Massimo si alza presto la mattina, tutti i giorni da vent’anni alle 5 è già in piedi, ormai non ha neanche più bisogno della sveglia, si è abituato. Si gira guarda la moglie che dorme e la bacia, un caffè bollente, una sigaretta, la barba e si parte.
Il tragitto è breve, circa 5 chilometri per una stradina di campagna con poche case ai margini a quell’ora deserta. D’estate la percorre in meno di dieci minuti, ricorda a memoria le curve, i dettagli e quella volta che dovette frenare di colpo per non investire una lepre che sbucò dal prato all’improvviso. Adesso che è inverno impiega un paio di minuti in più, deve andare piano a quell’ora il fondo stradale è ghiacciato ci vuole prudenza.
Prima delle sei arriva al paese dove ha l’edicola. La luce del retrobottega del fornaio è l’unico segno di vita, la guarda distrattamente ancora assonnato, si fruga nelle tasche alla ricerca delle chiavi del negozio, apre, disinserisce l’antifurto, accende le luci e richiude la porta dietro di se, a quest’ora non si sa mai chi può esserci in giro meglio usare tutte le cautele.
Apre il cassetto per riporvi un po’ di contante per i resti sperando che non arrivi, come al solito, Antonio, quello che, manco a farlo apposta, ogni mattina arriva e compra il giornale con 50 euro interi. Alle volte deve andare al bar affianco a chiedere se, per favore, hanno loro il cambio perchè dopo un quarto d’ora è già rimasto senza resto. Ci pensa e sbuffa. Sarà un’altra lunga giornata.
Sente in lontananza il rumore di un furgone, è quello delle consegne, inconfondibile, un vecchio ducato del 1982 con il fanalino posteriore destro rotto da anni ed una corda per tenere chiuso il portellone laterale. Massimo si chiede come faccia ancora a funzionare, sembra sempre a punto di crollare a pezzi.
Riapre la porta e tira fuori le casse della resa, sempre più abbondante, si mette i guanti e aspetta di vedere Francesco, il conducente del furgone delle consegne, un romanaccio mezzo matto che grida come un pazzo tutte le mattine. In fondo gli sta simpatico e lo capisce, lui, Francesco, inizia alle 3 ogni giorno per caricare giornali e riviste da consegnare alle “sue” 40 edicole.
Arriva, scende sbattendo la porta, slega la corda ed apre il portellone. Oggi sono 3 casse, il lunedì è sempre così, ci sono i settimanali televisivi e i supplementi dei giornali. Questo è l’unica cosa che Massimo sa, cosa contengano quelle casse gli è ignoto, lui non ordina le pubblicazioni a lui le mandano d’ufficio nella varietà e nella quantità che qualcuno, non si capisce con quale criterio, decide.
Ritira le casse saluta Francesco ed apre il tavolino pieghevole, vi apre sopra la bolla di consegna, un lenzuolo di carta che non finisce più, e inizia a spuntare, a controllare la corrispondenza tra quanto riportato e quello che gli è stato consegnato. Tira fuori giornali e periodici dalle casse, li conta, li posiziona al loro posto e spunta ogni voce. Sbuffa ancora, anche oggi 12 copie di “L’almanacco del sudoku” e solo 5 di “Sorrisi e Canzoni TV”, come al solito. Ti mandano sempre quello che non si vende e poco di quel che si vende, ammesso che ci siano ancora prodotti vendibili. Negli ultimi tre anni le vendite si sono più che dimezzate. Alza il capo chino sulla bolla e sbuffa di nuovo, “ma chi me l’ha fatto fare?” pensa tra se e se.
Oggi è Natale, la gente arriverà più tardi rispetto al solito, non lavorano, loro, può fare le cose con un po’ più di calma rispetto agli altri giorni quando deve interrompersi, frugare nelle casse alla ricerca di l’unica copia di “Armi e Tiro” che Francesco, il figlio del salumiere affianco, pare abbia sempre urgenza di leggere alle 6:30 della mattina.
Sono quasi le sette quando arriva la prima cliente, Antonella, una vedova sui cinquant’anni che più di una volta gli si è messa a piangere all’improvviso mentre scambiavano quattro chiacchiere di cortesia. Massimo prende il giornale e glielo porge, ormai conosce a memoria quello che la maggior parte dei propri clienti, quelli rimasti, vuole.
Pian piano iniziano ad arrivare alla spicciolata gli altri. Anziani, pensionati, svegli da ore che nella visita all’edicola riescono ad occupare un quarto d’ora della loro vuota giornata, poi papà con figli piccoli alla ricerca dell’ultimo mostriciattolo in formato tascabile [a soli 2.50€, eh!] fuggiti da casa per non ritrovarsi coinvolti nei preparativi. “Cara vado a prendere il giornale, porto con me il bambino, non ti preoccupare, così tu puoi fare le tue cose con calma”, e via fino a mezzogiorno al bar a giocare a scopa con un bicchiere, o due, di vino mentre il figlio/la figlia, giustamente, gli saltano sui piedi.
Ecco adesso che è finita la messa ci sarà l’assalto. E’ sempre così. In due minuti gli accalcano davanti al bancone 30 persone indiavolate che pare non siano in gradi di aspettare ordinatamente il loro turno. Si spingono, protendono mani con i soldi e prendono il giornale infilando il braccio in mezzo a chi gli sta davanti. Lui sorride e ringrazia mentre pensa che un giorno gli piacerebbe andare a sentire che dice il parroco per ottenere quest’effetto sulle persone appena escono dalla chiesa di fronte alla sua edicola.
Poi la calma, ancora qualche, raro, cliente che si è ricordato che domani non escono i giornali e vuole avere i programmi televisivi anche per s.Stefano e Pina, un’anziana che tutti i giorni cambia idea almeno cinque volte su quello che vuole.
Massimo con calma inizia a riporre i giornali ed a scrivere le rese sula foglio della bolla. Ha venduto 150 giornali e 40 riviste incassando circa 200 euro per un guadagno, lordo, di una quarantina di euro.
Arrivano le 13:00 si chiude, finalmente, oggi solo mezza giornata di lavoro.
Buon Natale a tutti i giornalai d’Italia, a quelli che ancora continuano ad andare in edicola e, naturalmente, a chi ha avuto la [s]ventura di leggere questa breve storia. AUGURI!