Riportare i
turisti sulle rive dello Stretto: questo il pretenzioso slogan alla
luce del quale sono stati recentemente pianificati degli ambiziosi
progetti volti ad incoraggiare l'avvento di un discreto flusso di
visitatori, alla scoperta degli itinerari storici, archeologici,
artistici o enogastronomici della provincia di Reggio Calabria.
Se
l'iniziativa sulla carta è senza dubbio lodevole, de facto le
strategie di divulgazione messe in atto dagli enti pubblici e/o
privati preposti ci sembrano francamente improvvisate, talvolta
sciatte, ma soprattutto poco rispettose di metodicità e sinergie di
cui erano invece padroni i nostri antenati.
Il primo
errore è quello di preferire il fattore logistico alla
plurimillenaria organicità storica che caratterizza il territorio
reggino. Un nutrito gruppo di turisti che si sposta in navetta da
Reggio-città alla volta di Taureana di Palmi o di Seminara deve
necessariamente essere a conoscenza della geografia storica delle
zone che si accinge a visitare. In altri termini, se a Taureana sorge
un parco archeologico, esso non è elencato all'interno della lista
dei luoghi di interesse solo perché dista poche decine di chilometri
da Reggio, ma perché Taureana risulta inserita sul versante
settentrionale della chora reggina sin dalla protostoria,
dalla mitologica venuta di Oreste alla foce dei sette fiumi alla
edificazione del celebre santuario di San Fantino il Cavallaio. Allo
stesso modo, Seminara, sede degli studi di intellettuali e sapienti
del calibro di Barlaam e Leonzio Pilato, rappresenta il posto
incantato in cui l'eredità italo-greca, dando sfogo alle inquiete
ricerche di Petrarca e della sua cerchia di umanisti, inaugurò il
Rinascimento e quindi il pensiero occidentale moderno.
I posteri
hanno ormai dimenticato il concetto di «territorio
cittadino»
che identificava la mentalità dei nostri padri: l'antico viandante
che guadava il Petrace si trovava – giuridicamente, beninteso – a
Reggio. La consuetudine di identificare la città di riferimento con
l'agglomerato urbano centrale è un'invenzione moderna. Fabula
significat che dal
Petrace alla Bovesia si estende uno spazio geografico coerente per
lingua, cultura e tradizioni, che andrà considerato nella totalità
e nella complessità della sua dimensione storica se davvero si
intende valorizzarlo appieno.
Stesso
dicasi per l'asty,
l'antico centro urbano racchiuso dalle mura, oggigiorno equivalente
all'area comunale di Reggio Calabria. Che senso ha condurre i turisti
al Museo Nazionale della Magna Grecia o agli scavi di Piazza Italia,
senza prima illustrare la fisionomia storico-urbanistica della polis?
Converrebbe
dunque che le guide conoscessero l'ubicazione dell'acropoli del
Trabocchetto, della Torre di Giulia o del tempio di Iside, della
Punta Calamizzi o del Ninfeo di Caligola; che essi sapessero
indicare, coinvolgendo emozionalmente l'uditorio, da dove venne
precipitato dai Siracusani l'eroico Fitone o dove si trovava la Menza
Porta,
in modo da fissare indelebilmente nella memoria di chi si reca per la
prima volta sulle rive dello Stretto il divenire storico dei luoghi,
nonché la giustificazione razionale che evidenzia la sopravvivenza
delle tante testimonianze plurimillenarie, materiali e immateriali,
del passato di questa terra.
Esistono
legami di lungo corso fra il reperto e il luogo di rinvenimento, fra
la leggenda e il focolare intorno a cui è stata tramandata, dei
rapporti inscindibili in grado di dominare il tempo, le ere e i
grandi cambiamenti. La causalità,
piuttosto che la casualità,
di tutto ciò che di bello ed interessante oggi resiste a Reggio è
una conquista ideologica da concretizzare, prima ancora di parlare di
tours, itinerari, marketing, target e qualsivoglia strategia, di
carattere politico o economico, che sia sradicata dalla nostra
Storia.
Ovvio
che per descrivere noi stessi sarà previamente opportuno conoscerci,
sapere chi
siamo,
e non solo chi
eravamo.
Solo così, eliminando questa distinzione troppo netta fra passato e
presente, colpevole di relegare la nostra vera identità nel limbo
dei ricordi ancestrali, riusciremo finalmente a tracciare un'immagine
veritiera di noi stessi e della nostra patria, da esportare
orgogliosamente verso tutti coloro che ancora ci conoscono solo in
parte, e mai in termini lusinghieri.
Natale Zappalà
Magazine Attualità
Riportare i
turisti sulle rive dello Stretto: questo il pretenzioso slogan alla
luce del quale sono stati recentemente pianificati degli ambiziosi
progetti volti ad incoraggiare l'avvento di un discreto flusso di
visitatori, alla scoperta degli itinerari storici, archeologici,
artistici o enogastronomici della provincia di Reggio Calabria.
Se
l'iniziativa sulla carta è senza dubbio lodevole, de facto le
strategie di divulgazione messe in atto dagli enti pubblici e/o
privati preposti ci sembrano francamente improvvisate, talvolta
sciatte, ma soprattutto poco rispettose di metodicità e sinergie di
cui erano invece padroni i nostri antenati.
Il primo
errore è quello di preferire il fattore logistico alla
plurimillenaria organicità storica che caratterizza il territorio
reggino. Un nutrito gruppo di turisti che si sposta in navetta da
Reggio-città alla volta di Taureana di Palmi o di Seminara deve
necessariamente essere a conoscenza della geografia storica delle
zone che si accinge a visitare. In altri termini, se a Taureana sorge
un parco archeologico, esso non è elencato all'interno della lista
dei luoghi di interesse solo perché dista poche decine di chilometri
da Reggio, ma perché Taureana risulta inserita sul versante
settentrionale della chora reggina sin dalla protostoria,
dalla mitologica venuta di Oreste alla foce dei sette fiumi alla
edificazione del celebre santuario di San Fantino il Cavallaio. Allo
stesso modo, Seminara, sede degli studi di intellettuali e sapienti
del calibro di Barlaam e Leonzio Pilato, rappresenta il posto
incantato in cui l'eredità italo-greca, dando sfogo alle inquiete
ricerche di Petrarca e della sua cerchia di umanisti, inaugurò il
Rinascimento e quindi il pensiero occidentale moderno.
I posteri
hanno ormai dimenticato il concetto di «territorio
cittadino»
che identificava la mentalità dei nostri padri: l'antico viandante
che guadava il Petrace si trovava – giuridicamente, beninteso – a
Reggio. La consuetudine di identificare la città di riferimento con
l'agglomerato urbano centrale è un'invenzione moderna. Fabula
significat che dal
Petrace alla Bovesia si estende uno spazio geografico coerente per
lingua, cultura e tradizioni, che andrà considerato nella totalità
e nella complessità della sua dimensione storica se davvero si
intende valorizzarlo appieno.
Stesso
dicasi per l'asty,
l'antico centro urbano racchiuso dalle mura, oggigiorno equivalente
all'area comunale di Reggio Calabria. Che senso ha condurre i turisti
al Museo Nazionale della Magna Grecia o agli scavi di Piazza Italia,
senza prima illustrare la fisionomia storico-urbanistica della polis?
Converrebbe
dunque che le guide conoscessero l'ubicazione dell'acropoli del
Trabocchetto, della Torre di Giulia o del tempio di Iside, della
Punta Calamizzi o del Ninfeo di Caligola; che essi sapessero
indicare, coinvolgendo emozionalmente l'uditorio, da dove venne
precipitato dai Siracusani l'eroico Fitone o dove si trovava la Menza
Porta,
in modo da fissare indelebilmente nella memoria di chi si reca per la
prima volta sulle rive dello Stretto il divenire storico dei luoghi,
nonché la giustificazione razionale che evidenzia la sopravvivenza
delle tante testimonianze plurimillenarie, materiali e immateriali,
del passato di questa terra.
Esistono
legami di lungo corso fra il reperto e il luogo di rinvenimento, fra
la leggenda e il focolare intorno a cui è stata tramandata, dei
rapporti inscindibili in grado di dominare il tempo, le ere e i
grandi cambiamenti. La causalità,
piuttosto che la casualità,
di tutto ciò che di bello ed interessante oggi resiste a Reggio è
una conquista ideologica da concretizzare, prima ancora di parlare di
tours, itinerari, marketing, target e qualsivoglia strategia, di
carattere politico o economico, che sia sradicata dalla nostra
Storia.
Ovvio
che per descrivere noi stessi sarà previamente opportuno conoscerci,
sapere chi
siamo,
e non solo chi
eravamo.
Solo così, eliminando questa distinzione troppo netta fra passato e
presente, colpevole di relegare la nostra vera identità nel limbo
dei ricordi ancestrali, riusciremo finalmente a tracciare un'immagine
veritiera di noi stessi e della nostra patria, da esportare
orgogliosamente verso tutti coloro che ancora ci conoscono solo in
parte, e mai in termini lusinghieri.
Natale Zappalà
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