettò in un angolo del prato. La bambina aveva un caschetto biondo e un sorriso simpatico, indossava una maglietta a tinta unita e un paio di jeans adatti al gioco.

Non appena il gruppo ebbe raggiunto un parchetto non molto lontano, le mamme si sedettero su una panchina all’ombra e i bambini iniziarono a giocare. La prima attività cui si dedicarono fu scalare gli scivoli al contrario, successivamente si arrampicarono sugli alberi. Nonostante Francesca fosse la più grande i giochi erano organizzati da Vittoria, che era assecondata in tutto dall’amica, che era molto paziente e protettiva nei suoi confronti. Non appena le due bimbe trovarono due bastoni di sufficiente grandezza iniziarono a giocare ai guerrieri: Vittoria impersonava una bellissima guerriera di cui seguiva le puntate in televisione, Francesca invece il Power Ranger rosso. Le urla delle combattenti attirarono più volte l’attenzione delle mamme che le richiamarono all’ordine affermando che non gradivano i loro schiamazzi e che non apprezzavano il fatto che Lorenzo fosse escluso dal combattimento delle bambine più grandi. Il bambino tuttavia non sembrava interessato ai loro giochi e sembrava divertirsi tranquillamente da solo giocando con la palla.

Per coinvolgere il fratellino, le bambine iniziarono a giocare a calcio. Vittoria era svantaggiata perché aveva poca dimestichezza con il pallone, ma era una ragazzina molto competitiva e riuscì in qualche maniera a resistere a qualcuna delle azioni di Francesca. La bambina però non accettava di essere sconfitta dal fratellino minore, più esperto di lei nell’arte del pallone, così i bambini iniziarono a litigare e le mamme dovettero intervenire per ripristinare la pace. Il gioco ricominciò e sembrava svolgersi pacificamente, ma purtroppo non durò molto perché le mamme chiesero ai bambini di avvicinarsi.

–   Ma perché dovete sempre fare i maschiacci? – chiese la mamma di Francesca, senza aspettarsi alcuna risposta

–   Vittoria, avvicinati, devo rifarti la coda. Guardati, sei tutta spettinata. – intimò l’altra donna attirando dolcemente a sé la figlia per un braccio.

Effettivamente sugli occhi di Vittoria ricadevano innumerevoli ciocche arruffate e il misero codino pendeva storto. La bambina accettò sbuffando di farsi pettinare, essendo impaziente di tornare a giocare.

–   Che bei capelli, Vittoria! – sospirò la mamma di Francesca e l’amica cinguettò orgogliosa un ringraziamento mentre armeggiava con i lunghi capelli ricci della figlia.

–   Francesca, guarda che bella che è la tua amica. Non vorresti avere dei capelli così?- chiese la madre

Francesca chinò il capo imbronciata e inarcò le spalle, facendosi piccola sulla sedia. La madre tuttavia non aveva alcuna intenzione di smettere.

–   E guarda che bel vestito rosso che indossa! Sembra una bambolina. Stasera ne metti uno anche tu?

Vittoria era confusa. Inizialmente si era sentita onorata per i complimenti ricevuti, ma gli occhi angosciati e offesi dell’amica la rendevano triste. Aveva sempre considerato Francesca una ribelle, una persona che aveva scelto deliberatamente di opporsi al sistema comportandosi come un maschio, eppure in certi momenti aveva l’impressione che la sua amica non avesse scelta e che soffrisse per le critiche che riceveva costantemente dagli adulti.

Vittoria tuttavia era solo una bambina di sei anni e mezzo perciò non voleva sottrarre del tempo prezioso al gioco con simili riflessioni. Non appena la madre ebbe terminato di pettinarla prese la mano dell’amica e la guidò verso le altalene, dove iniziarono a giocare a Ce l’hai. Inizialmente Francesca era malinconica per le critiche ricevute dalla madre, ma presto dimenticò il brutto momento e si dedicò interamente al gioco sino alla fine del pomeriggio.

Il pomeriggio terminò in un baleno, così Francesca e Vittoria si salutarono con la promessa di rivedersi  quella sera stessa per giocare nel giardino della villetta. Attraversando la breve stradina che conduceva a casa, vittoria chiese alla madre:

–   Mamma, stasera devo incontrare Francesca per giocare. Me lo ricordi tu?

–   Si, certo, amore. Ti sei divertita oggi?

–   Sì. – rispose senza esitazioni la bambina.

–   Non ti sembra di aver partecipato a giochi troppo … movimentati?

–   No. E’ stato bello. –

–   Non avete fatto altro che scorrazzare tutto il tempo. Siete peggio di due maschi. Inoltre ti sei comportata malissimo con Lorenzo.

Vittoria non rispose, accettò il rimprovero in silenzio e continuò a camminare.

Era una piacevole serata estiva e le ore trascorsero serenamente: papà tornò a casa dal lavoro, mamma cucinò un ottimo pranzetto, Vittoria si ritirò in camera sua per giocare con le bambole sino a quando calò buio. Improvvisamente dalla finestra aperta si udì un lamento.

–   Perché Vittoria non è venuta a giocare con me? Avevamo un appuntamento! Io voglio giocare con Vittoria.

Le urla di Francesca erano talmente forti da attraversare la strada e giungere alla finestra della sua amica. Vittoria trattenne il respiro per un istante, attanagliata dal senso di colpa, poi corse dalla madre.

–   Mamma, ho un appuntamento con Francesca, dobbiamo giocare insieme.

–   Sarà per un’altra sera, amore.

–   Avevi promesso che mi avresti chiamato. – protestò la bambina con le lacrime agli occhi

–   Eh, mi sono dimenticata.

–   Domani io e Francesca possiamo insieme?

–   Vediamo

Dopo quel pomeriggio Vittoria e Francesca non avrebbero più giocato insieme. I bambini dei primi anni delle elementari non sono in grado di darsi appuntamento per giocare insieme senza l’intervento delle madre così Vittoria e Francesca  non si sarebbero mai più riviste, salvo durante rapidi e sporadici incontri casuali per strada. Vittoria avrebbe colmato il vuoto con altre amicizie o inventando nuovi giochi, ma non avrebbe mai dimenticato la spensieratezza e l’affetto che provava giocando con la sua amica Francesca.


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