La comune provenienza è un buon argomento di discussione? Non durante un colloquio di lavoro se, come me, siete imbevuti di provincialismo fino alla punta dei capelli. Perché poi è inevitabile sondare le conoscenze, ed è chiaro che se siete entrambi di New York non verrà mai in mente a nessuno dei due di chiedere se l’altro conosce Tizio o Caio. Ma se il manager che vi sta esaminando è nato in quel paesino dove avete trascorso un periodo importante della vostra vita, vicino alla città in cui siete nati e dove vi recavate al sabato perché c’era quel locale che metteva la vostra musica preferita, e poi ci si andava a rimorchiare, e poi c’era anche il gruppo di amici, la congiunzione di eventi mette su on quell’interruttore che la grande in città vi ha messo in stand-by. In meno di un secondo la meeting room in cui chi vi sta selezionando, quello che potrebbe essere il vostro futuro capo, vi ha appena servito sotto gli occhi il suo biglietto da visita con quel cognome che lascia fugato ogni dubbio circa i suoi luoghi natii, quella stanza non ha più pareti e va fuori fuoco per lasciare spazio alla panchina sul lungomare di quasi trent’anni prima. E allora voi che non riuscite a trattenervi, nemmeno di fronte al tizio che ha pure le iniziali ricamate sulla camicia e sembra rinnegare origini che gli vanno strette come le punte delle scarpe che calza con orgoglio, gli buttate lì un “ma tu sei di Xxxxx?” Sì, risponde con disinvoltura, ed è chiaro che avendo il vostro curriculum sotto il naso vi avrebbe potuto mettere subito al corrente del particolare, e se non lo ha fatto un motivo ci sarà, no? Ma vi va di fortuna che il manager in questione è meno rigido di altri, e smorza la tensione con l’inciso sul paesello, su come era allora, perché tra l’altro siete anche coetanei, e come è oggi. Ma la débâcle è dietro l’angolo, quando è lui a stuzzicarvi chiedendovi di fare qualche nome di persona conosciuta. Perché siete ingenui, e senza alcuna valutazione sulle conseguenze fate il nome di Sempronio, con cui avete trascorso nottate inenarrabili. “Ah Sempronio? Ma è mio cugino!” incalza lui, un sorriso che si spalanca qualche minuto, uno sguardo di intesa che poi si spegne subito, contemporaneamente al vostro, e gli occhi, i suoi, tornano sulle vostre esperienze professionali. Perché il caso vuole che Sempronio fosse un noto pusher, ed è chiaro che l’empatia tra voi e il vostro ex potenziale nuovo capo non può basarsi su trascorsi così torbidi. Anche se sarebbe stato peggio scoprire di aver condiviso, contemporaneamente, una storia d’amore importante per entrambi, chissà.
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