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Creato il 21 settembre 2012 da Fredy73 @FedericaRossi5
Prosegue da Poscia, più che l'amor, poté il sonno...
Il mattino dopo, io e il mio amico B ci svegliamo nel boudoir del nostro mancato incontro ravvicinato. C'è un sole che spacca le pietre e la vista dal balcone del B&B è mozzafiato, direttamente sul mare. Ci prepariamo per andare a visitare Otranto, non senza una sosta al bar per una prima colazione all'insegna del senso di colpa da caloria assolutamente non necessaria: Lui prende un cornetto, io un pasticciotto che, da quel momento, diventa un po' il leitmotiv della nostra gita. Mi riprometto di prepararlo anche a casa, stamaledicendomi per la mia conoscenza delle gastronomie italiane e per la mia abilità nella pasticceria. La giornata si prospetta bella lunga. Carichiamo i bagagli in auto e lasciamo costume e slip - ancora bagnati dall'idromassaggio notturno - ad asciugare nella parte posteriore dell'abitacolo, in zona sedili. Abbiamo intenzione di fare il periplo del tacco d'Italia, fermandoci in alcuni posti strategici, arrivare a Gallipoli e da lì tagliare per l'interno per arrivare, finalmente, a Lecce. L'atmosfera, purtroppo, non è delle migliori. Dal mio ipad leggiamo dell'attentato a Brindisi, meta che abbiamo scartato, la sera prima, perchè si era fatto troppo tardi e, comunque, non ci risultava particolarmente attraente, soprattutto per chi ha pochi giorni di tempo. Lungo la strada, comunque, restiamo ammaliati dal paesaggio. Non solo quello della costa. E' il periodo dell'anno in cui grosse balle di fieno campeggiano a perdita d'occhio nei campi in cui sono ancora vividi e brillanti i colori della primavera. Prima, insomma, che il giallo sfocato e sbiadito dell'estate invada tutta la natura come se volesse mettere tra te e lei una lente offuscante. Ci fermiamo a Porto Badisco, poi alla grotta della Zinzulusa, di lì giù, passando per Santa Cesarea, fino a Leuca. Guardando il mare e col vento che batte incessantemente lungo la costa, ci sembra che il mondo finisca lì. Per un momento ci sentiamo come Ulisse di fronte alle Colonne d'Ercole, con lo sguardo rivolto al di là dell'orizzonte a cercare di scoprire cosa c'è oltre, ma imprigionati da un sentimento di malinconia per l'ultimo lembo di terra conosciuta. Gallipoli ci convince meno delle altre meraviglie viste. Ma intanto è di nuovo ora di mettersi in viaggio alla volta di Lecce. Col mio fidato Ipad cerchiamo un B&B nella città del barocco e lo troviamo in pieno centro. L'interdizione alle auto ci fa perdere un po' di tempo, perché il palazzo si trova proprio in ZTL. Chiamiamo in soccorso il proprietario che ci raggiunge e fa per salire in auto. Solo allora ci ricordiamo delle mutande di B in bella mostra sui sedili posteriori, insieme al mio costume, a varie buste di plastica, contenitori per il cibo e altri tesori che il mio amico scout è solito portare con sé. Con nonchalance faccio finta di far posto al nostro ospite, mentre intanto afferro mutande, costumi e un paio di buste per nasconderle sotto il mio trench (che ha mostrato solo in questa occasione la sua vera utilità, visto che per tutti e tre i giorni ha fatto davvero caldo). Quando, finalmente, arriviamo al B&B il proprietario, che chiamiamo il conte, ci rivela che quel palazzo apparteneva a Isabella Scanderbeg. Come se fosse la cosa più naturale del mondo gli chiedo: "E' una discendente di Giorgio Castriota Scanderbeg?" Mi guarda stupito, evidentemente abituato, come me, a trovare volti di indifferenza ed espressioni di domanda negli interlocutori che sentono questo cognome. Gli dico che anche io sono una sua discendente. Il che è vero, ma cercando di placare l'emozione che lo coglie, mi giustifico minimizzando la cosa. "Lo sono, lo sarei... è solo per parte di madre... ma è una cosa che si perde nella notte dei tempi. Ormai non c'è più neanche una goccia di sangue albanese nelle mie vene".  Niente da fare. Il conte svela la sua identità di studioso della famiglia Sanderbeg e mi riempie di notizie, nozioni, tracce, bassorilievi presenti nel palazzo. Mi confessa di aver avuto un brivido quando gli ho fatto la mia rivelazione. E, intanto, penso a mia madre, a questa parte della mia storia personale che si perde nella notte dei tempi e che non conosco molto bene. Che non conoscerò mai così bene, visto che lei se ne è andata e non potrò chiederglielo mai più. Certo, se non fossi così razionale e cinica da sapere che in Puglia c'era una buona probabilità di rintracciare discendenze varie in qualche modo collegate alla mia, mi sarei lasciata rapire anche io, come il conte, dal fascino misterioso del destino che mi ha portato proprio lì, proprio da lui che sta ricostruendo a fatica l'intera storia della mia famiglia (ma è davvero una famiglia anche un po' mia?). Fatto sta che il conte e la moglie si dimostrano oltremodo disponibili con noi, consigliandoci ottimi ristoranti e permettendoci di lasciare i nostri bagagli in camera ben oltre l'ora del check out per consentirci di visitare Lecce. La città ci rapisce con il suo barocco, la sua pietra bianca, le vie affollate anche di notte, la gentilezza della sua gente, l'arte di arrangiarsi delle persone che non ti vendono accendini o fazzoletti di carta, ma cultura e visite guidate presso le principali chiese. Trascorre anche l'ultima giornata ed è tempo di salutare il conte e tornare a casa. Prima di partire mi fa vedere un bassorilievo del mio avo inciso tra i pannelli della balconata. L'entusiasmo è tutto suo. Io, non so perché, mi sento senza radici. E ora che mia madre non c'è più, anche senza storia e senza passato... Articolo originale di Federica Rossi per Poco sex e niente city. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso dell’autrice.

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