Come può accadere che in una capitale dell’occidente benestante i cittadini debbano attendere giorni per essere ricoverati nel reparto di un ospedale pubblico? Trascorrendo l’estenuante attesa su barelle ammassate nei corridoi del pronto soccorso, in situazioni al di fuori di ogni protocollo, in cui si mette a rischio la salute della persona, violandone per certo privacy e dignità.La situazione descritta è tristemente nota a molti che l’hanno vissuta in prima persona, sul proprio corpo o su quello dei propri cari. Tuttavia questo scandalo quotidiano desta la giusta attenzione dei media solamente quando accadono eventi drammatici. L’ultimo dramma descritto dalla cronaca locale e nazionale è la morte di una signora anziana, caduta dalla barella dopo aver passato 6 giorni nel corridoio del pronto soccorso dell’Ospedale Tor Vergata. Ovviamente si è posto risalto sulla caduta dalla barella e sul mancato controllo dei sanitari. Ma il vero scandalo è l’attesa di 6 giorni per un posto letto, tutt’altro che eccezionale, dovendo aspettare in un dipartimento di emergenza sovraffollato in cui il personale non è in grado di garantire la sicurezza, logistica e sanitaria, di tutti i pazienti. Questa situazione drammatica è purtroppo nota da anni. Nel febbraio del 2012 fu l’attuale sindaco Marino a denunciare la situazione intollerabile all’interno del Policlinico Umberto I. La visita del medico politico seguì alla diffusione della notizia di una paziente in coma (in assenza di margini terapeutici) che attendeva un posto letto da giorni, sottoposta a mezzi di contenzione in una barella del pronto soccorso. Marino allora dichiarò “ognuno di noi potrebbe essere quella donna, non si può andare avanti così. E il nome del reparto dove abbiamo trovato la donna è agghiacciante: “la piazzetta”. Potrebbe accogliere massimo 8 persone e noi ce ne abbiamo trovate 21”.Perché c’è tutta questa difficoltà a ricoverare i pazienti, in particolare anziani? La risposta classica dei reparti è “non abbiamo posto letto”. Ma la risposta è totalmente giustificata dai famosi tagli alla sanità (i posti letto in Italia sono diminuitidai 296.000 circa dell’anno 2000 ai 230.000 del 1° gennaio 2012)o una organizzazione più efficiente potrebbe garantire cure e dignità a tutti i pazienti? 
Se andiamo a valutare i dati notiamo che nella regione Lazio il numero di posti letto/1000 abitanti non è inferiore a quello di regioni del nord dove l’attesa di un posto letto a reparto è nettamente inferiore, in alcuni centri avvicinandosi allo zero.
Si evince quindi che la causa non può essere ricercata solamente nella carenza di posti letto. Infatti nel sistema più diffusamente adottato dagli ospedali romani i medici del pronto soccorso, quando decidono di ricoverare un paziente, devono chiedere la disponibilità del posto letto ai reparti. Questi ultimi sono generalmente liberi di accettare o rifiutare il ricovero, senza nessun vincolo, potendo dichiarare l’assenza di posti letto senza in assenza di controllo, e il paziente se ne rimane nel corridoio del pronto soccorso sulla sua barella. I sistemi di organizzazione più efficienti, che tutelano maggiormente il paziente, sanciscono invece l’obbligo per i reparti ospedalieri di ricevere un certo numero di pazienti al giorno, compatibilmente con il numero di posti letto del reparto e con la degenza media prevista. Questo sistema, adottato anche in numerosi ospedali del Nord Italia, obbliga il reparto a mantenere ritmi di lavoro virtuosi e impedisce allo stesso tempo di “riservare” i posti letto per pazienti seguiti in privato, ricoveri in elezione, parenti o personaggi famosi... Lo stesso presidente della Simeu (Società Italia di Medicina d’Emergenza Urgenza) del Lazio Francesco Rocco Pugliese, in una lettera aperta (http://www.simeu.it/file.php?file=leggi&sez=articoli&art=3246), ha dichiarato che “l’affollamento del pronto soccorso infatti non è solo un problema del pronto soccorso, ma di tutto l’ospedale”, auspicando l’istituzione di una rete che monitori l’attività e razionalizzi adeguatamente le risorse in base alle reali necessità, concludendo come “la Regione Lazio abbia iniziato il percorso giusto basato su dati di attività ufficiali, ma il lavoro non sarà né semplice né facile e molti saranno coloro che proveranno ad interromperlo.”Un evento, speriamo eccezionale, che ha mostrato livelli estremi di malcostume è salito all’attenzione grazie alla denuncia di una studentessa di infermieristica: (http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/14_agosto_12/umberto-arriva-senatore-pazienti-sfrattati-stanza-8885a4e6-2204-11e4-81f2-200d3848d166.shtml) “Una sera, verso le 20 ho notato una certa agitazione da parte del personale. Due pazienti, senza ricevere alcuna spiegazione, sono stati spostati in stanze in cui erano presenti già altri quattro letti, mentre quella in cui si trovavano loro è rimasta vuota.Lo stato di agitazione continuava: apriamo le finestre, spruzziamo un deodorante, il nuovo letto deve essere perfetto. Il nuovo letto. Uno solo. Io non ho molta esperienza, per questo mi è sembrato naturale chiedere lumi.“Domani arriva il senatore. Deve stare in una stanza singola, disposizioni del primario”. Il Policlinico Umberto I si è poi difeso giustificando l’accaduto, sollevando questioni di privacy legati a motivi sanitari, indipendenti dallo status di senatore... La replica lascia sicuramente molti dubbi, e il fatto che sia stata una studentessa a denunciare il fatto da l’idea di quanto sia tollerata la mentalità clientelare.In un sistema sanitario ideale il paziente dovrebbe rimanere all’interno del pronto soccorso il tempo strettamente necessario: il compito è infatti quello di inquadrare la situazione, eseguire le terapie necessarie in urgenza, decidere chi deve essere ricoverato e prescrivere esami da eseguire successivamente per chi può essere dimesso. E’ infatti dimostrato come il sovraffollamento degli ambienti del pronto soccorso sia associato a un aumento della mortalità. Nel Regno Unito questo concetto è talmente radicato al punto che il Dipartimento di Emergenza ha l’obiettivo di decidere il destino del paziente (ricovero/dimissione) entro 4 ore dall’arrivo. Il sindacato degli infermieri Nursind ha denunciato che a Roma il 40% dei pazienti presenti in pronto soccorso sono in attesa di un posto letto a reparto. Questo obbliga il personale sanitario a un carico di lavoro extra, creando un ambiente di lavoro frenetico e caotico, dove il rischio di compiere errori è alto.A Roma l’obiettivo non può certo essere il limite di 4 ore come nel Regno Unito… poiché già 24 ore sarebbe un grande successo. Tuttavia urge una rivoluzione, organizzativa e di mentalità, per non dover più assistere nei nostri ospedali a situazioni al limite della violazione dei diritti umani. Tommaso