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Racconto di Halloween

Da Grace Malvin @GraceMalvin
La canzone del marinaio

In una periferica strada di Oxford una banda di ragazzini stava sgattaiolando furtiva, diretta alla meta di quella notte: una vecchia villetta in fondo alla strada.
Una volta doveva essere stata una casa meravigliosa, con le mura bianche, circondata da un rigoglioso giardinetto all'italiana cosparso di aiuole, un vialetto di ghiaia che si allargava in una piazzola nel mezzo del giardino, dove spiccava una fontanella circolare in granito.Ora era rovinata dai molti anni di abbandono: l’intonaco delle pareti era scrostato e percorso da folta edera, che copriva buona parte della facciata, le imposte cadenti e marce, il giardino incolto era pieno di erbacce ed era divenuto rifugio dei gatti.
Giunti al muro di cinta della casa i ragazzini si accovacciarono a confabulare.
Un ragazzino di dieci anni, minuto e dall'aria da allegro monellaccio, disse: «E ora?»Un tredicenne alto e dall'aria testarda scelse un sasso da terra, si alzò e lo lanciò verso la casa.Il sasso sfondò una vecchia finestra in un fragore di vetri rotti.Il ragazzo tornò giù e disse: «Non c’è nessuno, come sempre».In quel momento un gatto uscì di soppiatto dal cancello diroccato, e i ragazzini lo guardarono dileguarsi nel buio.«Allora, chi vuole entrare?» continuò il ragazzo.I ragazzini si guardarono l’un l’altro.Il ragazzino che aveva parlato per primo, che si chiamava Jim, disse: «Io ieri ho rubato le pagnotte al fornaio, ora tocca a voi».Il tredicenne che aveva lanciato il sasso, che  si chiamava Sean ed era il capo della banda, si appoggiò al muro e osservò: «Da quando è con noi Britney non ha fatto niente».Tutti guardarono una ragazzina bionda di undici anni, che abbassò lo sguardo e mormorò sommessa: «Ma c’è il fantasma».Racconto di HalloweenAllora si alzò un’altra ragazzina, della stessa età di Sean.Si chiamava Charlotte, detta Charlie, ed era la sorella di Britney, ma a parte questo era molto diversa dalla sorella.Charlie aveva penetranti occhi grigi e capelli castano-ramati, era più alta e decisamente meno femminile. Indossava un vestito slavato, calzettoni a righe, scarponi infangati e la vecchia giacca blu.«Ci vado io» disse.Sean le diede la torcia.I compagni si sporsero sopra il muretto mentre Charlie entrava nel giardino.L’edera e l’erba alta avevano invaso anche il vialetto, così che ci mise un po’ per arrivare al portone.Era socchiuso.
Afferrò la maniglia e spinse. Un basso cigolio si levò dai cardini arrugginiti.
“Sembra uno dei racconti del nonno” pensò.Entrò nella villa e accese la torcia, puntando il fascio di luce qua e là, sulle malmesse tavole di legno del pavimento, sulla scala che portava di sopra, sui muri pieni di crepe e macchie di umidità, sui pochi mobili sopravvissuti ai saccheggi e sulle ragnatele che infestavano ogni singolo angolo dell’ingresso.Sul fondo della stanza c’era una porta.Charlie passò dall’altra parte e si ritrovò in un salottino spoglio.Gli unici mobili rimasti erano un grosso pianoforte, un divano stracciato e una larga credenza dai vetri rotti.Si diresse verso di essa e controllò all’interno delle ante. Non era rimasto niente.Andò verso il divano, scostò i cuscini ma non trovò niente neanche lì.Guardò il pianoforte e le tornò in mente sua madre e le melodie che suonava quando lei aveva solo tre anni.
Ora sua madre era morta da dieci anni e Charlie  aveva pochissimi ricordi di lei.
Continuò a perlustrare la casa, passando per la cucina e per lo studio.Stava per tornare nell’ingresso quando sentì una melodia provenire da qualche parte della casa.Tornò sui suoi passi diretta al salottino, ma una volta entrata vide che il pianoforte era chiuso e nessuno l’aveva toccato.La melodia però continuava, e veniva dal piano di sopra.Tornò nell’ingresso e salì la scala, attraversò un corridoio e giunse sulla soglia di una camera da letto.Non svenne, ne urlò, ne scappò via di corsa, ma quando vide il fantasma della donna si limitò a osservarla.Era una presenza eterea e evanescente, come fatta di vetro leggermente opaco. Charlie riusciva distintamente a vedere i ricami floreali della sedia sulla quale la donna era seduta.Accanto a lei, su un tavolo da toeletta, un grosso medaglione ad orologeria diffondeva la melodia che aleggiava nella casa.Il fantasma alzò lo sguardo su di lei e le sorrise. Un sorriso mesto, celato per tanto tempo.Poi cominciò a raccontare.«Io vivevo qua. E lui viveva in mare.Era un marinaio. Non ci siamo mai sposati.Quando lo conobbi ero una giovane senza amici. Lui mi portò su una barca e mi mostrò il mondo. Andammo in Francia, in Germania, in Spagna. Promise di portarmi in America, e mi donò questo medaglione come pegno d’amore.Diedi alla luce una figlia e gioimmo dei suoi sorrisi.Quando rimasi incinta di un secondo bambino, lui decise di lasciare definitivamente il mare e di restare per sempre con me.Venne ucciso due giorni dopo. Non seppi mai il perché. Morii dando alla luce nostro figlio. Un’altra bambina...»Gli occhi della donna fissavano il medaglione con sguardo assente, e il suo corpo sembrava scosso da un’invisibile brezza. La melodia stava rallentando il battito, sfumava nel silenzio di quella notte d’inizio inverno e il meccanismo alla fine fermò le sue note.Lo spettro alzò lo sguardo su Charlie e continuò:«Porta il medaglione al posto dove giace, vorresti?» i suoi occhi sembravano implorare il loro ultimo desiderio «Lascia che la canzone batta al ritmo del nostro amore. Lascia che la sua anima profonda come il mare abbia una conchiglia in cui riposare.»Prese il medaglione, che sembrava sospeso nelle sue mani di nebbia, poi si alzò, avanzò verso la bambina e glielo porse. Charlie alzò le mani e lo prese.Le ultime parole della donna furono: «Il suo nome era Gareth J. Ness. Al Wolvercote Cemetery.»
La donna fece per allontanarsi per il corridoio, ma Charlie le chiese: «Come ti chiami?»
Il fantasma si fermò e disse: «Il mio nome era Clara».
E sparì.
Sean e gli altri della banda, intanto, si stavano preoccupando. Britney era a un passo dallo scoppiare a piangere, Victor, un ragazzo di tredici anni, le dava leggere pacchette sulla spalla con fare fraterno, mentre Jim supplicava Sean di lasciarlo entrare.
Alla fine fu quest’ultimo a imboccare il vialetto e a entrare nella villa.
Nell’ingresso, chiamò il nome di Charlie, ma non ottenne risposta.Poi sentì dei passi dal piano di sopra. Salì le scale, girò l’angolo del corridoio e... SBAM! si scontrò con l’amica.
Le calorose parole di lei furono tutti gli insulti, le parolacce e i detti portuali che la ragazza conosceva, che ebbero l’effetto di tranquillizzare Sean meglio di quanto avrebbe potuto fare una bella tisana.
«Avanti, torniamo giù, ficcanaso che non sei altro» le disse.Una volta tornata per le strade di Oxford, Charlie raccontò ai suoi amici quello che le era successo. Mostrò loro il medaglione-carillon e, dopo l’iniziale scetticismo dei compagni, li convinse a portarlo a Wolvercote Cemetery. Ci andarono subito. Non distava molto, ma si fecero una bella camminata.Arrivati al cimitero, scavalcarono le mura e cercarono, torcia in mano, la tomba di Gareth J. Ness.La trovarono dopo mezz’ora, in fondo al cimitero. Era piuttosto vecchia, di una decina d’anni, e quasi totalmente coperta dalle erbacce. A quanto pareva non aveva molti parenti che venissero a fargli visita. Anzi, probabilmente erano i primi visitatori. i primi dopo Clara.Sean scavò una piccola buca profonda un piede, proprio sopra la tomba.Charlie lasciò cadere il medaglione, e Sean riempì il buco di terra, coprendolo con l’erba alta.Rimasero lì un altro minuto a salutare in silenzio Gareth e la sua amata, e poi se ne tornarono da dove erano venuti.Quella notte, il cuore di Clara fluì nel medaglione, dove trovò quello dell’amato, e furono di nuovo insieme.

Note dell'autrice: La foto di Charlotte "Charlie" McDonald è di Ailera Stone Photography

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