Racconto in tre puntate (in attesa di riprendere il libro) - TRE e fine
Da Bartel
“Mastrantonio... Mastrantonio... sveglia! Svegliati, svegliati!!!”La voce arriva nel bel mezzo di una tempesta in mare, con la barca che rolla come impazzita. La necessità di vomitare é bloccata dal pensiero che il vestito buono che indossa si potrebbe rovinare. “Ma che ci faccio in mezzo al mare col vestito buono? Sto sognando...si sto sognando... Oh cazzo, ma io stavo in commissariato! Mi devo svegliare, mi devo svegliare!” La luce della lampada da tavolo gli entra negli occhi e gli brucia ogni pensiero.“Mastrantonio, che facciamo?Dormiamo in servizio, eh!?”Il commissario Bertolaso ha poggiato la sua voluminosa pancia sulla piccola scrivania e si risistema i pantaloni tirandoli dalla cintura “No, no commissario...stavo finendo il rapporto sull’ospizio...” “Casa di riposo per vecchi babbioni vuoi dire...va bé...da quand’è che non dormi tu?” “Quasi quattro giorni. Sto finendo di preparare un esame e ho poco tempo”.“Ercole, se continui cosi ti beccherai una pallottola o un colpo di coltello da qualche fottuto spacciatore e ti perderai pure la ragazza...” “Veramente non ce l’ho la ragazza...” “Ecco, vedi? Con il lavoro che fai a due lire al giorno voglio vederequella strafiga che si mette con te...”. Il commissario si ritira su i pantaloni dalla vita ”...del resto fai bene a studiare, cosi te ne puoi andare via da qui e fare carriera. Bravo, bravo!”. La due pacche sulla spalla non sono molto convincenti, ma alle dieci di sera, in un commissariato quasi deserto, non è facile trovare di meglio. “Finiscimi il rapporto, su, che poi vai a dormire o a studiare, come preferisci, anche se io personalmente ti suggerisco una bella scopata che risolve molti problemi. Ciao!”. Il commissario Bertolaso, che tutti chiamano Big Ben per via della sua pancia esibita e della mania di guardare continuamente l’orologio, si allontana e ripensa alla bella signora Rinaldi, bionda come quella direttrice strabica. Il commissario guarda l’orologio e affretta il passo verso l’uscita. All’ispettore Mastrantonio non resta che tentare di mettere in fila gli avvenimenti del pomeriggio e provare a terminare il suo rapporto. Il cursore sullo schermo del computer lampeggia stanco e ipnotico, poi improvvisamente comincia a viaggiare. “Il ritrovamento della vedova Zaccheo e del signor...no, cavalier Musatti è avvenuto in circostanze fortuite nonostante il vasto dispiegamento di forze messo in campo all’uopo di ricondurre gli scomparsi in seno alla struttura sanitaria presso la quale erano precedentemente allocati. I colleghi della volante 15 hanno ricevuto una richiesta di intervento in zona “Acquario di Genova”...”“Già, i colleghi sono intervenuti per un tentativo di rapina di un albanese clandestino e si sono ritrovati con una vecchietta che li ha aggrediti dicendo che il ragazzo non stava bene di testa,che non voleva fare nessuna rapina. Poi i colleghi si sono accorti che la vecchietta era in pantofole e non aveva documenti.Indecisi se andare in commissariato o in ospedale, li hanno portati tutti in commissariato con la vecchietta che parlava al suo amico Giorgione l’albanese e gli suggeriva di tagliare barba, capelli e unghie per trovare lavoro più facilmente. Alla fine,la vecchietta e il cavaliere sono stati riportati alla casa di riposo. La vecchietta, incazzatissima, ci ha confessato che all’inizio era uscita per una passeggiatachiarificatrice con il cavaliere e che poi aveva pensato di affogarlo al porto vecchio per la sua cupidigia, sì, ha detto proprio cupidigia. Alla fine il povero Giorgione, l’albanese, l’aveva distratta ed aveva finito con il cambiare idea. E giù lacrime, tutti a piangere! E io cosa scrivo nel rapporto: sequestro e tentato omicidio? Meno male che né la direttrice né i parenti del cavaliere hanno sporto denuncia. In fondo il vecchio rincoglionito e la vecchietta erano solo un po' disidratati....Ahh, basta!!! Non ne posso più di ste storie, non ne posso più!”. All’improvviso, ricordandosi del consiglio del commissario, Mastrantoniotira fuori dal cassetto il suo manuale di Procedura Penale e cerca, sul retro della copertina, il numero della sua amica dai capelli rossi, quella ragazza di Giurisprudenza che gli passa sempre gli appunti e che non è bella, ma è simpaticaed è piena di lentiggini e sorride sempre.
“Ciao Beatrice, sei tu? ...Scusa se telefono a quest’ora...no, non è successo nulla, è che mi chiedevo se magari, cosi per dire, ti piacerebbe andare a bere qualcosa...quando? Mmmhhh…pensavo… stasera, adesso...si lo so che domani sei in Facoltà...ah, sei già a letto...cosa leggi?...no, non l’ho letto, no ...e con l’esame martedì non riesco a leggere nemmeno l’ordine di servizio figurati...no, secondo me lo canno sicuramente, siii mi bocciano sicuro, non mi ricordo niente...devi ripassare anche tu?...io con chi ripasso?…con i miei colleghi? ma figurati...certo che mi piacerebbe ripassare con te, quando? ...adesso si certo, tanto non ho sonno, figurati abituato ai turni di notte...si mi ricordo dove abiti...arrivo, certo...porto una pizza, se hai fame...si certo, arrivo...margherita? Ben cotta?Va bene. Ciao...”
Suor Maria Wanabe richiude la porta della camera 112 dopo aver controllato che la signora Diletta si sia addormentata. Il fruscio dei suoi passi si perde nel buio del corridoio e solo allora la signora Diletta si alza dal letto. La vecchietta, presa la foto del marito dal comodino, si va a sedere sulla poltrona davanti al balconcino. Culla in grembo la foto e la bacia. “Hai visto amore che bello spavento che gli ho fatto prendere? Sei contento? Ti voglio tanto bene Aurelio, te ne voglio ancora tanto e mi manchi. Buonanotte amore”.
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