Raddrizzate le vie del Signore.

Creato il 03 dicembre 2011 da Ambrogio Ponzi @lucecolore
4 dicembre 2011

2a Domenica di AVVENTO anno B
Vangelo  Mc 1, 1-8Raddrizzate le vie del Signore.  Dal vangelo secondo Marco Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». - Parola del Signore
  • La preghiera non è una formalità, ma la base che sostiene la nostra vita e, in particolare, questo momento che ci aiuta a maturare ed a crescere nel cam­mino di discepoli ad interesse del mondo, un cammino di millenni verso la terra promessa.
  • Stasera avrei intenzione di procedere in questo modo. Dopo una breve premessa, affronterò alcuni punti spiegandoli e facendoli seguire da uno stacco in modo da permettere un mi­nimo di riflessione sugli elementi che emergono per raccogliere il messaggio del Signore.
Una preoccupazione fondamentale è questa: la Scrittura, la Pa­rola di Dio, non è lì per essere ascoltata sul momento e poi di­menticata oppure per essere consi­derata solo come una pia pra­tica per cui preghi e ascolti in modo superficiale. La lettura della Parola, se fatta come conviene, cambia la persona. Infatti il primo punto, su cui ci soffermeremo, è che la Parola di Dio è parola creatrice, parola che mira ad illuminare le co­scienze, a far maturare una consa­pevolezza. Questo avviene non solo per convincimento, ma in grazia di una forza divina che en­tra nella persona, una forza non magica, ma reale. Ascoltiamo, con questa disponibilità di mente e cuore, la Parola di Dio, lasciamo che entri in noi, ci plasmi, perché oggi ci dia la consapevolezza dell’Avvento. Siamo persone tese a desiderare il ritorno del Signore. La fede cri­stiana pro­fessa il ritorno del Signore come punto terminale, ma anche punto iniziale della pienezza. Vivere da cristiani, vuol dire vivere dentro questa tensione: siamo persone che hanno una meta. Questa è una coscienza e una consapevolezza of­ferta a tutti. Se viviamo solo il presente, cercando una risposta effimera, non siamo dentro lo Spirito cristiano che ci viene dato dalla Pa­rola. È questa una premessa importante; tutte le letture bibliche, la messa e quant’altro, mira a far maturare la nostra personalità di fede che va poi a bene­ficio di tutti.
  1. Il Vangelo di stasera, la Parola di Dio, ci offre una serie di elementi che indicano in quale direzione lo Spirito sta lavo­rando, sta spingendo.
Il primo punto è la Parola che illumina le nostre coscienze. Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa…
L’inizio sembra essere lì con il vangelo, poi invece fa riferimento a prima, a Isaia. Qui cogliamo subito una cosa importante: la Pa­rola spiega la Parola. La Parola non è qualcosa di campato in aria, ma è legata ad una premessa. C’era la profezia di Isaia at­traverso la quale Dio preannunciava un evento, facendo una di­chiarazione di salvezza. Isaia ci fa allora capire le parole di Gesù e prima ancora tutta la predicazione del Vangelo. La Parola di Dio dice l’avverarsi della profezia in quel momento. La Parola spiega la Parola: non è un gioco di parole, ma una realtà profonda e vitale: ciò che io vivo non inizia con me, ma io sono il compimento di un’azione precedente e di una sto­ria che mi precede. Questo continuerà an­che dopo di me, sempre con questa se­quenza: promessa e com­pimento. Non possiamo mai dire “è finita, sono stanco, rinuncio, mi arrendo, sono disperato”, perché anche un punto negativo estremo può diventare punto di partenza di un nuovo movi­mento. È un discorso generale che per noi stasera riguarda l’atteso. Noi attendiamo “il promesso”.
  1. La pagina del Vangelo prosegue parlandoci di altri partico­lari che ren­dono più precisa la promessa e il compimento: la predicazione di Giovanni Battista e come questa sia attuale anche per noi oggi; il modo di comportarsi e il rigore di agire di Giovanni e i frutti prodotti dal suo richiamo.
Per noi cosa vuol dire, nella concretezza della vita, diventare uo­mini e donne che vivono nella tensione verso il ritorno del Si­gnore ? La Parola aiuta alla comprensione e alla conversione. La Parola svela i segreti del cuore, fa venire a galla le nostre im­maturità e so­prattutto il nostro peccato, ad iniziare da quello più nascosto e duro. La Parola fa emergere questa consapevolezza: ho bisogno di essere salvato; quell’annuncio mi interessa, perché ho bisogno che qualcuno mi curi, mi cambi. Questo qualcuno è colui che da sempre mi richiama al cambiamento e che quest’anno ritrovo nella lettura del Vangelo, come Parola nuova che mi in­vita alla conversione mostrandomi la mia immaturità e la mia contraddizione. Questo secondo punto riguarda quindi in modo particolare la coscienza della parola e i suoi effetti: aprire gli occhi, sollecitare la conversione, cambiare vita. Tutta la forza di Giovanni Battista è nel dire e nel mostrare l’urgenza della conversione. Noi non possiamo presumere o pretendere di essere persone che tendono all’incontro con Gesù se non ne avvertiamo la necessità, se non siamo convinti di averne bisogno, se ci sentiamo paghi, se ci sentiamo estranei.
  1. Come vestiva Giovanni Battista?
Giovanni Battista parlava nel deserto e vestiva di pelli di cam­mello. Non è detto che dobbiamo imitarlo; non è un qualcosa da ripetere, ma da rivivere perché il suo modo di presentarsi ci ri­chiama alla sobrietà e ci illumina sul modo di muoverci. Non possiamo avere il cuore ingombro di interessi secon­dari, non avere uno slancio, un’apertura, un anelito e pretendere che la nostra persona sia cambiata, sia convertita. Giovanni Battista ci istruisce a doppio titolo: come dire e come fare. Lui dice e nella sua vita, in forza di una chiamata e per gra­zia, opera. Quindi può permettersi di dire 'razza di vipere', di invitare al gesto battesi­male (che vuol dire accettare di appartenere a Dio, schierarsi dalla sua parte), gesto che diventa attuale grazie alla chiamata e risposta di Giovanni e di tutti quelli che lo hanno se­guito e di tutti quelli che lo seguiranno.
  1. Un ulteriore spunto è questo: in questo quadro, Dio non si vede, ma si vede il Battista e la folla.
La legge del cammino della salvezza è di mettere in movimento e responsabi­lizzare le persone, è un’azione che mira a coinvolgere a tutti i livelli, in fami­glia, nella professione, nelle amicizie, nel sociale, in politica, ovunque. Il Signore tende a valorizzare il richiamo attraverso la testimo­nianza e le prese di posizione per arrivare ad un’azione che di­venti storia. Vediamo che in questa Parola c’è un momento iniziale di silen­zio, poi si sente questa voce nel deserto. È un mistero. Nel silenzio c’è un’azione di Dio che prepara l’intervento del Battista, il quale non è un’autodidatta, ma una persona che ha seguìto dei segni, uno dei quali fa partire la sua azione. Dio lavora attraverso lui. La sua parola è eco della parola di Dio. Quindi, riassumendo: il silenzio, la parola, l’opera di Dio e poi gli ef­fetti. La gente, che ha accolto l’invito, accorre per farsi battezzare, perché sente vero il richiamo della parola del Battista. La gente si converte e si pone in movimento. È la Parola che crea e valorizza le persone, che possono così a loro volta diventare me­diazione per­ché il progetto di Dio proceda. È difficile per noi cogliere la verità di questa Parola, ma la nostra storia è legata a questo movimento. La persona fa un’esperienza che le tocca il cuore, la cambia e la mette in movimento, e fa in modo che altre persone vengano coin­volte. Questo richiede amore alla verità, ma soprattutto umiltà nel ri­conoscere che sono servo e non padrone, che sono chiamato ad un servizio. La Parola rompe i silenzi e crea movimento che nel tempo si moltiplica. Purtroppo, a volte, può regredire; bisogna allora verificare la nostra responsabilità.
  • A questo punto è il caso di verificare il nostro modo di ascoltare la Pa­rola, se è un aprirci alla sua azione e alla sua efficacia o se è un ascolto che si risolve in se stesso.
Occorre poi vedere l’aspetto della sobrietà, perché viviamo in una situazione dove il rapporto tra la prospettiva del benessere e la crisi crea difficoltà. La crisi cresce e fa vittime, ma anche l’orizzonte non è ben visibile, c’è difficoltà a guardare oltre al presente e facilmente ci si attacca agli idoli. La mediazione ci interroga su come valorizziamo i segni. Il desiderio di andare incontro al Signore che viene è importante ed è da colti­vare, perché è in gioco il movimento del cuore. Noi non possiamo amare due padroni.
La grazia e l’impegno propri dell’Avvento
Fare di noi, comunità e singoli, delle persone che attendono veramente il Signore. Lo attendono perché lo amano; lo amano perché riconoscono in Lui la risposta traboccante agli aneliti del cuore umano; e, amandolo, lo desiderano come la sorgente della gioia.
L’attesa del Signore porta il cristiano a disciplinare e purificare i propri desideri, perché nulla soffochi il desiderio di Dio.

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