“Da questa parte prego”. Il giovane medico dagli occhi blu scorta l’ispettore Mastrantonio e i coniugi Rinaldi nell’ala est della casa di riposo. A destra e a sinistra lungo il corridoio, si affacciano porte, interrotte da grandi finestre con tendine chiare. Ovunque corrimano e luci di emergenza. Sulle porte accanto al numero e sopra lo spioncino i nomi degli ospiti. “Per rendere meno anonima la loro stanza” spiega il medico. “Fate piano per favore, molti nel pomeriggio riposano e io non voglio allarmarli più del necessario”. Mastrantonio pensa sia il caso di cominciare a fare il poliziotto: “Dottore, lei conosceva bene gli scomparsi?” “Si , il cavaliere da molto tempo, mentre la signora Diletta l’ho vista solo un paio di volte...e questa è la sua stanza, la 112...prego”.La stanza è piccola, con un balconcino che si affaccia sul giardino, una stanza adatta alla piccola donna dai capelli ricci e neri che l’ispettore ha osservato nella foto che gli è stata data e che ha trasmesso in centrale. Il poliziotto entra da solo, facendo segno agli altri di fermarsi sull’uscio. Una poltrona di fronte alla porta-finestra occupa quasi tutto lo spazio libero tra il lettino e l’armadio bianco. Sul lettino una valigia aperta e dentro abiti piegati e una foto incorniciata. Dal bianco e nero della foto emerge la figura intera di un uomo di circa 30 anni, una sigaretta che pende dalle labbra sorridenti, una camicia bianca e mani nelle tasche dei pantaloni larghissimi. La fotografia è stata scattata in una giornata di sole di molti anni prima, nessuna ombra sul viso sorridente dell’uomo dai tratti eleganti, grandi occhi, capelli cortissimi e un gran naso. Se fosse biondo potrebbe essere il fratello della donna che alle spalle del poliziotto si tortura le mani e vorrebbe piangere. “Quello è mio padre, mia madre non abbandonava mai quella foto, mai...”. La donna bionda si morde l’interno della guancia e nasconde il viso sul petto del marito. Gli occhi verdi di Berto Rinaldi scompaiono dietro le palpebre e il suo volto da Cristo alla colonna non sfugge al giovane medico, che comincia a osservarlo con maggior interesse. Nel suo campo visivo si affaccia il volto curioso e dagli zigomi alti di Suor Maria. “Ah, ispettore questa è la suora che si occupava delle esigenze della signora Diletta, sorella Maria Wanabe....” La suora di colore squadra Mastrantonio “Signore, scusi, è lei il coll del signor poliziotto che é andato via per un’emergenza?”“Come scusi?”“Si, il coll del poliziotto cheè corso via prima”“Io sono un poliziotto, signora, cioè sorella...sono l’ispettore Mastrantonio. Si spieghi meglio, per favore , non capisco““Non so, il poliziotto con la pancia...” e mima una bella rotondità ventrale da donna incinta “ha detto di parlare con il suo coll...”“Forse voleva dire collega sorella” interviene il medico che cerca di non sorridere stringendo le labbra.
“Da questa parte prego”. Il giovane medico dagli occhi blu scorta l’ispettore Mastrantonio e i coniugi Rinaldi nell’ala est della casa di riposo. A destra e a sinistra lungo il corridoio, si affacciano porte, interrotte da grandi finestre con tendine chiare. Ovunque corrimano e luci di emergenza. Sulle porte accanto al numero e sopra lo spioncino i nomi degli ospiti. “Per rendere meno anonima la loro stanza” spiega il medico. “Fate piano per favore, molti nel pomeriggio riposano e io non voglio allarmarli più del necessario”. Mastrantonio pensa sia il caso di cominciare a fare il poliziotto: “Dottore, lei conosceva bene gli scomparsi?” “Si , il cavaliere da molto tempo, mentre la signora Diletta l’ho vista solo un paio di volte...e questa è la sua stanza, la 112...prego”.La stanza è piccola, con un balconcino che si affaccia sul giardino, una stanza adatta alla piccola donna dai capelli ricci e neri che l’ispettore ha osservato nella foto che gli è stata data e che ha trasmesso in centrale. Il poliziotto entra da solo, facendo segno agli altri di fermarsi sull’uscio. Una poltrona di fronte alla porta-finestra occupa quasi tutto lo spazio libero tra il lettino e l’armadio bianco. Sul lettino una valigia aperta e dentro abiti piegati e una foto incorniciata. Dal bianco e nero della foto emerge la figura intera di un uomo di circa 30 anni, una sigaretta che pende dalle labbra sorridenti, una camicia bianca e mani nelle tasche dei pantaloni larghissimi. La fotografia è stata scattata in una giornata di sole di molti anni prima, nessuna ombra sul viso sorridente dell’uomo dai tratti eleganti, grandi occhi, capelli cortissimi e un gran naso. Se fosse biondo potrebbe essere il fratello della donna che alle spalle del poliziotto si tortura le mani e vorrebbe piangere. “Quello è mio padre, mia madre non abbandonava mai quella foto, mai...”. La donna bionda si morde l’interno della guancia e nasconde il viso sul petto del marito. Gli occhi verdi di Berto Rinaldi scompaiono dietro le palpebre e il suo volto da Cristo alla colonna non sfugge al giovane medico, che comincia a osservarlo con maggior interesse. Nel suo campo visivo si affaccia il volto curioso e dagli zigomi alti di Suor Maria. “Ah, ispettore questa è la suora che si occupava delle esigenze della signora Diletta, sorella Maria Wanabe....” La suora di colore squadra Mastrantonio “Signore, scusi, è lei il coll del signor poliziotto che é andato via per un’emergenza?”“Come scusi?”“Si, il coll del poliziotto cheè corso via prima”“Io sono un poliziotto, signora, cioè sorella...sono l’ispettore Mastrantonio. Si spieghi meglio, per favore , non capisco““Non so, il poliziotto con la pancia...” e mima una bella rotondità ventrale da donna incinta “ha detto di parlare con il suo coll...”“Forse voleva dire collega sorella” interviene il medico che cerca di non sorridere stringendo le labbra.
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