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Sandra se ne andava passeggiando per la città. I suoi passi, dentro a sandali scollati, sembravano un'immersione a testa in giù, dentro a nuvole di vapore bianche, come quelle che si vedono dal finestrino dell'aereo e che vorresti prendere e stringerti al petto.
Il 2 di giugno era la Festa della Repubblica e, stranamente, i tram passavano più di frequente che nei giorni feriali. Il volto della giovane era assonato e perso. C'era qualcosa in lei che non le andava e che non riusciva proprio ad estirpare una volta per tutte. Quei giorni assomigliavano a tanti altri già vissuti. Si sentiva ancora impigliata in quella rete di sensazioni che le mostrava il mondo, molto più complicata di quello che in realtà fosse.
Arrivata al parco, dove c'era lo zoo più grande del mondo, si perse nelle stradine di pietra e terra che si snodavano tutt'intorno. Cercava di seguire quei sentieri che si perdevano sotto le fronde ombrose di grandi alberi. Pioppi, pini, aceri, abeti. Alti, alti fino il cielo, si facevano accarezzare dalla brezza vespertina, lasciando cadere qualche foglia o ago, che Sandra si trovava tra i capelli, sciolti come quelle piante. Sandra camminava e si guardava intorno, un po' timorosa di incontrare qualcuno che non aveva voglia di vedere, quasi sulla punta dei piedi per non fare troppo rumore. Gli animali nelle gabbie erano pronti a mangiare dalle loro vasche ricolme di carne e paglia.
Il giorno di festa aveva portato una miriade di visitatori: turisti, famiglie con bambini, coppiette d'anziani signori e sportivi in bicicletta. Gli animali erano stanchi, pronti ad appisolarsi subito dopo la fine del pasto. Sandra li osservò un po' dalla panchina, vicino alla fontana dei pesci rossi. Si chiedeva come potessero sopravvivere in quello stato. Animali nati per cacciare, o correre in foreste e radure, per nuotare in alte acque e per dormire sotto cieli stellati, chiusi dietro alle sbarre, animali detenuti per l'allegria degli umani nei giorni di festa. I suoi pensieri erano molto grigi, molto dissonanti con il tripudio dei colori e dei sapori di giugno. Il solito contrasto che porta al malessere interiore, all'insoddisfazione per qualcosa che manca, allo spleen baudelariano dei Fleurs du Mal.
Sospeso il suo sguardo nel vuoto, tutt'intorno intriso di tiglio e abete, Sandra vagava con la mente verso pensieri lontani, che invece di farla star meglio, la portavano sempre più vicino allo stato di quegli animali che ora si accasciavano uno vicino all'altro per addormentarsi. Le visite oramai erano terminate, tutti se ne erano andati a cenare nelle loro case, Sandra invece non si muoveva dal suo trono in mezzo alla natura. Un gatto le si avvicinò ai piedi. Lei non se ne accorse subito, lui intanto la osservava senza ancora far sentir il suo miagolio.
Il gatto era nero con qualche macchia bianca sparsa su per il pelo. Gli occhi erano occhi di gatto selvatico, randagio, che ne vede di tutti i colori per le strade della città, ma che si fa i fatti suoi, che tace anche il segreto più losco e sporco. La discrezione del gatto è una virtù che noi tutti dovremmo riservarci d'imparare e di mettere in pratica. Sandra riafferò l'amo del suo sguardo, tirò, tirò, tirò e vide che quella pesca nell'infinito non era valsa granché. Posando la sua canna da pesca a terra, lo vide fermo e silenzioso. La osservava. Sandra non aveva pescato manco un pesce dalla sua immaginazione perciò non aveva niente da dare da mangiare a quell'osservatore attento. Allora si alzò verso di lui. Voleva accarezzarlo per sentire quanto duro fosse il pelo di un gatto che non vive in gabbia. Il felino improvvisamente saltò sulla panchina, quasi attratto dalla ragazza. Fu un attimo intenso. I due si guardarono, dritti, pupilla contro pupilla, oscurità contro chiarezza, animale contro umano, scambiandosi il segreto. Uscì un solo miagolio dalle loro bocche, prima che entrambi ripresero la loro strada verso la ricerca di cibo. (Martedì, 02 Giugno 2009) Se ti è piaciuto, lascia un like sulla mia pagina di Facebook!
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